«Viva il parroco!»

Fare le cose “alla viva il parroco” è un noto modo di dire quando si parla di cose fatte alla carlona, in maniera allegrotta e senza eccessi di finezza.

Se guardiamo al modo in cui si svolgono gli ingressi dei nuovi parroci nelle comunità, l’espressione appare spesse volte perfettamente calzante.

L’usanza dell’ingresso pubblico e solenne di un nuovo parroco in parrocchia è tipica ormai solo delle parrocchie delle nostre zone ancora abbastanza “bianche” e fa parte integrante del nostro panorama sociale. E finché tiene, lasciamola, anzi facciamola pure durare. È pur sempre una manifestazione dai significati non disprezzabili. Un paese che si mobilita per solennizzare l’inizio di una nuova tappa del proprio cammino religioso nella storia, con la presenza visibile delle varie componenti della società locale, non escluse, anzi bene in evidenza le autorità civili e militari, i gruppi, le associazioni, magari nella loro divisa che li fa riconoscere immediatamente, i bambini, i giovani, e chi più ne ha più ne metta, non è cosa da poco.

Ma proprio per questo s’impone un attento rispetto per l’autenticità, per la crescente laicità della società attuale, per l’attenzione a quella parte del paese che non si sente più parte della comunità religiosa. (Si può far festa e festa grande anche senza prevaricare). E c’è tutto da guadagnare dal buon gusto con cui si fanno le cose, sia negli addobbi, sia nello susseguirsi dei vari momenti della festa.

L’arrivo del nuovo parroco, a mio parere, non dovrebbe nemmeno sfiorare il carnevalesco, come invece qualche volta succede. Che cosa si vuol significare, che idea si vuol trasmettere soprattutto ai giovani e ai ragazzi, ai “lontani”, sulla figura e sui compiti del nuovo parroco con certe manifestazioni di piazza?

Ma anche in chiesa, dove i fedeli si trovano “tra loro”, le cose van fatte bene. Questo di per sé vale per ogni celebrazione religiosa. Il rito dell’ingresso di un nuovo parroco, fatto come Dio comanda, con semplicità solenne, con montaggio essenziale, può davvero essere per la comunità in festa e per il festeggiato stesso, una miniera di spunti di preghiera, di meditazione, di crescita spirituale. Ma sarà soprattutto una lode al Signore, Pastore delle nostre anime, e un ringraziamento perché non ci lascia mancare coloro che vengono “non a dominare sulla nostra fede, ma a servire la nostra gioia”.

Questo mi fa aggiungere che il ragionamento che sto facendo vale anche per i festeggiamenti ai novelli sacerdoti. Son belli, ci vogliono, ma. fatti bene, sono anche più belli e lasciano il segno.

Mi è piaciuto recentemente un neo-Parroco all’ingresso del quale ero presente come Delegato Vescovile. Il giovane prete mi ha chiesto di fare le cose in modo  che la gente capisse che la festa era per il Signore più che per lui.

In altre parole, non voleva una festa alla “Viva il Parroco”. Ottimo!

IL TUO PARERE

Arriva il nuovo parroco e si fa  festa? È giusto? E se è giusto, come dovrebbe essere la festa?