Il cuore del Rwanda

Si dice Rwanda e la prima immagine che compare davanti agli occhi è quella del genocidio del 1994 e degli aspri, continui scontri tra hutu e tutsi. Ma non è questa l’unica realtà possibile, racconta Consuelo Ceribelli, missionaria laica, originaria di Martinengo: «Da sette anni vivo nella zona Ovest del Rwanda – racconta – al confine con il Congo e il Burundi, ed è una zona prevalentemente tranquilla. Da quando sono lì non mi sono mai sentita in pericolo. C’è sempre qualche frizione tra fazioni diverse e tra gli stati. Non so se questo silenzio scoppierà di nuovo come nel ’94. Per ora non ce ne sono i segni. Tanto è vero che mi capita spesso di ospitare dei volontari che vogliono fare esperienze di missione».

Anche Consuelo è partita così, all’inizio: «Avevo il desiderio di andare in missione per un po’: avevo chiesto indicazioni al mio parroco, ma inizialmente avevo pensato al Sudamerica. Invece mi è capitata l’occasione di aiutare una religiosa mia compaesana, Angela Ghislotti delle suore della Misericordia che è rimasta qui fino al 2008. Dico spesso che ho scelto la missione ma non ho scelto il Rwanda è il Rwanda che ha scelto me. Avevo già fatto delle esperienze brevi in Bolivia poi deciso di partire per un anno intero. Alla fine è diventata la mia vita».

Consuelo temeva l’Africa, pensava che facesse troppo caldo per lei, ma ha cambiato idea: «C’è un clima stupendo qui, è sempre primavera. Sono passati sette anni ma non li ho neanche visti. Forse a volte mi pesa un po’ essere l’unica italiana, ma ormai mi sono abituata anche a questo».

UNA PARROCCHIA TRA LE MONTAGNE

La missionaria abita a Nkanka, una parrocchia di 60 mila abitanti a dieci chilometri dalla diocesi di Changugu, che si estende su un territorio molto vasto: «Le parrocchie sono sparse tra le montagne e ci sono pochi sacerdoti. I cattolici sono 35 mila, il resto si divide tra le altre religioni. Ora io lavoro in un centro di accoglienza con ragazzi con varie problematiche: sordomuti, epilettici, con problemi mentali e fisici. Da due anni ho una casa mia, costruita grazie all’aiuto di una ong di Milano».

Il centro gestito da Consuelo Ceribelli ospita 170 bambini e ragazzi (dai due anni in su). Lavorano con lei anche quattro educatori rwandesi. «Le persone disabili o malate come gli epilettici vengono ancora considerate come posseduta dal diavolo oppure come un castigo del Signore perciò le loro famiglie le tengono sempre rinchiuse in casa. In questo centro trovano una possibilità di essere autonomi e accettati dalla società. Anche in Italia facevo un lavoro del genere e mi è sempre piaciuto».

All’inizio non è stato facile per la missionaria bergamasca conquistare la fiducia della gente: «Non erano abituati ai bianchi, i bambini piangevano e avevano paura di me. Oggi invece se manco anche soltanto per un giorno mi cercano e mi fanno domande su che cosa mi è successo, dove sono stata e così via. Non sono una suora e questo ha reso le cose ancora più difficili. Pian piano, però, sono riuscita a ottenere il mio spazio. Rispetto alla vita frenetica che conduciamo noi, in Africa i ritmi sono molto più lenti. All’inizio ho fatto fatica ad adattarmi, poi ho capito che se volevo stare con quelle persone dovevo rispettare il loro modo di vivere. Non è tanto un problema di lavoro fisico ma mentale: in Rwanda la gente è abituata a vivere alla giornata».

LA DIVERSITA’ COME RICCHEZZA

Non c’è acqua, spesso manca l’elettricità: «Certo, è molto diverso rispetto all’Italia, e chi viene qui lo nota subito. Ma io ormai vedo tutto sotto una prospettiva differente. Bisogna fare i conti con quello che si ha, avere rispetto di ciò che si ha a disposizione. Dove c’è abbondanza, come da noi, questo è più difficile da capire, ci sembra che le risorse a disposizione non debbano mai esaurirsi».

Le famiglie si dedicano prevalentemente all’agricoltura: «Coltivano la terra per nutrire i loro figli, anche se è sempre lo stato a decidere che cosa devono coltivare. Ognuno ha un compito, anche i bambini, che devono andare a prendere l’acqua e raccogliere la legna».

Le scuole primarie sono quasi gratuite, invece le medie e le superiori sono private e pochi possono permettersi di pagare le tasse scolastiche. La scuola inizia a gennaio e finisce ad ottobre. «Il nostro centro diurno – sottolinea Consuelo – dà ai ragazzi l’istruzione primaria e insegna loro un mestiere. C’è un laboratorio di falegnameria, in un altro ci si occupa di cucito e sartoria: sono tutti modi per rendersi autonomi nella vita sociale. Alcuni di loro hanno già trovato un’occupazione, come falegnami e muratori: così anche la gente incomincia a guardarli con occhi diversi e ad apprezzarli come persone normali». Così Consuelo piano piano semina la cultura dell’accoglienza in Rwanda, e mostra con i fatti che la diversità può essere una ricchezza: «Abbiamo anche imparato il linguaggio dei segni. In generale la presenza del centro è un grosso aiuto anche per le famiglie, che altrimenti non riuscirebbero a occuparsi di questi ragazzi. È un segno di speranza».