Papi santi e pregiudizi

Il parroco di Belsito, in questi giorni delle entusiasmanti canonizzazioni di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II, era stranamente giù di corda, anzi, se devo dirla tutta, era proprio avvilito.

IL PARROCO DI BELSITO È DELUSO

Leggendo i giornali (anche i giornaloni nazionali), non perdendo quasi nessuna trasmissione televisiva e andando anche a spulciare su facebook (sa fare perfino quello, lui), ha trovato con sorpresa che il suo entusiasmo per lo straordinario evento era ben lontano dall’essere universalmente condiviso e così pure la sua felicità per quella che egli riteneva l’ennesima, incontestabile dimostrazione, di quanto il cattolicesimo sia, come canta il Manzoni, una «bella, immortal, benefica fede».

«Come è possibile?» mi chiese con un’infinita tristezza negli occhi, che strinse il cuore anche a me.

Evidentemente il mio amico è ancora un puro, quasi perfino un ingenuo. Io, che però son passato da giovane per la stessa dolorosa incapacità di comprendere e di accettare il peccato contro la luce, ma che poi, riflettendo ho imparato a sopportare, ho cercato di incoraggiarlo.

NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE

Senti! – gli ho detto- Innanzi tutto non lasciarti turbare da quei calcolatori, fini come rinoceronti, che si son chiesti quanto è costata la canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II alla città di Roma e allo Stato italiano. Per rendersi conto della grossolanità della loro domanda basta che pensino al milione (dico un milione) di euro che i pellegrini han lasciato nell’Urbe per un solo caffè a testa.

Andando avanti però ti imbatterai con sempre maggior frequenza in un esercito di altri avversari di questo genere di manifestazioni, insofferenti fino all’ostinazione per tutto ciò che sa di spirituale, di religioso e, in particolare, di cattolico. Per quanta sofferenza possa causarti, l’atteggiamento di queste persone e dei loro gruppi è libertà. Davanti a questi attacchi, che possono arrivare fino alla persecuzione della Chiesa, devi solo ricordare quello che scriveva S. Pietro nella sua Prima Lettera (4, 12s): «Carissimi, non siate sorpresi per l’incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Anzi, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore. Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome».

EGREGI PER NASCITA

Poi – continuai con l’amico parroco – ci sono quelli che, come sai, io chiamo “egregi per nascita”, i quali sono immancabilmente portati a distinguersi dagli altri (egregio significa appunto “fuori del gregge”). Per questi, l’opporsi al consenso generale è il massimo della goduria. Figurati quando il consenso da cui possono distinguersi è mondiale. Questi puoi lasciarli perdere senza rimorsi, perché il loro condizionamento è irresistibile, (è il famoso riflesso pavloviano), tanto che, se tutti dovessero dire che essi sono “i migliori”, non sarebbero d’accordo.

Infine ci sono quelli che cantano fuori del coro non per allergia alla musica sacra e nemmeno per nativo spirito di contraddizione, ma per motivi seriamente scientifici, per cui il non tener conto della loro funzione critica sarebbe un clamoroso indizio di vero e proprio oscurantismo.

(Qui in parroco di Belsito non aveva più parole in bocca, il che lo amareggiava anche di più. Si domandava come la scienza storiografica potesse guastare senza possibilità di obiezione quello che a lui invece dava tanta gioia. Ma d’altra parte la scienza è la scienza).

O SOLE MIO!

Lo consolai facendogli semplicemente notare che gli scienziati ci assicurano incontestabilmente che il sole ha le macchie, le famose macchie solari. Non occorre più Galileo Galilei. Ora anche un ragazzino delle elementari può vederle con l’ausilio di un vetrino annerito di fuliggine. Ma questa scoperta non sarà mai tale da riuscire a far passare per scemi noi e tutti poeti del mondo se continuiamo a cantare a squarciagola: “O sole mio”…