Contro la paura

Pubblichiamo volentieri questo contributo, con l’augurio che altri contributi possano aiutare a mettere in luce altri aspetti del problema che, tutti lo sanno, è particolarmente complesso e complicato.Ci auguriamo soprattutto che le prese di posizione contro l’omofobia non facciano dimenticare le differenze sessuali e le loro grandi, reciproche ricchezze.

Sono passate solo un paio di settimane dall’ultima manifestazione, a Bergamo, contro l’omofobia delle “Sentinelle in piedi”, e già si sente di nuovo parlare di omosessualità e di diritti per la comunità LGBT, questa volta con la presentazione, alla biblioteca Tiraboschi, di un libro: “Le cose cambiano”, pubblicato a ottobre per Isbn e in edicola per due mesi con il Corriere della sera. Il libro nasce dopo il video virale del giornalista americano Savage e del suo compagno “It gets better”. Nel 2010 in America c’è stato un picco di suicidi e ci si è posti il problema che non ci fossero dei modelli adeguati di adulti per questi ragazzi, da lì l’idea del video. In seguito sono stati postati numerosi clip di persone simpatizzanti ed omosessuali e da questi è nato il progetto italiano. Così, adulti gay raccontano della loro adolescenza e di come la loro situazione sia migliorata crescendo, e personaggi famosi, anche eterosessuali, cercano di mandare un messaggio propositivo: essere omosessuali non dev’essere un ostacolo nella vita di una persona, bensì parte caratterizzante l’identità di un individuo, ma che non aggiunga o tolga nulla.

Una città come la nostra, etichettata come clericale e di destra, si sta mostrando sempre più distante da questa rappresentazione, per porre l’accento su temi che spesso e volentieri i media snobbano come di secondaria importanza rispetto ad altri quali la disoccupazione, l’immigrazione, la nuova legge elettorale. Ma perché i diritti di una minoranza dovrebbero essere riconosciuti prima di provvedere all’approvazione di altre leggi e riforme più urgenti? Non credo sia questa la migliore prospettiva da cui guardare il fenomeno. Penso invece che Francesca Vecchioni, attivista e presidentessa della neo-nata Diversity, associazione che si occupa di produzione culturale sui temi delle differenze e delle discriminazioni sociali, Carlo Giuseppe Gabardini, attore e sceneggiatore di teatro e televisione, che ha di recente fatto coming out con una lettera su “La Repubblica” e Chiara Reali, la psicologa e responsabile web del progetto “Le cose cambiano”, si siano incontrati per un’altra ragione.

E’ inutile continuare a pensare il tema omofobia un qualcosa di secondario e non necessario, perché non è lo è. Diritti e doveri vanno di pari passo, e uno dei principali doveri nel nostro paese ora è tornare a crescere, uscendo dalla crisi il prima possibile, ma soprattutto dalle logiche ostruzionistiche che troppo spesso abitano il Parlamento e troppo spesso sviano i parlamentari dalle loro responsabilità verso il bene comune dei cittadini.

Il bene comune è il vivere in una società che tuteli tutti, senza distinzione, anche riguardo all’orientamento affettivo e dove si possa attuare una pacifica, civile e serena convivenza. Una società fortemente diseguale come quella italiana, che non è capace di riconoscere i diritti umani di tutti i suoi cittadini, può essere considerata giusta? Una società che privilegia una minoranza di più abbienti, e in cui la ricchezza non è distribuita come dovrebbe, dove la diversità troppo spesso è vista come ostacolo piuttosto che come valore, può davvero pensare di uscire da una situazione drammatica come quella di questi anni, senza l’aiuto dei diversi, degli emarginati, gli esclusi dal campo di alcuni diritti? Io credo proprio di no.

E’ interessante come Francesca abbia posto l’accento sulla famiglia, il primo luogo dove un bambino può sperimentare l’amore e l’affetto di chi gli vuol bene e comprendere prima degli adulti, perché privo di “occhiali culturali”, che non c’è differenza sostanziale tra l’amore di due genitori eterosessuali e quello di due omosessuali.

Per gli omofobi l’omosessualità è vista maggiormente dal punto di vista della sessualità, della coppia, e non dell’affettività, della famiglia, ma esistono già diverse famiglie con genitori dello stesso sesso, le cosiddette famiglie Arcobaleno, di cui però a livello di legge è riconosciuto un solo genitore. Non si riscontrano delle ricorrenze nello stato sociale o nell’istruzione degli omofobi, non c’è un modello-tipo di omofobo, il fattore comune è l’ignoranza. Spesso nei piccoli paesi c’è meno omofobia, perché si conoscono bene le persone prima di scoprire che sono omosessuali. Chi sente prima, chi percepisce prima che l’omosessuale è una persona, come le altre, accetta immediatamente il fatto che voglia costruire una famiglia con una persona dello stesso sesso ed è solidale con la sua causa.

Le famiglie Arcobaleno e i genitori Agedo, in conclusione, hanno più chiara la relazione che intercorre tra il riconoscimento dei diritti e lo stato di cose attuale: la conquista dei diritti passa attraverso l’empatia, ma la via dell’uscita dalla crisi può passare solo dall’unione di tutti, con un unico intento: crescere insieme, senza occhiali.