Una cupola di libri

Ernesto Ferrero, direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro che si svolgerà a Torino dall’8 al 12 maggio nella XXVII Edizione, dichiara: «La partecipazione della Santa Sede al Salone del Libro cade in un momento particolarmente felice non solo per la Chiesa ma per l’intera comunità, perché la speranza che ha acceso Papa Francesco è grande e ancora una volta si fonda sulla parola. Mi sembra che il Santo Padre abbia restituito alla parola la sua pregnanza, la sua sostanza, la sua forza e anche la sua semplicità, che è una connotazione molto importante». Ospite d’onore della manifestazione è la Santa Sede e «il felice avvento di Papa Francesco ha dato al Salone del Libro un nuovo slancio, una nuova vivacità e un nuovo calore» ha precisato lo scrittore e critico letterario. La popolarità di Bergoglio è talmente grande che gli organizzatori hanno dovuto allestire una sala speciale «dedicata ai volumi di e su Papa Francesco». Ferrero ci anticipa l’allestimento del Padiglione 3, riservato alla Santa Sede, riconoscibile perché tra le tante sorprese «il pavimento riproduce il selciato di Piazza San Pietro». Fitto il cartellone di eventi dedicati alla religiosità e alla spiritualità nella nuova edizione del Salone, dalla quale «si esce più tonificati, più rinfrancati e più speranzosi, perché questo è l’effetto che fa la conoscenza reale. Un effetto lievemente euforizzante».

Dottor Ferrero la Santa Sede è l’Ospite d’Onore del Salone Internazionale del Libro di Torino. C’è qualche nesso con il fatto che il tema conduttore della manifestazione è il Bene “nelle sue implicazioni filosofiche, etiche, storiche, letterarie e neuroscientifiche” come ha specificato Rolando Picchioni, presidente della Fondazione per il Libro?
“In realtà avevamo pensato a questo tema ancora prima di avere la conferma della graditissima partecipazione della Santa Sede che ovviamente ci onora, perché siamo partiti dalla considerazione elementare che quella che stiamo attraversando a livello mondiale, non solo in Italia, ci sembra essere una crisi morale e culturale. Si tratta in un primo luogo di ricominciare a fissare dei paletti, a operare delle distinzioni, perché questa volontà di distinguere sia molto calata negli ultimi tempi. Distinguere con chiarezza e affermarlo con nettezza quel che è Bene da quel che è Male. Soprattutto nel senso dell’etica pubblica, del fare per gli altri e con gli altri, perché ovviamente nessuno può pensare di salvarsi da solo. Siamo partiti da qui, dalla necessità di capire oggi dove devono correre i confini dell’etica pubblica e privata per passare poi alle cose da fare, a un’agenda concreta che investe tanti temi. Per esempio la bioetica che ha infinite sfaccettature, su cui tanto si discute, la gestione dei beni comuni, cosa s’intende per bene comune e come devono essere gestiti, anche qui c’è una grossa discussione. La stessa pratica di democrazia che mi sembra offuscata pure quella, l’economia, la finanza, la giustizia. Di carne al fuoco ce n’è veramente tanta e di questo dibatteremo in questi giorni”.

Nella decisione di avere come “Guest Star” la Santa Sede ha influito il carisma e il pontificato rivoluzionario di Papa Francesco?
“Questa trattativa in realtà era stata avviata da anni, ha subito da ultimo un’accelerazione perché in un primo tempo si guardava al 2015 per la partecipazione della Santa Sede, poi abbiamo pensato d’accordo con il Vaticano che nel 2015 ci sarebbero stati un ingorgo di eventi qui a Torino (tra i quali l’esposizione della Sacra Sindone) che avrebbero creato un sovraffollamento. Quindi si è deciso di anticipare”.

