Battiato e la fine

Franco Battiato è un personaggio controcorrente, un artista a tutto tondo, un ricercatore. Battiato ha 67 anni e la sua attività principale è da sempre quella di cantautore («sono tutt’altro che un musicista di élite, anche se molti mi ci considerano», dice lui) ma negli ultimi tempi sempre più spesso si è cimentato come regista: «Il cinema – dice – non l’ha inventato l’uomo ma la mente umana: quando la notte dormiamo, le immagini che si dissolvono sono puro cinema». Nel suo ultimo progetto, in corso in Sicilia, si cimenta con un viaggio spirituale. Si intitola «Attraversando il Bardo», ed è un documentario dedicato al tema della morte nelle diverse tradizioni spirituali d’Oriente e d’Occidente. Affronta questo argomento difficilissimo con un linguaggio adatto a lui, che rispecchia il suo stile: alterna gravità e leggerezza e prende le mosse dalla fine per indagare il senso più profondo della vita e della ricerca esistenziale.

Il titolo rimanda al Bardo Todol, il testo più noto della letteratura tibetana che ritorna a ispirare la poetica del carismatico musicista siciliano. Il Bardo Todol è «Il libro tibetano dei morti», testo classico del buddismo che viene recitato accanto al corpo del morto o del morente per aiutare lo spirito a «passare oltre». Bardo, in tibetano, è l’intervallo di tempo che secondo la cultura buddista, sta tra la morte e la rinascita. Lo stesso libro ha già ispirato in passato una canzone di Battiato, «L’ombra della luce», da «Come un cammello in una grondaia», disco del 1991. Un testo che sembra un appello a Dio: «Difendimi dalle forze contrarie,/la notte, nel sonno, quando non sono cosciente/ quando il mio percorso si fa incerto/ e non abbandonarmi mai…./ Non mi abbandonare mai! / Riportami in zone più alte/ in uno dei tuoi regni di quiete…». E ancora: «Ricordami come sono infelice/lontano dalle tue leggi/ come non sprecare il tempo che mi rimane». Affascinato dall’Oriente, Battiato sceglie quindi anche per questo documentario la strada del confronto tra fedi e culture sulla fine della vita, cercando di darle un senso, un’immagine, nella confusione delle sollecitazioni contemporanee. Il documentario prevede i contributi, tra gli altri, di Manlio Sgalambro, Stanislav Grof, Geshe Gelek, Lama Monlam, e una performance di Cristina Coltelli, “donna Arlecchino” del teatro italiano, che introduce una nota di leggerezza nella struttura narrativa.

Le riprese sono iniziate qualche mese fa, a giugno, con esterni realizzati in una Sicilia insolita (le Cave di Cusa e gli inconsueti paesaggi dell’altopiano dell’Argimusco, una vasta zona sui Nebrodi segnata dalla presenza di dolmen e menhir di grande suggestione). Attraversando il Bardo è prodotto dalla Arco Produzioni srl con il sostegno di alcuni sponsor tecnici e la produzione esecutiva di Fabio Bagnasco e Massimiliano Pollina. Battiato sta preparando anche un film sulla vita del compositore Haendel, anch’esso pervaso da una tensione spirituale («è un uomo che ha dedicato tutta l’energia alla musica e a Dio») e ha appena pubblicato «Open Sesame», la versione per il mercato anglosassone del suo ultimo disco «Apriti Sesamo» in America, Canada e Regno Unito.

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