Un’ora di cultura

In una società sempre più multireligiosa l’insegnamento della religione cattolica nella scuola italiana non può essere un momento d’indottrinamento, ma un percorso di formazione alla diversità, un luogo dove prendere coscienza del valore culturale delle diverse religioni e del loro contributo alla costruzione della nostra civiltà. Marco Marzano, docente di sociologia dell’organizzazione all’Università di Bergamo, sottolinea i cambiamenti intervenuti in questi ultimi anni riguardo all’ora di religione ed indica le trasformazioni necessarie per fare di questo insegnamento uno strumento formativo utile per vivere in una comunità globale. Marzano è autore, tra l’altro, del volume «Quel che resta dei cattolici. Inchiesta sulla crisi della Chiesa in Italia», edito da Feltrinelli.

Come è cambiato l’insegnamento della religione cattolica in questi anni?

Ha subito gli stessi cambiamenti del Paese, dei giovani, della scuola; l’insegnamento della religione cattolica non è rimasto identico al passato. Colpisce il fatto che, malgrado la secolarizzazione avanzata del Paese e le difficoltà della Chiesa nel rapportarsi con le giovani generazioni, il numero di studenti che scelgono di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica sia ancora abbastanza basso.

Come leggere questo dato?

Credo che l’insegnamento della religione cattolica svolga oggi delle funzioni diverse da quelle pensate con la revisione del Concordato del 1984. Ma quelle di oggi sono, comunque, funzioni giudicate importanti dai ragazzi: questo insegnamento è visto oggi come uno spazio di carattere culturale dove i giovani possono approfondire e discutere di tematiche esistenziali e spirituali in senso generale, non necessariamente religiose o cattoliche. È uno spazio per affrontare questioni che i giovani sentono attraversare le loro esistenze.

Quindi vale ancora la pensa investirci?

Dalle scelte effettuate dai ragazzi emerge in modo chiaro che per loro questo insegnamento mantiene una qualche importanza. Del resto credo che il rapporto tra gli insegnati di religione e i ragazzi sia oggi tutt’altro che banale. Occorre anche dire che l’insegnamento della religione è oggi, forse, “forzato” ad altri scopi: spesso le leggi restano le stesse, ma, nel frattempo, la realtà sociale cambia. E così anche l’ora di religione nel tempo è cambiata ed oggi svolge o potrebbe svolgere una funzione diversa rispetto al passato.

Quale?

Potrebbe avere la funzione, tra le altre, di educare alla differenza religiosa: in un Paese sempre più pluralista i ragazzi hanno bisogno di capire quali sono le differenze culturali e religiose che attraversano popoli e culture. Credo possa diventare un insegnamento riguardo al ruolo e all’importanza che le religioni svolgono e hanno svolto nella nostra civiltà. Ma, purtroppo, non è ancora chiaro a tutti che l’insegnamento della religione cattolica non è un’ora di catechismo e d’indottrinamento; bisogna ricordare che quest’ora è frequentato da tanti ragazzi che non sono neppure credenti.

Su questo versante c’è ancora qualche ambiguità?

Credo di sì. Anche perché ancora oggi gli insegnanti vengono pagati dallo Stato, ma scelti dalle diocesi. E questo è un elemento di permanente ambiguità. Tanto più che anche gli studi di teologia, che in altri Paesi europei hanno un riconoscimento pubblico, da noi sono impartiti solo presso le facoltà teologiche e non presso le università pubbliche che assicurerebbero una maggior “neutralità” e distanza da un insegnamento che, a volte, rischia di avere una matrice di tipo catechetico.

In passato cosa ha rappresentato l’ora di religione?

È stata una forma di indottrinamento religioso che, tuttavia, ha avuto pochi effetti: nonostante quella cattolica fosse religione di Stato e il suo insegnamento fosse obbligatorio, il processo di secolarizzazione del Paese non si è arrestato. Anzi, è andato avanti.

Come dovrebbe essere impostato oggi questo insegnamento per rispondere alle sfide della modernità?

L’ora di religione ha oggi assunto una forma diversa rispetto al passato: è una forma che non mortifica il cristianesimo, ma lo colloca nel contesto della società pluralistica. Proprio per questo è un ambito che andrebbe ripensato a partire dell’esperienza di insegnanti e studenti, a partire dai bisogni culturali, educativi e civici dei ragazzi. Occorre capire quali sono le esigenze reali dei giovani e ripensare a questa opportunità come ad uno strumento utile per aiutarci a vivere in un mondo plurale, multireligioso e globale: un mondo dove quella religiosa è una delle tante possibili differenze da accogliere senza timori. Pensiamo all’ignoranza che circonda le tante forme religiose ormai presenti anche nel nostro Paese e che può alimentare fenomeni di xenofobia. L’ora di religione può, allora, diventare un momento per far prendere coscienza del ruolo che le religioni giocano nella costruzione delle civiltà, nel rapporto con la cultura moderna e con le nostre comunità.