Malawi, Bergamo

I diari di David Livingstone, nato a Blantyre in Scozia nel 1812, il primo missionario-esploratore a raggiungere le sponde del lago Nyasaland, raccontano di un paese in preda a lotte interne tra le tribù guerriere degli Angoni, il clan musulmano degli Ayao e il gruppo Bantu degli Achewa venuti dal Congo. La causa principale di tanta distruzione era la tratta degli schiavi.

Seguendo le mappe di David Livingstone le Chiese Anglicane e Presbiteriane avevano portato una presenza pacificatrice e sviluppato un commercio che esportava tè e tabacco per aprirlo allo sviluppo interno.

I primi missionari cattolici, i padri Monfortani, vi erano giunti il 24 Giugno 1901. In poco più di cento anni dalle missioni aperte in ogni angolo del sud del paese, assieme a scuole, lebbrosari e maternità, è possibile rileggere la parabola della missione che inizia con la semina, l’attesa della crescita e infine il raccolto.

Una parabola che sembra copiare la stagione della semina, delle piogge e della mietitura. Una storia che non finisce mai: il seme raccolto deve essere seminato ancora per continuare a vivere. La missione ricomincia sempre daccapo

Il mese di Luglio 2013 ha portato alla missione del Malawi, in Africa, giornate indimenticabili. Per un’intera settimana la Diocesi di Mangochi ha rivissuto, passo a passo, la sua storia dell’evangelizzazione raccontata assieme alla Diocesi di Bergamo, da dove tanti missionari erano partiti il paese africano che ora si chiama Malawi.

Il vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, accompagnato dal direttore del Centro Missionario don Gianbattista Boffi e dal segretario don Gianpietro sono arrivati quasi in punta di piedi alla missione di San Luigi da Montfort a Balaka in Malawi. Ad accoglierli insieme ai missionari c’erano i ragazzi del Cecilia Youth Center. Come in tutti gli angoli del mondo sono spesso i giovani ad essere attenti e curiosi per quanto avviene oltre il recinto del proprio villaggio. A loro il vescovo Francesco ha raccontato la parabola degli occhi: «Guardate in basso per scoprire il vostro cuore e le sue grandi attese, a destra e a sinistra per riconoscere chi cammina con noi e infine guardate in alto dove, oltre le nuvole, assieme agli antenati della missione, ai tanti nostri genitori, possiamo incontrare Dio». Una lezione che soprattutto i tanti che sono orfani, ancora ripetono come un gioco, a distanza di mesi.

L’AFRICA CHE IL VESCOVO FRANCESCO HA INCONTRATO

In Africa cresce una classe media preparata che ha la possibilità di collegarsi con il mondo, tramite i moderni mezzi di comunicazione. Una classe di popolazione con attese ben più grandi di quelle che i loro padri non conoscevano nemmeno al tempo del colonialismo e i primi anni dell’indipendenza. Un’Africa che si aspetta non solo una crescita economica, ma soprattutto una ridistribuzione più equa dei vantaggi acquisiti tra tutti gli abitanti dei singoli paesi. In tanti Stati africani si assiste meravigliati alla costruzione di strade e palazzi, mentre, sfortunatamente, la gente non è parte di questo sviluppo. Un continente che aspetta di essere trattato alla pari senza dover assistere a concordati e leggi che i paesi ricchi si possono permettere di scavalcare. L’Africa è il continente più ricco di materie prime che vengono regolarmente saccheggiate.

La Chiesa che il vescovo Francesco ha incontrato in Africa è la comunità cristiana con la più alta crescita numerica al mondo. Si moltiplicano le diocesi, crescono le parrocchie fino a raggiungere i villaggi più lontani, ma soprattutto sono le piccole comunità cristiane a dare il senso dell’incarnazione del Vangelo in Africa. Una Chiesa frutto della presenza missionaria venuta da lontano e fin dall’inizio affidata all’opera di catechisti e insegnanti locali. È una Chiesa di laici e in particolare una Chiesa che conta una stragrande maggioranza di donne, che sono poi le formatrici delle nuove generazioni. È una Chiesa di giovani che vanno aiutati a crescere nella fede ma anche capaci di proporla ai propri compagni con la gioia dei loro canti e la freschezza della danza. La Chiesa del Malawi si prepara al grande evento del Luglio 2014 quando dodici paesi dell’Africa dell’Est si raduneranno alla capitale Lilongwe per l’incontro delle conferenze episcopali dell’AMECEA.

Da questi incontri che si succedono ogni tre anni sono venute le grandi risoluzioni che hanno fatto crescere la comunità cristiana fino ad essere la coscienza critica e morale di questi paesi.

