Io, Don Chisciotte

Non è soltanto una straordinaria “favola” e non è per nulla “di altri tempi”. Il Don Chisciotte, si può raccontare sempre. È quello che fa Pietro Citati nel suo recente Il Don Chisciotte: un tornare a scavare dove non si è mai finito di trovare. Forse perché nel Don Chisciotte “tutto è, al tempo stesso, assolutamente falso e assolutamente vero”.

L’UOMO DELLE NOVITÀ ASSOLUTE

Don Chisciotte è il personaggio che, nel mondo della indefinita ripetizione, inventa le novità assolute e vede castelli dove ci sono locande ed eserciti dove ci sono greggi. Tutto nasce dalle sue letture dei romanzi cavallereschi. La lettura va in profondità, “supera la vista”, dicono gli arabi. Forse perché è l’uomo delle letture, don Chisciotte è anche l’uomo dei nomi: ne assume molti e a più riprese, in una specie di “rinascita religiosa”.

DULCINEA, “DIO NEGATIVO”

Grandiosa la storia dell’amore “ideale” per Dulcinea del Toboso, “personaggio assente, una specie di dio negativo”. E viene in mente, nel leggere Citati, l’intuizione di Miguel de Unamuno che commenta lo scontro di don Chisciotte con i mercanti di Toledo. Questi esalta Dulcinea. Quelli lo deridono. Allora Don Chisciotte si lancia con il Ronzinante contro i mercanti. Cade ma si rialza dicendo orgogliosamente: “Io so chi sono”. Secondo De Unamuno, questa è una bella immagine del cristiano: irriso dal mondo, pieno di una fede incrollabile. Straordinaria poi la figura di Sancio, l’uomo del cibo e, insieme, dei proverbi. Diverso dal suo signore e simile a lui. Il quale corregge continuamente il linguaggio del suo scudiero, come se la missione di cavaliere consistesse in una “missione di rettitudine linguistica”.

Davvero, siamo – dobbiamo essere – dei don Chisciotte, gente della lettura: si deve proprio leggere (Citati) per leggere (Cervantes) che legge, instancabilmente, le avventure dei cavalieri erranti. E poi si torna a Cervantes e così di seguito, indefinitamente.

Pietro Citati, Il Don Chisciotte, Rizzoli, Milano 2013, pagine 150, euro 17.