Quali saranno i ruoli che avranno all’interno della manifestazione culturale rispettivamente Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e Don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana?
“Il cardinal Ravasi terrà venerdì 9 maggio un attesissimo dialogo con Claudio Magris sui modi con cui la Chiesa esercita il suo magistero. Quanto a Don Giuseppe Costa ci farà scoprire attraverso un’esposizione molto vasta e articolata le moltissime e benemerite pubblicazioni della Libreria Editrice Vaticana soprattutto a beneficio dei non credenti, i quali magari non sono così informati e potranno invece trovare a Torino un’esposizione molto vasta di queste pubblicazioni. Ci sarà anche un convegno internazionale sull’editoria religiosa”.

Ci regala qualche anticipazione riguardo allo spazio espositivo del Padiglione 3, sede del Paese ospite, che avrà un allestimento particolare?
“C’è molta attesa per il Padiglione 3 che sarà molto suggestivo perché riproduce Piazza San Pietro nell’originario progetto del Bramante del quale ricorrono i 500 anni della scomparsa. Ci sarà il Cupolone fatto di libri, mentre il pavimento riprodurrà il selciato di Piazza San Pietro. Lo spazio espositivo inoltre sarà arricchito da una serie di opere provenienti dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, come ad esempio il manoscritto originale dell’Inferno di Dante illustrato da Sandro Botticelli, oppure da un altro manoscritto originale dell’Iliade in greco con il testo latino a fronte. Ancora, un libro d’oro originale, la Bibbia urbinate, autografi del Petrarca, di Federico II, altri documenti di grande interesse vengono dall’Archivio segreto vaticano, ci sono delle lettere autografe di Carlo Alberto di Savoia a Pio IX, di Camillo Benso Conte di Cavour al Reggente della Nunziatura Apostolica di Torino e altre opere provenienti dai Musei Vaticani, litografie, frammenti marmorei, libri rari e preziosi. Sono tutti reperti di grande valore che contribuiranno all’interesse di questo spazio”.

Quali novità quest’anno saranno presenti in Fiera?
“Cerchiamo di essere fedeli alla nostra tradizione e nello stesso tempo di proporre delle innovazioni, di essere attenti ai cambiamenti che viviamo. Quest’anno abbiamo dedicato il Padiglione 1 alla piccola editoria indipendente che chiamiamo di progetto, di qualità. Vorremo valorizzare l’ottimo artigianato, questa capacità di fare le cose con grande dedizione e rigore che è uno dei patrimoni che hanno fatto grande la tradizione italiana. Lo diceva Italo Calvino trent’anni fa: tentare prevalentemente le imprese difficili, quello che ci impegna a fondo. Si può uscire da una crisi come questa solo puntando strenuamente sulla qualità, senza questo non si va da nessuna parte, non solo qui al Salone del libro ma in ogni attività umana. Questo dobbiamo tornare a fare contro ogni superficialità e ogni approssimazione. In un momento come questo dobbiamo ritornare a pensare e a lavorare nel modo migliore di cui siamo capaci. Tornando alle novità, Andrea Carandini presenterà il suo nuovo libro dedicato a San Pietro ricostruendone la figura per molti versi ancora misteriosa approfittando delle sue competenze di archeologo e unendole a una lettura dei testi. Dacia Maraini presenterà il suo libro su Chiara d’Assisi, un altro evento parlerà del modo in cui il messaggio papale va per il mondo con una serie di esperti della comunicazione. La presenza della Santa Sede pervade e arricchisce l’intero programma del Salone”.

