Che testi!!!

Quella di ieri sera è stata la tipica serata sanremese. Senza troppi colpi di scena ed emozioni – ad eccezione del suicidio sventato di baudiana memoria -, a tratti anche noiosa. Come di consueto, oltre agli artisti in gara, si sono alternati diversi ospiti con le loro performance, alcune che sfioravano il ridicolo e il kitsch (vedi la Casta), altre invece ben fatte e degne di Sanremo (Cat Stevens, Ligabue). Le canzoni dei primi sette artisti in gara sembrano non aver entusiasmato eccessivamente il pubblico e la critica (esclusa Arisa), un po’ per i testi molto spesso banali e – diciamolo – molto sanremesi, un po’ perché pezzi poco radiofonici, come si suol dire. Sanremo è Sanremo certo ma anche il testo vuole la sua parte, soprattutto se a fine serata sul palco dell’Ariston sale un mostro sacro della canzone cantautorale come Cat Stevens. È probabile che, di fronte a “Peace Train” e “Father and Son”, qualche autore delle canzoni in gara sia impallidito e abbia deciso di darsi all’ippica. Su tutti De André jr. che ha pensato bene di sfigurare proprio nel giorno del ricordo del padre, ben omaggiato dal Liga Nazionale. Oppure Frankie Hi-Nrg e il suo hip-hop/rap un po’ moscio sulla bicicletta (scelta discutibile). O ancora Giusy Ferreri che scopre l’acqua calda cantando: «piangere fa male ma ridere fa bene». Insomma si sono alternate canzoni orecchiabili a esperimenti mal riusciti ed è stato più facile soprassedere per parlare di altro, del comizio di Beppe Grillo o del look degli artisti per esempio. Per parlare di tutto quello che, in effetti, non è Sanremo che, è bene ricordarlo, è pur sempre il Festival della canzone italiana. Giudizio rimandato a questa sera.