Viloco, Bolivia

Viloco è un villaggio sperduto tra le montagne della Bolivia, a quasi cinquemila metri d’altezza: un villaggio dove non c’è nulla se non una miniera di stagno. Le case hanno tetti di lamiera, l’acqua calda non c’è. Don Antonio Caglioni, originario di Sovere, è stato lì in missione per diciotto anni (dal 1976 al 1994), poi è tornato qui per altri sedici al lavoro come parroco alla Tribulina di Scanzo. Ma ad un certo punto il richiamo della missione è riaffiorato, e così da quattro anni è di nuovo al lavoro in questo “deserto” dove, spiega, «non c’è proprio nulla, anche la strada finisce» e così si impara «che cos’è davvero essenziale».

IL DONO DEL SILENZIO

Le notti sono piene di stelle, che brillano molto di più sulla cordigliera andina. L’aria è rarefatta, a volte si fa quasi fatica a respirare, ogni movimento, ogni sforzo costa un sacco di energia. Le giornate sono vuote, silenziose: «La gente vive del proprio lavoro e di quello che l’ambiente offre, se può apre piccoli negozietti». C’è un solo telefono pubblico, nel salone della parrucchiera. «Nella comunità – racconta don Antonio – ci sono seicento famiglie unite a Bergamo da una sorta di gemellaggio, con l’adozione a distanza dei bambini. Un aiuto preziosissimo, che sostiene e contribuisce a mantenere uniti i parrocchiani in condizioni davvero difficili».

LA PREGHIERA DEL RESPIRO

In un posto che non offre nulla, nessuna distrazione, anche le attività della parrocchia puntano all’essenziale: «È un luogo che invita naturalmente al silenzio, alla meditazione. Così la preghiera parte da questo, dal respiro, dal battito del cuore, dal corpo». In questo luogo isolato, davvero alla fine del mondo, i bambini giocano facendo correre come barchette i tappi di plastica delle bottiglie nell’acqua sporca che scorre ai margini delle strade, e a sette anni invece di giocare con le bambole le bambine spesso devono accudire come piccole mamme i fratellini più piccoli portandoli in giro per il paese in carriola perché i passeggini non li hanno. La vita è dura a Villoco: anche i più piccoli vengono reclutati per lavorare in miniera. Le misure di sicurezza sono affidate al buon senso, con controlli scarsi: «Gli incidenti mortali non sono rari» sottolinea don Antonio. Il ruolo della Chiesa, in passato centrale, è stato ridimensionato dall’azione del presidente Morales. La coltivazione della coca è consentita per gli usi «tradizionali»: «I minatori ne masticano le foglie e questo li aiuta a sopportare la fatica del lavoro. E la gente la consuma in infusione perché aiuta a sopportare i disagi dell’altitudine. «Impoverisce il terreno – osserva don Caglioni – ma è una coltivazione molto redditizia, quindi molto estesa. Non è un bene però per la gente».

FEDE CONCRETA

È forte l’influenza delle antiche culture e delle tradizioni popolari, la Messa della domenica non è un richiamo così potente: «Cerchiamo – sottolinea padre Caglioni – di vivere il Vangelo tutti i giorni, anche nelle piccole cose, così la fede diventa concreta, vicina». Tra i momenti più sentiti, quelli della preparazione ai sacramenti: «Rappresentano anche dei riti di passaggio, importanti anche a livello civile e non soltanto religioso, anche chi non è davvero credente non vuole rinunciarci».