Il Papa e noi

Cara suor Chiara, siamo tutti affascinati da Papa Francesco. Siccome ha preso il nome del vostro grande Padre, il Poverello di Assisi, vorrei che tu ci dicessi, dal tuo punto di vista di religiosa seguace di san Francesco, le ragioni che spiegano quel fascino. Ma vorrei da te le ragioni più profonde. Perché non credo che tutto dipenda dal fatto che questo Papa è molto simpatico e spontaneo… Grazie

Antonio

La popolarità e l’entusiasmo che accompagnano il sevizio di papa Francesco, carissimo Antonio, sono di dominio pubblico e molti si interrogano e dibattono sulle motivazioni di tale fascino.

AUTOREVOLE

A me pare che le ragioni siano molteplici. Ciò che mi colpisce è l’autorevolezza della sua persona. Sin da quando è apparso sulla loggia di san Pietro ha mostrato una grande semplicità e libertà interiore nell’essere se stesso. I gesti che poi ha compiuto sono stati rivelativi della coerenza tra quanto dice, propone e vive: è certamente un uomo credibile! La sobrietà che lo caratterizza e che traspare dalle sue scelte personali e nella sua modalità di vivere il servizio di vescovo di Roma, sono in continuità con quanto ha sempre vissuto e annunciato da sacerdote e poi da vescovo nella sua terra.

LA BELLEZZA DEL VANGELO

Quanto chiede alla chiesa e alle donne e agli uomini di chiesa, è il Vangelo incarnato nell’oggi della storia, nella fedeltà al dono della fede ricevuto e alla propria vocazione. Certamente in lui affascina proprio la bellezza del Vangelo nella sua radicalità, richiamo per noi a una maggiore autenticità di vita, a un ritorno alla freschezza della vita cristiana. Papa Francesco, in continuità con i suoi predecessori, ma con la modalità propria della sua persona, va al cuore del Vangelo e del contenuto della vita cristiana.

Riflettiamo su quanto annuncia: le sue richieste sono esigenti, come lo è la Parola; ci scuote e ci richiama ad abbandonare un cristianesimo annacquato e un po’ compromesso con la mondanità, ad uscire verso le periferie esistenziali della storia per incontrare l’uomo nella sua realtà. Il richiamo continuo alla misericordia e al perdono vanno al cuore del dono della salvezza, al mistero dell’amore di Dio che ci raggiunge proprio lì, dove noi vorremmo fuggire, dove non penseremmo mai di incontrarlo: nel nostro peccato. Nell’incontro con la sua misericordia, può accadere, come per san Francesco, che «ciò che ci sembra amaro si trasformi in dolcezza di anima e di corpo». Allora la vita cambia e si sperimenta che l’incontro con il Signore rende felici. Sì, il cristianesimo non è facile, ma rende felici! Da qui forse il suo continuo richiamo a recuperare, come cristiani, la dimensione della gioia, testimonianza visibile di una sequela autentica.

La sua persona coniuga e incarna tutta la rigorosità, profondità e ricchezza della sua formazione gesuitica con la semplicità e radicalità evangelica del poverello di Assisi. Mi piace pensare che la sua elezione, grazia dello Spirito, sia dono, come ai tempi di San Francesco per «riparare la chiesa di Dio che va in rovina». Ma noi non sentiamo come singoli e come comunità cristiane, una nostalgia profonda e un desiderio impellente di un ritorno al Vangelo?

UN NUOVO UMANESIMO

Da ultimo non posso tacere come la proposta cristiana sia per lui fonte di un nuovo umanesimo, di una evangelizzazione delle periferie dell’uomo e della storia, dei luoghi dove la vita scorre, soffre, lotta, per ricostruire una umanità riconciliata nell’amore, ed aprire alla speranza di un futuro migliore. Si, dobbiamo ringraziare il Signore per il dono di papa Francesco, per il suo esempio di vita e il suo magistero. Lo Spirito guidi lui, nel suo servizio, e illumini noi perché, riconoscendolo un profeta per il nostro tempo, non ci lasciamo solo affascinare dalla sua persona, ma accogliamo la sfida che ci rivolge, quella del ritorno alla sorgente del Vangelo.

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