Paradiso

Oggi, primo di novembre, si celebra la festa di tutti i santi. Domani è il giorno del ricordo dei defunti.

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati…» (Vangelo di Matteo 5, 1-12).

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Festa dei santi e giorno dei morti. I santi sono gli amici di Dio e sono già “lassù”. Lassù dove? Ma si capisce: in paradiso. Si parla molto di paradiso in questi giorni: il paradiso dei santi e quello, si spera, dei morti, i “nostri morti”. Sono i giorni delle grandi mestizie, delle grandi speranze e, insieme, delle grandi domande: che cosa ci aspetta dopo la morte? Come sarà l’altra vita?

IL CORPO IN PARADISO

Quando parliamo di paradiso e cerchiamo di capirci qualcosa, abbiamo l’impressione di finire per capirci ancora di meno. In questi giorni ci si dice che siamo chiamati ad andare in paradiso con tutto il nostro essere, anche con il corpo. Anche con il corpo? Le immagini correnti del paradiso sono così indefinite che fatichiamo a immaginarci con il nostro corpo in paradiso. Tanto più che anche in questi giorni assistiamo continuamente a un vero e proprio assalto al corpo. Dominano le immagini di corpi distrutti, violentati, uccisi: i corpi inermi degli annegati a Lampedusa e dintorni, i corpi disfatti dalla guerra, e poi, sempre, la fame… E forse, anche in questi giorni, siamo chiamati a guardare il corpo senza vita di una persona cara, o il corpo sdolorante di qualche amico ammalato.

LE MOLTE RELAZIONI

Eppure il corpo è il tramite mirabile con il quale comunichiamo con il mondo e con gli altri. Capiamo la meraviglia del nostro corpo quando, precisamente, non riusciamo più a comunicare: la malattia, la morte nostra e degli altri sono dolorosissime non solo perché si soffre, ma si soffre di non poter più parlare, di non capirci più. Invece, quando stiamo bene e quando siamo in armonia con gli altri, nulla è più bello di quei momenti nei quali ci guardiamo, parliamo, mangiamo… Fino ai gesti più semplici come una carezza, o a quelli più complessi, di un rapporto amoroso fra due persone che si amano.

Immaginiamo allora un corpo perfettamente capace di comunicare, di dare e di ricevere, diventato perfetto luogo di scambio… Un corpo così è quello del Risorto. Paolo dice che quel corpo è diventato “spirito”: rimane corpo, certamente, ma è talmente permeato dalla forza dell’amore di Dio che è diventato incapace di odiare e capace, invece, soltanto di amare, un corpo leggerissimo, spirito, appunto (l’inferno è il perfetto contrario: un corpo chiuso, capace soltanto di odiare, privato di ogni rapporto con gli altri: l’inferno è “non amare più” dice lo starets Zosima nei Fratelli Karamazov di Dostoevskij).

NON SAPPIAMO COME

In questi giorni ci chiediamo se vedremo ancora nostro padre, nostra madre, le tante persone care che abbiamo perduto per strada. È come se chiedessimo: «Le relazioni buone che ho costruito nella mia vita, che fine faranno? Gli affetti belli della mia vita andranno perduti? Le relazioni che il mio corpo ha costruito verranno salvate? Potrò salvare i baci, le carezze che ho dato alle persone che ho amato, i pranzi che abbiamo fatto insieme, le feste che abbiamo celebrato?». Ora noi, in questi giorni, quando diciamo che andremo in paradiso anche con il corpo, ci stiamo ripetendo che tutte le relazioni “buone” che abbiamo costruito non andranno perdute, anzi: fioriranno in pienezza. Il mio corpo diventerà un corpo riempito dello Spirito Santo, perfetta trasparenza e perfetta apertura a Dio e agli altri. Non riusciamo a immaginare come. Ma siamo sicuri che. Siamo destinati ad andare lassù, in paradiso, insieme con le “schiere innumerevoli” dei santi e insieme con i tanti, i troppi “nostri” morti.

IL TUO PARERE

Come vedi, come immagini il paradiso?