Spesa slow

Cosa metto nel carrello? Le ruote girano lente tra i bancali e il consumatore si aggira immerso in una riflessione profonda. L’Osservatorio Fedeltà dell’Università degli studi di Parma nel 2013 ha studiato le abitudini di spesa di un migliaio di persone e ha scoperto che rispetto a sei anni fa il consumatore impiega in media 6 minuti in più – il 20% – per decidere cosa comprare. Prima della crisi si poteva spendere con maggiore leggerezza, nel 2014 muoversi tra i reparti di un supermercato è un impegno quasi professionale e non a caso si parla di “working shopper”. Ma se la spesa diventa riflessiva, come muta il consumatore?

Spesa virtuosa.
 “La frugalità – spiega Stefano Masini, responsabile dell’Area ambiente e territorio di Coldiretti – si lega alla riduzione dello spreco e mi sembra un atteggiamento ormai di fondo. È la virtù di una società che valuta come il consumo di cibo sia la fase terminale di una catena che ha le sue radici nell’ambiente”. Un’indagine di Censis e Confederazione italiana agricoltori (Cia) presentata lo scorso 26 febbraio nel corso della VI Assemblea elettiva Cia rileva che “la maggioranza degli italiani ha ormai fatto proprio uno stile d’acquisto improntato al risparmio e alla morigeratezza” che si traduce in un 85% di persone che cercano di “spendere meglio rispetto a prima” e in un 20% “disposto a spendere molto pur di acquistare prodotti agroalimentari d’eccellenza” (il 41% degli intervistati ha acquistato negli ultimi sei mesi frutta e verdura biologica, il 33% carne da allevamenti biologici). Da un altro punto di vista i numeri forniti da Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) e “Unioncamere” a partire dall’analisi dei consumi 2013 evidenziano come questi siano in calo nelle famiglie italiane e soprattutto come, nel confronto tra spesa alimentare e volumi, sia soprattutto la prima a diminuire, in media del 4% contro il 2%, “segno di una ricerca da parte dei consumatori di occasioni di risparmio” che pare un fare di necessità virtù. “Un primo quadrante d’analisi è la crisi – dichiara Masini – la perdita di potere economico dei consumatori e la conseguente attenzione al risparmio. Un altro quadrante è speculare, la necessità di redistribuire meglio la proprie risorse porta a ridurre lo spreco. Questo vuol dire porsi davanti allo scaffale con una maggiore attenzione ad esempio rispetto alle etichette, alla data di scadenza, alle porzioni, alla scelta della migliore offerta. Infine c’è una ricerca attenta del luogo d’acquisto: la frequentazione di mercati diretti degli agricoltori segnala un recupero di attenzione al prezzo accanto a un’aspettativa di qualità”.

Il pollice verde perduto. Il ridursi del potere d’acquisto ha costretto a ripensare le scelte in ogni ambito, ma se è possibile rinunciare a un vestito, non altrettanto si può fare con il cibo e questo ha portato a sviluppare un nuovo stile di spesa. “Consumare – prosegue Masini – è diventato un mestiere e richiede maggiore consapevolezza, informazione. Oggi chi consuma ha delle idee precise, non solo legate alla pubblicità, ma anche alla lettura”. Una forma mentis più consapevole e frugale che potrebbe sopravvivere alla contingenza economica e configurarsi come recupero di una cultura agricola smarrita: “Cresce la consapevolezza – argomenta Masini – ma rispetto ai prodotti alimentari scontiamo un deficit antropologico. Due generazioni fa la maggior parte della popolazione era legata al lavoro agricolo, c’era una grande conoscenza. Oggi la popolazione agricola è inferiore alle due cifre percentuali. I consumatori non sono più capaci di riconoscere se la frutta è di stagione o se un animale è stato allevato o meno in gabbia a partire dall’osservazione della carne. Da questo punto di vista il consumatore è sì più consapevole e informato, ma si sono perse queste conoscenze istintive”.

Assistenza tecnologica. Se le mani dei più giovani non hanno sperimentato il contatto diretto con la terra, possiedono pur sempre maggiore dimestichezza con le tastiere touchscreen. Le applicazioni per smartphone che aiutano nella spesa sono numerose, da quella che trasforma il telefono in un lettore di codici a barre (Barcode scanner) a quella che geolocalizza il supermercato più vicino dove i prodotti ricercati costano meno (Spesamente o Risparmio Super), per passare a quella che indica qual è la frutta di stagione e addirittura se per un certo frutto in commercio si è trattata di una buona annata o meno (Best Fruit Now). Anche questo fiorire è indizio di una cultura della spesa che muta. “L’uso delle nuove tecnologie – commenta Masini – in termini percentuali è un fenomeno che può crescere, ma che riguarda per lo più un pubblico giovanile, per il quale il cibo diventa anche motivo di svago, di scelta culturale”. Di riscoperta.