Solitudini

Un ragazzino di tredici anni vede il padre che picchia la madre. Si spaventa, chiama i carabinieri. Questi arrivano, arrestano l’uomo e lo portano in carcere. La madre è stata medicata al pronto soccorso dell’ospedale.

Per leggere la notizia clicca qui: il sito dell’Eco di Bergamo.

Di violenza ce n’è dappertutto e di violenza in casa, pure. In un certo senso, è una quasi non-notizia. Ma, come sempre, le notizie che non fanno più notizia denunciano un “dato” che è troppo evidente per essere notato, ma che c’è, è penetrato in profondità e ci condiziona.

Intanto si tratta di violenza, appunto e di violenza su una donna. Tutto questo ci è malauguratamente noto. Ma qui la novità è il ragazzino che, per difendere la madre, si appella alle forze dell’ordine. Notiamo: per difendere la madre contro il padre.

Di solito ci si fa un’idea, un po’ romantica, della famiglia come l’ultimo bastione contro il mondo spesso ostile, quasi sempre difficile. La famiglia ci difende e ci rassicura: le certezze stanno dentro e le incertezze e, spesso, le minacce vengono da fuori. Nel caso del ragazzo di cui riferisce la notizia, le parti si sono rovesciate: le incertezze e le minacce vengono da dentro, dalla famiglia, e la sicurezza da fuori, dalle forze dell’ordine che stoppano il padre violento e lo arrestano. Si assiste quindi a uno scombussolamento di ruoli: i ruoli che assicurano vicinanza e continuità non funzionano e vengono in qualche modo rimpiazzati da ruoli “lontani” e formali. I veri padri per il ragazzo sono stati i carabinieri.

C’è da essere passabilmente soddisfatti di questa relativa interscambiabilità per cui dove non c’è il padre subentra qualche padre di ricambio. Cosa che, peraltro, capita spesso: basterebbe pensare alle adozioni, di diritto e di fatto, di bambini rimasti senza genitori.

Ma fino a quando e fino a che punto? Fino a che punto relazioni così lunghe – quelle con le forze dell’ordine – possono prendere il posto di relazioni così corte: quelle tra un padre e un figlio? La notizia piccola svela un problema grande: la crisi della famiglia da chi e come può essere tamponata? Soprattutto quando mancano altre relazioni corte che possono prendere il posto di quelle che sono entrare in crisi. La famiglia in questione è di origine ecuadoriana: potranno usufruire di legami alternativi tra parenti e amici? Altre strutture sociali saranno in grado di intervenire? Difficile dire. Lo stesso discorso si potrebbe fare per molte famiglie di origine italiana che non hanno legami o li hanno persi. Le solitudini delle periferie cittadine sono comunque solitudini pesanti e pesano soprattutto là dove le fragilità sono più grandi.

Anche questo è un tema, a modo suo, natalizio. Quando tutti esaltano i legami, chi soffre la solitudine, la sente di più.

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