L’ACCOGLIENZA

Il primo incontro con la comunità cristiana a Balaka è iniziato con l’accoglienza festosa da parte del vescovo della Diocesi di Mangochi, Monsignor Alessandro Pagani, a nome delle sedici missioni che hanno un parroco del clero locale e tre guidate dai missionari Monfortani. Grande è stata la festa che ha visto l’incontro con tutte le sorelle delle comunità religiose delle Suore Sacramentine di Bergamo, delle Suore delle Poverelle e delle Madri Canossiane.

Queste presenze missionarie sono il risultato dei trent’anni di guida della diocesi di Mangochi del vescovo Alessandro Assolari che era stato il primo vescovo e aveva chiesto un aiuto missionario a queste comunità religiose che si erano lasciate coinvolgere nell’evangelizzazione di una grande area che contava un’altissima presenza musulmana ed era caratterizzata da una povertà estrema. Al vescovo Assolari era poi succeduto il vescovo Luciano Nervi e poi Monsignor Alessandro Pagani che attende la nomina del suo successore.

Accolto da tutta la comunità cristiana di Balaka con il parroco p. Luigi Fratus e p. Domenico Pedullà suo coadiutore e superiore dei Monfortani del Malawi, il vescovo Francesco ha celebrato una messa molto africana con canti e danze, discorsi e preghiere. Era l’incontro tra chi aveva mandato i missionari a predicare il vangelo e chi aveva ricevuto e fatto crescere quel primo seme. Oltre il tempo e lo spazio era l’esperienza di riconoscersi parte della stessa storia e della stessa missione. Più volte il vescovo Francesco avrebbe poi ripetuto che la Chiesa non può che essere missionaria e anche oggi è chiamata a vivere con entusiasmo la sfida di evangelizzare le culture e le società, le nazioni e il mondo. La sua presenza ha permesso di rivivere un passato scritto sul volto dei catecumeni che a giorni sarebbero stati battezzati, giovani seminaristi e ragazze pronte a rispondere alla vocazione religiosa, famiglie che benedivano il loro matrimonio. È stato bello incontrarsi, riconoscendosi come Chiese sorelle che si raccontavano l’esperienza di una fede comune. Nelle grandi cattedrali da dove erano partiti i missionari o all’ombra dei baobab della savana era la stessa vita e la stessa missione.

In dono alle varie comunità cristiane, il vescovo Francesco portava un segno importante: una reliquia di Papa Giovanni XXIII, il Papa del Concilio Vaticano II e della Pacem in Terris, il Papa che era cresciuto a Bergamo da dove erano partiti i missionari, il Papa che la Chiesa riconosce santo. Il catechista che ha ricevuto questo dono ha risposto a nome della comunità: «Ora tocca a noi africani mostrare con la nostra vita che diamo senso al vangelo che abbiamo ricevuto. Questa è la nostra missione».

I SEGNI DELLO SPIRITO

Nella visita alla Diocesi di Mangosci il vescovo Francesco ha potuto vedere oggi i tanti frutti della missione. Come all’inizio della Chiesa quando i primi apostoli avevano risposto al comando di Gesù di andare fino ai confini della terra, così è stata la storia della Chiesa del Malawi. I primi missionari cattolici, i padri Monfortani, vi erano giunti il 24 Giugno del 1901 risalendo dall’oceano Indiano il fiume Shire fino a giungere al grande lago Malawi. Seguivano le mappe tracciate da Livingstone e dai primi missionari Anglicani. Il cristianesimo in Africa ha un carattere molto ecumenico e riconosce e riconcilia le varie Chiese cristiane. Una lezione importante per la Chiesa d’origine.

Sono passati più di cento anni e oggi i religiosi missionari venuti da Bergamo e presenti in Malawi sono rimasti pochi. A loro si sono sostituiti giovani religiosi africani, preti e suore, che qui hanno le case di formazione e i noviziati e proprio a Balaka l’Inter Congregational Institute dove si studia filosofia. Gli istituti missionari hanno donato, oltre ai tanti anni di evangelizzazione, il loro stesso carisma. Questa transizione è un vero dono dello Spirito e la visita del vescovo Francesco a tutte le comunità religiose è stata di grande aiuto nel riconoscere “le radici” e le origini dello stesso spirito missionario.

Sono state giornate a percorrere le strade del Malawi per ascoltare i racconti gli anni difficili della missione, il periodo della dittatura e della transizione democratica, e gli anni del Concilio e dei tanti cambiamenti. Ci sono ancora gli anziani che ricordano la messa e le preghiere in latino, c’è ancora chi ricorda i primi missionari che passavano di villaggio in villaggio camminando a piedi per mesi interi.

