Nuova primavera

«Il Pontificato di Papa Francesco è simile a quella Nuova Primavera che il Poverello d’Assisi portò nella Chiesa, nella quale si riflette la lucente brillantezza del Vangelo». Sono le parole di Padre Enzo Fortunato, francescano conventuale, Direttore della Sala stampa del Sacro Convento di Assisi. Un convento visitato ogni anno da sei milioni di pellegrini che si recano nella Basilica di San Francesco. In questo luogo sacro – che assume i colori della perfezione secondo la definizione di Bruce Springsteen – «un saio bianco arrivò ad Assisi» lo scorso 4 ottobre, giorno dedicato al Santo Patrono d’Italia, e «l’emozione fu senza pari». Padre Fortunato rivela l’aspetto francescano del Papa venuto dalla fine del mondo che in meno di un anno ha saputo dare un nuovo volto alla Chiesa. «I cambiamenti fanno parte del cammino di evoluzione della Chiesa, dove c’è una continua riforma, evoluzione e crescita. Ecclesia semper reformanda. La perfezione è cambiare spesso, in questo senso siamo tutti perfettibili e lo saremo fino all’abbraccio definitivo con Dio Padre».

Bergoglio è il primo Pontefice che ha voluto chiamarsi Francesco. Fin dalla scelta del nome l’inizio di una ‘rivoluzione’ evangelica che sta cambiando il corso della Chiesa. Cosa ne pensa?
«”È per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato”. Il Papa con la spiegazione del nome ha tracciato una sintesi della spiritualità francescana che sta animando la vita della Chiesa, della società e la vita dell’uomo. Potremmo applicare a Papa Francesco quello che venne detto dagli storici contemporanei di San Francesco cioè “una nuova primavera nella Chiesa, credenti e non credenti ne sono attratti perché guardano la lucente brillantezza del Vangelo”».

Padre Fortunato, cosa ha provato la sera del 13 marzo 2013 quando ha compreso che il nuovo Papa aveva scelto il nome del Poverello d’Assisi?
«La sera del 13 marzo eravamo a Roma insieme ai mass-media, con la nostra redazione della rivista San Francesco a seguire il Conclave. Avevamo rilasciato un’intervista al Fatto Quotidiano, dove auspicavamo il nome di Francesco per il nuovo Papa. Un desiderio che poteva sembrare utopia e invece la Provvidenza, lo Spirito Santo ha segnato e sta segnando la storia con questo nome. È stata una gioia immensa per tutta la famiglia francescana ma credo per ogni uomo. È soprattutto una responsabilità vivere bene e meglio la propria vocazione».

Nel corso della prima omelia Bergoglio usò il linguaggio di San Francesco. «Non abbiate paura della tenerezza». Cosa intendeva dire il Papa?
«Francesco d’Assisi nei suoi scritti adopera un’espressione “i frati siano madri l’uno per l’altro” e non è solo un’indicazione, una raccomandazione ma è anche l’espressione applicata a Dio nelle lodi e nelle virtù “Tu sei bellezza, tu sei tenerezza”. Questo significa che i rapporti umani, le relazioni debbano essere improntate nella Misericordia. Mi viene in mente una frase tratta da una poesia di Alda Merini che dice che “la mano che assolve è la mano che sta toccando il cuore di Dio”».

Ci lascia un ricordo personale della visita del Papa ad Assisi avvenuta il 4 ottobre 2013?
«Quel giorno indimenticabile un saio bianco arrivò ad Assisi, Francesco incontrò Francesco. Ho commentato insieme al direttore di Avvenire Marco Tarquinio la visita del Santo Padre facendone la cronaca. Il momento più bello, più intimo è stato quello davanti alla tomba di San Francesco nel quale due protagonisti si sono guardati, si sono parlati, nel silenzio. Nella riflessione. È stato un momento di intensa preghiera. Poco tempo dopo Papa Francesco alla luce di una domanda che era stata posta allo stesso Pontefice “Cosa ha chiesto a San Francesco?”, il Papa ha risposto “Ho chiesto il dono della semplicità per me e per tutta la Chiesa”. Questo mi fa venire in mente la definizione di San Francesco che amava dirsi uomo semplice e illetterato. Credo che la semplicità possa rappresentare una ricchezza per l’uomo contemporaneo e che possa essere la strada verso la bellezza».

