Dentro l’arca

Una porta a scorrimento e su di essa, una bimba, neonata o non ancora nata, sospesa e protetta da fibre di un azzurro luminoso in un vuoto dal quale viene levata grazie all’atto creatore di Dio.  Ecco come si viene introdotti alla preghiera nella piccola cappella dell’oratorio San Giovanni Battista, realizzata nel 2006, dall’artista Giovanni Bonaldi con l’architetto Paolo Pelliccioli e con la collaborazione di don Davide Rota e don Giovanni Coffetti.

Uno spazio d’incontro per ragazzi dove, come ricorda l’artista, «colui che vi accede, è disposto ad aprirsi, a lasciarsi formare. […] Ogni essere umano, immerso in questo spazio, impara a dialogare con l’Eterno e con se stesso; lascia che avvenga in lui quella trasformazione interiore dove materia e spirito si ricompongano in una unità di luce».

I colori dell’ingresso richiamano immediatamente anche ad un’altra dimensione di questa cappella: il forte legame con la cultura ebraica, il cui popolo indossa uno scialle azzurro e bianco proprio nel momento del dialogo con il Signore. L’artista infatti, da molto tempo impegnato nel dialogo ebraico-cristiano attraverso l’arte, ha cercato, in questo spazio, di mettere in dialogo le due religioni. «Il mio intento è stato anche quello di far rivivere nei miei lavori l’alfabeto ebraico, la cultura dei nostri fratelli maggiori. Gesù, ebreo per eccellenza, figlio di Dio, si è manifestato a noi come incarnazione del verbo; la parola diventa sigillo di fuoco che racchiude i segreti significati della natura umana in relazione all’universo e all’Amore del Padre», racconta ancora Giovanni Bonaldi.

IL CAMMINO SACRAMENTALE

All’interno, la sensazione è quella di essere avvolti in un caldo abbraccio grazie alla copertura di legno che riveste un lato della cappella e di essere indirizzati verso la mensa eucaristica, punto focale delle linee tracciate sul pavimento. Linee che al contempo si spingono a toccare altri tre segni, che richiamano, con il primo, i quattro sacramenti dell’iniziazione cristiana.

Un luogo che cristallizza dunque il cammino di fede e l’impegno formativo dell’oratorio stesso. Entrando, infatti, l’accoglienza è segnata dalla pila battesimale, un cilindro trasparente al cui interno è contenuta la parola ebraica acqua e un piccolo volto d’argilla: il battesimo, togliendo l’uomo dal peccato, lo ricrea e lo rimodella, ponendolo in una nuova luce come quella che abbraccia dall’alto chi entra nella cappella.

Poco discosto è l’angolo della confessione che, semplice e austero, invita al dialogo e all’incontro fiducioso con Dio.  Il segno della Cresima è invece appeso dietro l’ambone e dialoga con esso. Di nuovo un cilindro che custodisce il bambino dell’ingresso, rigenerato dal battesimo, e confermato ora dal fuoco della Pentecoste e dai sette doni dello Spirito Santo, sette come i colori dell’arcobaleno. Un riferimento al fuoco che viene ripreso dall’ambone, costruito nelle forme di «vela di una nave sospinta dal vento». La Parola di Dio che come vento sospinge la Chiesa, rappresentata dalla cappella stessa, è anche fuoco divorante: per questo nella nicchia un fondale di fuoco rosso scuro accoglie il libro della Sacra Scrittura aperto su due lettere ebraiche che indicano proprio la parola fuoco.

In ultimo, l’altare contiene l’evocazione del mistero eucaristico in una colonna rossa sezionata per mostrare una deposito blu sospeso nello splendore dell’oro. La luce, il sangue e il cielo sono qui richiamati per ricordare la nuova unione tra Dio e l’uomo attraverso la fisicità del Figlio incarnato.

IL PERCORSO DELLA FEDE

Un mistero, quello celebrato sulla mensa, che viene glorificato dalle trasparenze e dai riverberi di luce delle due vetrate che lo incorniciano. Premessa al sacrificio eucaristico è la vetrata di destra dove dal libro aperto della Parola di Dio nasce una spirale, un vortice luminoso che solleva l’uomo e la donna e li trascina all’interno di quella creazione da accogliere e custodire. Conclusione invece risulta essere la vetrata di sinistra, dove ritroviamo di nuovo la silhouette di quel bambino che vuole rappresentare ognuno di noi, rivestito di luce e di ombra. Una figura ancora carica di impurità che attende di purificarsi proprio nell’atto dell’incontro con Lui nella preghiera. «Ma c’è anche un impegno serio al quale Dio ci chiama – ricorda don Davide Rota –vivere in pienezza il nostro essere uomini e cristiani (l’uovo, in basso a sinistra) e agire da veri figli di Dio (la mano, in basso a destra), da nuove creature guidati nella fede e nella speranza dalla nuova legge che è l’amore. Una splendida notizia per i ragazzi e i giovani dell’oratorio, ma anche un impegnativo programma di vita che stranamente fa paura a tanti genitori ed educatori che vi rinunciano lasciando così campo libero alla cultura attuale di esasperato consumismo, individualismo e basso profilo morale che produce i suoi disastrosi risultati nell’animo di gente creata per le cose grandi, profonde e alte, e non si fida di Dio che non solo ha vinto il male ma spiana davanti ai suoi il cammino del bene».

Uno spazio questo che dunque non vuole essere soltanto luogo di meditazione e preghiera ma evidenziare un cammino, quello di ogni ragazzo che si accosta cresce nella fede, e quello di ogni cristiano il cui percorso non si interrompe ma è caratterizzato da una ricerca sempre nuova, nel sostegno dei più piccoli.