Il grido e la morte

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato» (Vedi Vangelo di Giovanni 11, 1-45. Per leggere i testi di domenica 6 aprile, quinta di quaresiam, clicca qui).

UN AMICO È MORTO

Gesù è amico di Lazzaro e gli vuole bene. L’affetto di Gesù per Lazzaro è sottolineato diverse volte nel brano. Gesù, dunque viene avvisato, sa che l’amico sta male ma, stranamente, non decide di andare a trovarlo. Si capisce subito, fin dalle prime battute del racconto, che l’interesse di Giovanni è, ancora una volta, non per ciò che Gesù farà (se fosse solo questo Gesù si sarebbe precipitato da Lazzaro), ma il senso di quello che farà (e questo senso diventerà evidente proprio a seguito del ritardo di Gesù e della morte dell’amico).

Quando Gesù, alla fine, arriva, deve confrontarsi con le reazioni delle due sorelle di fronte alla morte: la paralisi di Maria che resta ferma in casa, il dinamismo di Marta che corre incontro a Gesù. Marta ha la fede semplice: semplicemente si aspettava una guarigione. Non è ancora arrivata alla fede pasquale che invece è abbandono al Signore che non dà una guarigione, ma la vittoria sulla morte stessa. Anche la speranza della risurrezione nell’ultimo giorno non è ancora la fede pasquale. Marta sta arrancando dietro le cose che sa già, non riesce ad approdare al nuovo… Gesù le risponde proclamando che non solo egli dà la vita ma è la vita. Proprio per questo è anche la risurrezione. La speranza della vita che è Gesù, è possibile solo abbandonandosi totalmente a Lui. Marta, stressata dalla morte, piena di angoscia, presa per mano dal Signore, arriva, finalmente, alla solenne affermazione di fede: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

IL PIANTO DI GESÙ

E’ come la premessa necessaria per quello che avverrà subito dopo, al sepolcro. Intanto Gesù, lui che è la risurrezione e la vita, di fronte al dolore delle sorelle e degli altri che erano con loro, si commuove. I termini che descrivono la reazione di Gesù indicano una commozione profonda, intensissima.

Poi si reca al sepolcro. Gesù aveva detto, nello stesso vangelo di Giovanni: In verità, in verità vi dico: è venuto il momento ed è questo in cui i morti udranno la voce del Figlio dell’uomo e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno”. Gesù prega: la vittoria sulla morte “viene dall’alto”. Poi grida: deve farsi sentire nel buco profondo della morte. Poi ordina agli altri di slegare il morto. Loro avevano un’idea errata della morte, loro devono prendere atto della novità di quello che è avvenuto.

Gesù piange. Segno straziante e bellissimo. Ed è interessante anche notare che Gesù piange nel vedere piangere Marta, Maria e gli altri: è davvero il pianto dell’amico. Eppure Gesù non si era affrettato a correre al capezzale di Lazzaro. Perché? Gesù può esserci vicino per darci la vita se ci è vicino ad accogliere la morte. Egli lascia che la morte faccia il suo corso. Il suo intervento non è per eliminare la malattia o la stessa morte di Lazzaro, ma per dare un senso a ogni morte. O esiste la possibilità di una risposta a ogni morte o non ne esiste nessuna.

LA FEDE NEGLI INTERSTIZI DOLOROSI

Ma perché questa possibilità si realizzi è necessario avere la fede di Marta e Maria. Proviamo a immaginare il tempo che passa tra l’assicurazione di Gesù e il momento della chiamata alla vita di Lazzaro, il tempo del percorso dalla casa al sepolcro. Le due sorelle hanno dichiarato la loro fede, ma non sanno ancora quello che capiterà. E’ lo stesso spazio del cieco nato, mentre si avvia verso la piscina per lavarsi: obbedisce a Gesù ma non sa che cosa gli succederà alla piscina, lo spazio di Giairo, che sa che la sua bambina è morta ma non sa ancora che Gesù la farà risorgere. È lo spazio dell’obbedienza della fede. È lì che si accoglie Gesù come salvatore, che salva sempre e che salva tutti. La vera risposta per Lazzaro non è morire una seconda volta, dopo qualche anno, ma non morire più. E questo lo ottiene solo con la fede.