Dono dello Spirito è oggi la presenza dei volontari. Se sono pochi i missionari venuti da lontano, è andata crescendo in modo esponenziale la presenza dei laici volontari. Sono giovani ma anche pensionati, sono lavoratori, insegnanti, medici… Vengono per poche settimane o per anni, sono legati a organizzazioni non governative o gruppi missionari, individualmente o sostenuti dalla comunità di appartenenza, propongono nuovi progetti o accompagnano la missione nelle tante attività. Rappresentano una realtà nuova di collaborazione alla missione che permette di dare risposte alla grande povertà del Malawi con percorsi formativi nei campi più svariati, dalle costruzioni, all’assistenza sanitaria e all’educazione.

MOMENTI DI VITA NELLA MISSIONE DI BALAKA

Le giornate africane del vescovo Francesco lo hanno portato nelle tante missioni dove sono presenti missionari con anche attività legate alle diocesi di Bergamo.

A Namwera dove le Suore Sacramentine preparano la presenza delle donne nella società con un’educazione scolastica di alto livello e dove Rita Milesi si prende cura di neonati che sono già orfani.

A Kankao e Mikoke dove le Suore delle Poverelle sono l’unica speranza per gli ammalati di malaria e I sieropositivi. Alla Cooperativa di Andiamo Trust dove il lavoro, l’educazione scolastica e tecnica, la musica come promozione della cultura portata nel mondo e in Italia dove l’Alleluya Band è ormai di casa…

Sono stati tanti momenti per scoprire la missione come annuncio capace di coinvolgere tutte le persone e tutta la persona, le sue attese e le sue potenzialità

UNA MACCHINA DA STAMPA PER LA MISSIONE

Questo incontro tra diocesi e Chiese ormai diventate sorelle perché entrambe cresciute e diventate adulte hanno così vissuto assieme un grande momento dell’anno della Fede che sta per concludersi. Per sostenere questo cammino il vescovo Francesco aveva scelto di fare un grande dono alla Chiesa di Mangochi e del Malawi.

La visita voleva essere condivisione e sostegno alla Montfort Media, la casa editrice dei Missionari Monfortani in Malawi. Il Centro Missionario di Bergamo ha mandato alla stamperia di Balaka una macchina che stampa a cinque colori. La festa dell’inaugurazione ha radunato le autorità dell’amministrazione della cittadina di Balaka, tutti i sessanta operai, i rappresentanti delle varie Chiese cristiane e musulmane e gli stessi capi villaggio della zona.

Voleva essere un aiuto pratico, ma soprattutto un segnale importante di attenzione e vicinanza, come anche un impegno a continuare la missione con i nuovi mezzi di comunicazione sociale che caratterizzano la Diocesi di Mangochi dove è presente Radio Maria che raggiunge tutto il Malawi trasmettendo ventiquattro ore al giorno, la Televisione Luntha, la Sapienza, e la Montfort Media che con dieci piccole rivendite di libri, giornali e riviste vuole raggiungere anche il villaggio più remoto. In uno dei paesi più poveri al mondo e ad alto tasso di analfabetismo, questa iniziativa è essenziale per creare una cultura aperta alla lettura e al dialogo. Tutti i documenti e le lettere pastorali della Conferenza Episcopale si avvalgono della stamperia della Montfort Media. In particolare dal 1992, quando i vescovi avevano pubblicato la lettera che chiedeva il cambio politico e doveva poi contribuire a rimuovere la dittatura che durava da trent’anni. Le ripercussioni erano state difficili e la stessa stamperia era stata incendiata dagli squadristi del governo. Quel momento aveva cambiato il paese, e aveva anche sottolineato l‘urgenza di una presenza cattolica più attiva nel campo delle comunicazioni. La Montfort Media aveva accettato questa sfida e da allora pubblica senza interruzione una rivista per i giovani chiamata “Together”, una di riflessione sulla presenza cristiana nel campo sociale dal nome “The Lamp” e più recentemente lo “Mkwaso”, un giornale in lingua locale, unico nel suo genere in Malawi, così come una piccola rivista per le carceri “New Hope – Prison Newsletter”.

«La diocesi di Bergamo ha tra le sue priorità proprio la stampa, la televisione e tutti I mezzi di comunicazione. È un impegno molto difficile e richiede coraggio perché ti porta a un dialogo continuo con la società»,  ha ripetuto il vescovo Francesco sia ai giornalisti che a tutto il personale impegnato alla stampa. «Con questo dono ricomincia la missione che non finirà mai!»

p. Piergiorgio Gamba
missionario monfortano, Malawi