Secondo un’indagine pubblicata dalla Commissione Europea, basata su 26mila interviste condotte fra i 27 Paesi dell’Unione, gli italiani che non nutrono alcun interesse culturale sono passati in sei anni dal 40 al 49 per cento. Quali secondo Lei gli strumenti per invertire questa desolante tendenza?
“Sì, questo è un problema enorme perché quando la metà della popolazione non ha interessi culturali, vuol dire che non ha strumenti per partecipare in modo attivo e critico alla vita collettiva. Occorre ripartire dalle famiglie e dalla scuola. Marx si domandava: Chi educherà gli educatori? Quindi: Chi riporterà le famiglie a svolgere il ruolo formativo e educativo che compete loro? Questa è un’impresa terribile perché questa crisi morale da qualche parte salta fuori. L’educazione non si fa con le parole, si fa con i comportamenti. I figli vedono quello che i genitori fanno e si comportano di conseguenza. Evidentemente ci deve essere stato un deficit, quindi i figli assimilano dei comportamenti censurabili. Poi c’è la scuola, malgrado ci siano tanti validi insegnanti, occorrerebbe un progetto che restituisse alla scuola la capacità di formare dei cittadini consapevoli. Sono problemi enormi che riguardano l’intera società, che richiederebbero dei politici disinteressati e capaci di progettare nel medio e lungo periodo. Ecco questo mi sembra il vero problema dell’Italia che negli anni ha perso la capacità di capire e realizzare quello che vogliamo diventare, dove dobbiamo andare e cosa dobbiamo fare per crescere. Qui c’è stato un gravissimo deficit progettuale di cui siamo tutti responsabili”.

L’ultimo rapporto Nielsen sull’acquisto e la lettura in Italia ha rilevato che dal 2011 al 2013 la percentuale dei lettori è scesa dal 49% al 43% della popolazione e quella degli acquirenti dal 44 al 37%. Il rapporto ha inoltre evidenziato che sono crollati i lettori laureati tra i 35 e i 44 anni, soprattutto di sesso maschile. Che fare?
“Questo si ricollega al discorso che facevamo prima. Bisogna ripartire dall’inizio sapendo che sarà un lavoro di ricostruzione di anni. Noi per esempio come Salone appoggiamo il progetto “Nati per leggere” che vuole coinvolgere le famiglie nella lettura ad alta voce i bambini in età prescolare. È stato dimostrato scientificamente che questo crea non solo dei futuri lettori ma migliora il rapporto genitori/figli. Una grande campagna nazionale non costerebbe niente. C’è da dire che a volte la scuola invece di creare il piacere della lettura lo spegne, perché tutta mirata sugli esercizi, un apparato vagamente poliziesco che fa passare la voglia di leggere. Noi da anni promuoviamo il progetto “Adotta uno scrittore”, una ventina di classi degli istituti superiori piemontesi ospitano degli scrittori almeno tre volte in primavera per un dialogo a tutto campo. Queste sono occasioni bellissime che dimostrano che se tu dai ai ragazzi gli stimoli giusti ottieni delle grandissime risposte. Si tratta di seminare prima di raccogliere, certo se non semini, non raccogli”.

Di fronte a tutti questi dati negativi invece il Salone del Libro lo scorso anno ha fatto registrare un aumento di visitatori del 7%. Siamo dunque di fronte a un’anomalia?
“In un certo senso sì, è una specie di paradosso. È vero che sono diminuite le vendite in libreria a causa della crisi economica ma sono aumentate le frequentazioni nelle pubbliche biblioteche. Quindi c’è ancora la voglia di leggere, che questa voglia esiste è una dimostrazione il Salone del Libro, dove arrivano tutti gli anni più di 300mila visitatori e sono addirittura in crescita, i quali non solo vanno a frugare nei cataloghi degli editori grandi o piccoli, direi soprattutto dei piccoli che poi hanno un accesso più difficile in libreria, ma partecipano con grande attenzione e partecipazione a questo sterminato cartellone di incontri. Si vuole saperne e capirne di più. Il Salone del Libro è una bella palestra per tutti, per noi organizzatori, per gli editori, per i librai e per i lettori. Tutti usciamo più tonificati, più rinfrancati e più speranzosi, perché questo è l’effetto che fa la conoscenza reale. Un effetto lievemente euforizzante”.

Per informazioni sulla XXVII Edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino:

www.salonelibro.it