Anche Giovanni XXIII apparteneva all’Ordine francescano e anche il Papa del sorriso visitò la Basilica di Assisi.
«Certamente e qui, era il 4 ottobre del 1962 il Santo Padre parlò del ‘ben vivere’ di San Francesco perché Egli ci insegnò “come dobbiamo metterci in comunicazione con Dio e con i nostri simili”. Giovanni XXIII voleva dire che il Santo ha saputo instaurare un rapporto cordiale con tutto e con tutti».

«Alla guerra e ai conflitti vogliamo contrapporre con umiltà, ma anche con vigore, lo spettacolo della nostra concordia…». Per quale motivo nel 1993 apparve profetico il discorso di Giovanni Paolo II pronunciato ad Assisi?
«Perché solo il dialogo può permettere di abbattere le mura dell’odio, della diffidenza per aprire la  strada alla condivisione, alla reciprocità e alla solidarietà».

Nel Suo libro Vado da Francesco (Mondadori 2014) è impressionante l’elenco di uomini e donne, poveri e potenti, che hanno bussato al Convento di Assisi. Di tutti questi pellegrini, chi l’ha più emozionato?
«Tutti hanno lasciato un piccolo segno della loro presenza attraverso la manifestazione di quella tensione spirituale che portavano nel cuore: Madre Teresa di Calcutta, Lech Walesa, Michail Gorbaciov, Tareq Aziz, Ingrid Betancourt, Luca Zaia, il primo leghista a entrare nel Sacro Convento d’Assisi. Lucio Dalla che mi confidò di sentirsi anche lui un giullare come Francesco, Renato Zero, Andrea Bocelli, il piccolo diavolo Roberto Benigni e molti altri. Forse tra gli incontri più belli quello con Danilo che parla con gli occhi e con il cuore, quello con Rosario e Giovanna, il marito che accompagnava la moglie paralizzata, i loro volti emanavano bontà e sorriso. Io credo che abbiamo bisogno di questi volti dove la bontà si legge nei gesti prima che nelle parole. Molti pellegrini dopo aver visitato la Basilica si fermano a parlare con noi ponendoci le domande più svariate: dal significato della propria esistenza, a come raggiungere la pace del cuore».

Francesco e i suoi compagni hanno camminato per le strade del mondo «non si sono fermati alla Porziuncola». Nella Sua veste di responsabile della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, quanto ritiene importante la comunicazione nella missione evangelica del Terzo Millennio?
«Potremmo fare nostra l’affermazione di Papa Francesco “preferisco una Chiesa da campo”, ciò significa che dobbiamo annunciare, prima ancora testimoniare, la bellezza del Vangelo».

Il Papa ha detto che «Internet è un dono di Dio». Lei che ne pensa?
«Io penso che sia una grande opportunità e come ogni opportunità ha anche i suoi rischi. Siamo collegati uno all’altro, ma dietro alle reti ci sono le persone».

Nell’intervista che Bergoglio ha concesso al Corriere della Sera, il Papa ha affrontato il problema spinoso dei divorziati “i giovani si sposano poco. Vi sono molte famiglie separate nelle quali il progetto di vita comune è fallito. I figli soffrono molto. Noi dobbiamo dare una risposta”. Ci lascia una Sua opinione al riguardo?
«Aspettiamo le indicazioni che verranno il prossimo ottobre dal Sinodo straordinario sulla famiglia, sicuramente sapranno sorprenderci come ci ha sorpreso il Conclave con il nuovo Papa di nome Francesco».