Aaa cerco casa

Ad Albino la casa è una vera emergenza. Lo denuncia con forza e con urgenza il Centro di primo ascolto e coinvolgimento della Caritas locale in un appello accorato, rilanciato anche dal bollettino parrocchiale. In una zona pesantemente colpita dalla crisi, in cui alla chiusura di fabbriche storiche come la Honegger si affianca anche la difficoltà di tante altre attività di piccole e medie dimensioni, sono tante le famiglie in difficoltà. E purtroppo, almeno in questo momento, non si vedono soluzioni rapide né prospettive nuove.
Pensiamo, per esempio – suggeriscono i responsabili del Cpaec – “a una famiglia monoreddito con tre figli e con un salario che raggiunge o supera di poco mille euro mensili. In teoria potrebbe sembrare una situazione di povertà non estrema, in cui è possibile vivere in maniera molto sobria , ma dignitosa. Ciò che invece rende insostenibile la vita di questo nucleo familiare è l’affitto, che supera i 520 euro mensili. Si tratta di un affitto “di mercato” che non è raro in Albino, dove i prezzi della locazione sono elevati, malgrado il consistente numero di alloggi vuoti, ma non disponibili per l’affitto a prezzi più calmierati. C’era una volta l’equo canone, che si è ritenuto fosse equo solo per l’inquilino, e che è stato abolito da una normativa liberalizzante basata sui nuovi valori economici: la contrattazione, la concorrenza, la domanda e l’offerta, il valore dell’immobile, la remuneratività dell’investimento e così via. Tutti valori che hanno come centro di riferimento il denaro a cui l’uomo viene subordinato”. Esistono delle forme di compensazione che dovrebbero, nelle intenzioni dei legislatori, sostituire l’equo canone: “E’ arrivato il sostegno all’affitto: un contributo regionale che integra in una certa misura quanto l’inquilino può disporre, per poter raggiungere il canone fissato dal contratto. È un sostegno questo che, di fronte all’estendersi delle situazioni di povertà e alla crisi delle finanze pubbliche, si sta man mano riducendo e comunque non serve ad altro che a mantenere i livelli di affitto del mercato: gli inquilini non ne hanno beneficio e l’utile finisce direttamente ai locatori. In tal modo si rende gli inquilini dipendenti “a vita” dai sussidi. Da anni l’edilizia pubblica è ferma, anzi vi sono state dismissioni, con la vendita a condizioni di favore degli alloggi pubblici alle stesse persone che per anni ne hanno usufruito e che, avendo migliorato le loro condizioni economiche, avrebbero potuto trovare altri alloggi in forma autonoma”. Anche il Centro di Primo Ascolto si è dato da fare, cercando delle soluzioni alternative: “Che cosa si può fare davanti a situazioni come quella descritta? Si sta contribuendo, mese dopo mese, in una certa misura al pagamento dell’affitto, chiedendo che l’interessato trovi un altro alloggio a condizioni più accessibili; ma i mesi passano, soluzioni alternative non si trovano e il fondo di solidarietà si va assottigliando”. Da qui nasce un appello forte, alle istituzioni, alla società civile, alla parrocchia: “Ora è necessario porre il problema alla comunità, quella dei credenti innanzitutto, ma anche a quella civile degli uomini che hanno una coscienza e che sono convinti che si debba operare per un mondo più giusto. Per i credenti il riferimento è il Vangelo e la Dottrina Sociale della Chiesa; per qualsiasi uomo degno di tale nome sono i Diritti Umani e la Costituzione. La domanda che si pone è questa: è lecito proporre un contratto d’affitto senza tener conto della capacità economica dell’inquilino? La risposta di una coscienza retta è una sola: non è giusto. Ma ci si può chiedere anche se sia giusto tenere un alloggio sfitto per il solo motivo di non avere noie e di non rischiare di vederselo rovinare. Il rischio vero è di chiudersi nel proprio piccolo egoismo, nell’indifferenza, nel non vedere più nell’altro un prossimo che ha bisogni fondamentali da soddisfare, nel fare dei beni materiali che possediamo un feticcio che conta più di qualsiasi valore umano ed è finalizzato solo al profitto. Si sottopone questo problema alla coscienza di tutti i nostri concittadini e vogliamo sperare che non sia esaminato in modo distratto, o subito dimenticato nell’indifferenza. Il Centro di Primo Ascolto attende con gratitudine chi voglia contribuire ad una soluzione”.