Oltre le torri

zingonia controllo cc carabinieriLo sguardo, è inutile, si ferma su quelle «famigerate» torri, al confine con Ciserano. Ma basta restare per un po’, guardarsi intorno, entrare nella parrocchia e nell’oratorio e si capisce subito che c’è ben altro a Zingonia, c’è molto di più. L’etichetta di zona difficile che la cronaca le ha appiccicato addosso ha pesato però anche sull’avvio dell’unità pastorale con la vicina parrocchia di Verdellino: «All’inizio – spiega il parroco, don Marco Tasca, da qualche anno anche amministratore parrocchiale di Zingonia – la gente temeva che si trattasse di una forma di abbandono, che si volesse cancellare una presenza importante su un territorio già ferito. Chiaramente, non era così. Ci è voluto tempo, pazienza, lavoro, ma è stato un bel cammino. L’unità pastorale dovrebbe essere costituita ufficialmente dall’anno prossimo». Verdellino conta circa ottomila abitanti. Zingonia è all’incrocio di comuni diversi, tocca anche Verdello, Ciserano, Boltiere e Osio Sotto, «Ma le strutture parrocchiali – osserva don Marco – sono tutte a Verdellino». Gli italiani in generale e i cattolici in particolare sono un po’ diminuiti negli ultimi anni: «Qui vivono insieme circa 60 diverse nazionalità, è il paese più composito d’Italia. Alla prima processione alla quale ho partecipato, alla festa patronale, c’erano fianco a fianco a portare la statua un indiano, un pakistano, un veneto e un pugliese». Alla scuola dell’infanzia gli stranieri hanno superato il 50 per cento del totale: nascono cento bambini all’anno, oltre la metà ha genitori immigrati.

In tutto all’unità pastorale fanno riferimento diecimila persone. «Noi preti siamo in tre: oltre a me ci sono don Alberto Bongiorno, che abita a Zingonia e don Francesco Sanfilippo, che si occupa dell’oratorio di Verdellino». La parrocchia di Zingonia è di nascita abbastanza recente: è sorta nel 1968, e i parrocchiani di allora adesso sono anziani. «È una comunità – chiarisce don Marco – nata con grande slancio anche missionario, nella quale, proprio per la presenza di gente di provenienze molto diverse, c’è un grande senso di accoglienza e in generale una mentalità molto aperta. Con l’introduzione dell’unità pastorale alcune cose sono sicuramente cambiate, ma si è cercato in linea di massima di mantenere il più possibile una linea di continuità. E alla fine gli scettici hanno cambiato parere: in certi momenti la presenza dei preti è addirittura aumentata, sono tre invece di due».  È il frutto di un lavoro attento di coordinamento, di organizzazione, di programmazione delle attività. Don Alberto (37 anni) e don Francesco (33) hanno già l’incarico di «vicari interparrocchiali», perché anche nei termini c’è una svolta rispetto al passato.


«Abbiamo iniziato con gradualità a integrare le due comunità – spiega don Marco -. Mantenendo ciò che già esisteva e cercando di mettere insieme le risorse e ad essere presenti in modo interscambiabile. Abbiamo creato un calendario settimanale per le due parrocchie diversificando gli orari per la catechesi e i gruppi biblici».
Così, un mattone alla volta, pian piano il muro che esisteva tra le due comunità è crollato: «Tra le due chiese c’è poco più di un chilometro di distanza e ora la gente va indistintamente da una parte e dall’altra».

La parrocchia si occupa anche della cappellania del Policlinico di Zingonia, formata da un gruppo misto di sacerdoti, laici e religiosi. Casualmente il confine tra le due parrocchie è proprio sulla via Papa Giovanni, che diceva “Guardiamo ciò che ci unisce e non ciò che ci divide”». I tre preti si alternano negli orari delle Messe e nelle due chiese, ma poi si sono specializzati sulla cura di zone diverse: don Alberto a Zingonia si occupa dell’iniziazione cristiana fino alla seconda media, dalla terza media in poi è don Francesco che segue tutti i ragazzi delle due parrocchie. È il parroco in genere a presiedere la celebrazione dei sacramenti, mentre don Alberto segue i volontari della Caritas (una ventina, sul territorio) e il centro di primo ascolto, che si occupa di ottanta-novanta famiglie in difficoltà. «Noi sacerdoti – continua don Alberto – ci incontriamo per due volte alla settimana a pranzo; sono momenti importanti per confrontarci e scambiarci esperienze». Si sta formando anche l’équipe pastorale che si occuperà del progetto dell’unità pastorale: «È un cammino che si sta consolidando e che via via sta crescendo». Pian piano si impara a condividere anche i luoghi di preghiera come il Santuario del XIV secolo di San Rocco, nato ben prima delle parrocchie, che ora è utilizzato da entrambe le parrocchie. Il risultato di questo percorso è anche una maggiore apertura al territorio: «La parrocchia collabora anche con associazioni e gruppi della zona in diversi progetti anche di rivalutazione del territorio, perché non ci sono solo le torri, ci sono anche bei quartieri residenziali, ci sono tante persone generose e impegnate e realtà molto belle». Gli immigrati cattolici sono una minoranza, ma ci sono: «I nostri aiuto-sagristi vengono dal Togo e dall’India». Ma nella comunità entrano anche «gli altri», i non cattolici, anche solo per condividere qualche momento di gioco all’oratorio, oppure i giorni di festa. Su questo territorio insistono anche luoghi di culto di altre religioni: «La convivenza è pacifica». Continuano ad esserci differenze significative tra Verdellino e Zingonia e questo richiede attenzione: «Non sempre, anche nella organizzazione delle attività, possiamo fare le stesse scelte per entrambe le parrocchie, bisogna agire con equilibrio, buon senso e sensibilità. Abbiamo scelto una logica di inclusione, senza tenere fuori nessuno dalle attività e dai luoghi delle comunità, e certamente è più faticoso, ma è una direzione che porta anche molta ricchezza nei rapporti umani e fa crescere la comunità. Comunque abbiamo appena iniziato e lo sappiamo. E abbiamo anche qualche sogno, come un centro polifunzionale che possa essere usato da entrambe le comunità».