Addio

È il giorno del congedo: don Sergio Colombo viene salutato dai suoi amici di Redona, dai molti amici che formavano la sua parrocchia personale che andava molto al di là dei confini del quartiere.

UN UOMO DI RELAZIONI

I giorni che hanno preparato il funerale hanno visto in scena alcune parole e alcuni gesti che hanno costruito una catena simbolica che ci ha detto chi era don Sergio e che cosa ha significato per tanta gente di Bergamo e non solo.

Una folla ha fatto visita alla chiesa di Redona dove era esposta la salma. Molti hanno pregato. È l’elemento più semplice ma anche il più significativo. Don Sergio, davvero, è morto come è vissuto, uomo ricchissimo di relazioni, che ha “dato carne” alla sua fede e al suo servizio di prete con un parlare a tutti e un ascoltare tutti, un incontrare tutti e un lasciarsi incontrare da tutti. La morte, ancora una volta, è diventata la verità della vita.

Nell’affollarsi attorno alla sua salma si sono intrecciati, come era logico che fosse, i ricordi di quello che è stato e la speranza di quella che sarà. Ma sono state due evocazioni molto diverse fra di loro, ovviamente. Molti si sono detti fortunati di aver incontrato un prete con quella ricchezza umana e di aver attinto a grandi sorsate a una fontana così ricca. Tutti, anche i tifosi dell’Atalanta che l’hanno salutato a modo loro, con un cubitale “Don Sergio nel cuore”, sul muro di fronte alla casa parrocchiale. Anche di calcio si intendeva, infatti don Sergio: era anzi competentissimo. Da giovane giocava mirabilmente bene a calcio e l’Atalanta era il suo angolino di gioia, quando vinceva, e di sofferenza, quando perdeva. Un’umanità così, a tutto campo, non può che affascinare. Ed ha affascinato, infatti. E non può che far immagonire il fatto che di quella umanità così ricca non ci rimanga che un forte, intensissimo ricordo.

I PROFUMI DELL’AMATO

Ma alcuni hanno cercato di guardare avanti e hanno osato parlare di speranza. Un gruppo di preti, tenaci amici suoi, hanno avuto una genialata.

La genialata è questa. Hanno scelto come frase esemplare per il loro saluto a don Sergio, pubblicato su L’Eco di Bergamo, una frase di santa Teresa di Lisieux. Don Sergio ha lungamente studiato i testi di questa grande santa morta a ventiquattro anni, nel 1897. Aveva tenuto diversi corsi su Teresa di Lisieux e sosteneva che i suoi scritti dovevano essere posti accanto a quelli dei Padri della Chiesa. La frase dice: “Mi fece capire questa parola del Cantico: ‘Attirami, corriamo all’odore dei tuoi profumi’. Quando un’anima s’è lasciata catturare dall’odore inebriante dei tuoi profumi, non può più correre da sola: tutte le anime che ama sono spinte nella sua scia, attratte verso di Te. Sento che quanto più il fuoco dell’Amore brucerà il mio cuore, tanto più dirò: Attirami, e anche le anime che mi verranno vicine correranno più veloci all’odore dei profumi del loro Diletto”.

Davvero non si poteva dire nulla di più centrato su don Sergio. La molta gente che lo ha ricordato ha intuito che non si poteva salvare il ricordo doloroso dell’amico prete se non affidandolo al “Diletto”. Davvero questi giorni sono stati giorni di “addio”: parola che, come noto, è la contrazione della frase “ti raccomando a Dio”.

Dio è l’ultimo, definitivo garante dei nostri legami, quelli con don Sergio e quelli con tutti gli altri.

APPUNTO DOPO IL FUNERALE

Quello che si è visto e, soprattutto, vissuto a Redona fa capire che termini come “popolo” e “Chiesa” non sono soltanto termini e non sono soltanto retorici.