Tornare all’essenziale

Ci arriva dal vicariato di Albino Nembro un contributo alla riflessione sulla liturgia nella vita delle comunità che prende spunto dall’incontro svoltosi qualche giorno fa con il vescovo Francesco Beschi, che sarà anche pubblicato sul bollettino della parrocchia di Albino. 

Il Vescovo ha iniziato ad incontrare gli addetti alla liturgia cominciando da quelli del Vicariato Albino-Nembro, mercoledì 30 ottobre, celebrando con loro l’eucaristia, a ringraziamento dei doni ricevuti, fra i quali i presenti impegnati nei vari ministeri liturgici.

Nella sua omelia, parlando della “porta stretta” evangelica, ha evidenziato “l’obesità pastorale” delle nostre comunità e delle nostre liturgie, dovuta a «cose che sono anche preziose, ma che fanno dimenticare l’essenziale», che è rappresentato da Gesù, presente nella sua parola e nel sacramento. Solamente «conformati a Cristo, a sua misura» potremo entrare per la porta stretta.

Nel suo intervento al cine-teatro, per definire la liturgia, ha innanzitutto parlato della musica, che gli è cara.

La musica, e la liturgia, sono un evento, non uno spettacolo, non semplicemente qualcosa che succede: sono qualcosa che avviene; è qualcosa di nuovo che prima non c’era.

L’esecuzione di una musica non è ripetizione, tanto che chi suona, suona in modo diverso da altri. Ma anche chi ascolta, ascolta concerti, gli stessi, in età diverse, e la musica dice cose diverse: perchè la musica succede, non si ripete. Ed occorre che tu sia lì: le registrazioni non sono musica, sono surrogati.

Anche la liturgia è scritta nelle rubriche e sui fogli, ma non è quella vera. Essa avviene. Musica e liturgia non succedono se non c’è alcuno che dà loro vita.

Quale evento succede? E’ CRISTO CHE SUCCEDE. Questo avviene. Il mistero della sua morte e risurrezione. E non soltanto avviene (non si ripete), ma anche ci è comunicato. La liturgia comunica ciò che avviene. E questo grazie allo Spirito. Mistero (non incomprensibile ma inesauribile) della fede.

Quindi non siamo solo davanti all’amore di Dio, al mistero della presenza, ma quell’amore ci penetra e ci fa comunione.

Il ministero nasce dunque dal mistero, che si manifesta, si comunica, mi avvolge e coinvolge.

Nella liturgia ci sono due dimensioni: la prima è sacramentale, cioè nell’ordine del segno, una realtà che indica un’altra realtà; ma il sacramento è anche simbolo. Ma il sacramento è più anche del simbolo.

Sacramento è molto di più, perché certamente indica, certamente esprime, ma soprattutto comunica, rende partecipe. Nel Vangelo letto dal  sacerdote è Cristo che parla; il lettore è Cristo che legge; in ogni ministero è l’agire di Cristo. Pensiamo quali misteri ha messo nelle nostre mani, senza che sapessimo.

Noi siamo preoccupati di animare la comunità: non “droghiamo” la comunità per farla vivace. Sufficiente è una liturgia bella. Non è la liturgia che fa bello il mistero, ma il mistero che fa bella la liturgia.

Un’altra dimensione della liturgia è quella di essere ecclesiale, l’evento non è individuale… E’ comunione: la comunione è parte dell’evento stesso.

Allora non si parla solo di animatori, ma di ministeri, ovvero di diversi servizi al mistero, all’evento di Cristo: i ministeri sono diversi, ma uniti dall’unico mistero. I ministeri non devono essere solo accostati l’uno all’altro. L’unità avviene nel lasciarsi avvolgere dal mistero, da ciò che avviene, celebrando. Noi che invochiamo lo Spirito santo nella preghiera eucaristica su pane e vino perché divengano il corpo e sangue del Cristo vivente, subito dopo invochiamo lo stesso Spirito perché noi diveniamo insieme un corpo solo, un solo Spirito, cioè lo stesso corpo vivente di Cristo, noi; la preghiera eucaristica continua, non finisce sul pane e vino. Questo perché il celebrante è l’intera comunità.

Il presidente non ha tutti i ministeri, ma il ministero del tutto. La presidenza della comunità non può essere separata dalla presidenza liturgica. Il presidente non avoca a sé tutti i ministeri, ma li riconosce, li valorizza e li unisce. Li presiede trasformando tutti i ministeri in un solo corpo. Il presidente non fa tutto, ma tutto unisce.

Tutto questo ha bisogno di verità per non ridurre la liturgia a riproduzione di una cosa passata (come una musica); nella liturgia la verità è la vita. Solo questo fa accadere l’evento e non fa della liturgia una mera esecuzione o ripetizione. Tutto questo perché l’evento che dà vita diventi vita. Il rapporto fra vita e liturgia è decisivo.

Suor Marie Keyrouz, libanese, ha venduto milioni di dischi di musica eucaristica in lingua araba, donna di pace.

Si trovava nel suo convento di Beyrouth, quando sentì improvvisamente provenienti dalla strada delle urla spaventose: era una madre palestinese che si disperava sul corpo del suo giovane figlio, ucciso a 16 anni da una pallottola sparata da una fazione in guerra. La donna urlava contro il cielo, contro gli uomini e contro Dio. Vedendo la suora le chiese di cantare qualcosa per suo figlio morto. Suor Marie cantò, non sa nemmeno lei per quanto tempo. Alla fine, abbassando gli occhi, vide negli occhi della madre che la sua rabbia era scomparsa. Allora la donna disse a suor Marie: – Adesso mio figlio riposa in pace. Lì si era celebrata una vera liturgia: il canto aveva dato la pace. Questo è il miracolo della liturgia. Dà la vita, diventa vita.

Dopo il vescovo, don Doriano Locatelli, dell’ufficio liturgico diocesano, ha sottolineato i seguenti punti:

1) la liturgia è della Chiesa, non dei gruppi liturgici; non di qualcuno solamente

2) l’importanza del gruppo liturgico parrocchiale

3) partecipare è essere parte e aiutare gli altri a prendere parte.

MANDATO del VESCOVO

1) alle parrocchie del vicariato è la costituzione del gruppo liturgico: luogo in cui tutti i ministri si ritrovano e si riconoscono per far sì che l’evento liturgico sia unitario.

2) al Consiglio Pastorale vicariale: raccogliere osservazioni sul Direttorio liturgico, scaturito dal Sinodo diocesano, che è ancora ad experimentum, perché si arrivi a quello definitivo.