I mattoni della fede

Domande e risposte. I giovani di oggi sono alla ricerca continua di riscontri, pareri, tesi che possano rafforzare le proprie convinzioni, sempre precarie e soggette a smottamenti continui.

Abbiamo incontrato alcuni giovani delle parrocchie cittadine, e le loro risposte mostrano un ragionamento intenso e meditato, potremmo dire “scientifico”, che riesce però a coniugarsi in modo originale alla dimensione del divino. «Considero la Fede come una scelta personale – dice Stefano – i cui esempi sono da ricercare nella storia e nella vita di tutti i giorni». «La consapevolezza del dono della vita e della morte – sostiene Chiara -: è da questa convinzione che nasce la mia fede, ciò che sollecita l’animo a fare del bene».

Chiara vive a Bergamo, al Villaggio degli Sposi, ha diciannove anni, è al primo anno di medicina alla Statale di Milano, è volontaria e catechista in oratorio. Stefano ha vent’anni, segue i corsi di Infermieristica a Bergamo e vive a Loreto ma non frequenta la comunità da ormai molti anni. Lorenzo abita a Ponteranica, studia Scienze Naturali alla Statale e collabora con l’oratorio del paese. Le opinioni che affiorano dalle tre conversazioni, in merito al loro modo di considerare la fede, sono diverse, ma tutte accomunate da un’idea secondo cui le proprie credenze sono legate a una continua e necessaria dimostrazione, quasi scientifica. Un credo non calato dall’alto, insomma, ma da costruirsi, da contemplare e da scoprire alla luce della propria umanità.

Negli atti pratici questo significa impegnarsi all’interno delle proprie comunità come volontari oppure nei gesti che si compiono tutti i giorni con umiltà, senza visibilità e senza secondi fini: l’obiettivo ultimo dell’atto di carità consiste nell’azione stessa in cui si esprime.

Dalle loro parole emerge anche un profondo rispetto per la liturgia, frutto di millenni di codificazioni e rinnovi, della quale i ragazzi colgono il ruolo simbolico, il messaggio che c’è dietro la preghiera della Messa.

Da questi concetti parte l’interessante ragionamento di Stefano secondo cui la preghiera non si risolve «nel chiedere la salvezza, ma nel ringraziamento», che risulta molto più forte se il messaggio è comunitario. Mettendo quindi su un gradino superiore la preghiera domenicale a quella del singolo, perché così sembra essere più semplice il contatto con il divino, con la realtà tutta.

Veniamo ora alle questioni più pratiche. Qualcosa da modificare nella liturgia della messa in relazione al modo in cui vivi la fede? Chiara e Lorenzo sembrano avere le idee chiare: «La predica deve essere attinente con la realtà». Il messaggio evangelico ha necessità di essere posto in relazione con i cambiamenti politici ed economici in atto nella nostra società. «I richiami alla dimensione psicologica dell’esistenza – dice Lorenzo – su cui molti sacerdoti si focalizzano durante l’omelia, faticano ad incontrarsi con una sensibilità diversa, che in un mondo in continuo mutamento sente di dover associare la realtà alle proprie credenze religiose. Sono stanco delle prediche di alcuni celebranti». Dialogo su tutti i fronti, questo cercano i giovani che oggi si pongono in modo lucido in relazione con la fede: dialogo con adulti e altri giovani sulle questioni dell’età contemporanea, partendo da una prospettiva personale, calata sulla realtà quotidiana, per formarsi, crescere, rafforzare il proprio credo e gli aspetti più spirituali dell’esistenza.