Politica in parrocchia

La politica divide i Consigli pastorali? Aboliamoli! Il Parroco di Belsito non condivide la soluzione, ma confessa di averla praticata almeno una volta. La misura radicale è tanto efficace quanto quella di spezzare il termometro per guarire la febbre. “Edificare sempre di più una comunità secondo il Vangelo” deve prendere atto del fatto che laddove c’è una comunità umana, là c’è la politica.

LA POLITICA È DIVISIONE

Ora, la politica è divisione, è “diabolein” (gettarsi in mezzo per dividere); insomma, c’entra con il “diavolo”. Che significa, dunque, “la politica in Parrocchia”? Fino agli anni ’90 del secolo scorso era chiaro: “politica” è ciò che difende gli interessi spirituali e materiali della Parrocchia e della Chiesa. La politica era un’ancella al servizio della fede. E la parrocchia contraccambiava, diventando ancella elettorale del partito che si proponeva di difendere (?!) la fede. Questo riflesso condizionato non è venuto meno neppure dopo la fine del partito dei cattolici. Da allora, non i Consigli pastorali, ma i vescovi e i preti hanno di volta in volta investito sui più disparati e talora improbabili “defensores fidei”; di loro e di chi li ha scelti qui tacere è bello. La politica ha diviso il Clero, prima che i Consigli pastorali.

LE DUE CITTÀ DI AGOSTINO

È qui, pertanto, che bisogna scavare con radicalità: cos’è la politica per un cristiano? Dobbiamo a Sant’Agostino la teoria delle due Città, quella dell’uomo e quella di Dio, in perenne e instabile dialettica tra di loro. Per il pensiero greco-romano la Città è una sola, quella dell’uomo; pertanto lo Stato è uno Stato etico. Il cristianesimo introduce una distanza critica, uno sguardo profetico ed escatologico. Di qui le persecuzioni. L’avvento della lunga epoca costantiniana ha fatto saltare la dialettica agostiniana: la Città è una sola, quella di Dio, la Chiesa si compenetra con l’Impero, lo Stato diventa teocratico. È la teoria di papa Gelasio: alla Chiesa l’auctoritas legislativa, all’Imperatore la potestas esecutiva. Il Concilio Vaticano II ha posto fine all’epoca costantiniana, ma non nella Chiesa italiana. Che la politica sia divisiva è una condizione storica: gli esseri umani sono mossi da interessi, passioni, valori diversi. Perciò, tenere la politica alla larga dalle comunità parrocchiali è una conseguenza angelistica assai più larga delle premesse. Nella visione agostiniana, la Città dell’uomo è una città ferita, perché la natura umana è sauciata. Ma è una Città nella pienezza della propria autofondazione.

RONCALLI E LA CURA DELLE FERITE

Qual è il ruolo dell’Ecclesia dei cristiani nella Città dell’uomo? Non è quello di governare, in quanto cristiani, la Città – la politica consiste essenzialmente nel governo – ma di curarne le ferite: “ospedale da campo”, come ha detto Papa Francesco; “non unguenti per il Cristo morto, ma bende per i feriti”, come disse negli anni della guerra Mons. Roncalli. È quello di affermare le ragioni della non-violenza, della solidarietà, della legalità. È quello di denunciare profeticamente – il profeta non prevede il futuro, dice verità scomode sul presente – le strutture di peccato. È quello di tenere aperta la coscienza della finitudine umana e del limite in un contesto di cultura dell’onnipotenza e di vigilare sul potere degli uomini di piegare altri uomini. In una parola: contribuire alla “fioritura umana” delle comunità. Il compito della Chiesa non è quello di sostituire un potere cattivo con un potere buono, ma quello di promuovere incessantemente la conversione del cuore dell’uomo. Si tratta di difendere le ragioni dell’umano contro tentativi ricorrenti di ridurre l’uomo da fine a mezzo. Solo un esempio: pagare le tasse è o no il fondamento delle comunità umane solidali? Eppure molti sedicenti cattolici bergamaschi sono tanto generosamente disponibili a elemosine e donazioni quanto pronti ad evadere le tasse. Può la Parrocchia evitare di impegnarsi concretamente nella costruzione pratica dell’etica pubblica? In questa prospettiva, non è affatto uno scandalo che i cristiani si dividano sulla scelta dei mezzi, se insieme sono all’avanguardia nel difendere i fini. Far crescere una società civile sempre più civile: questa la missione. Si tratta di un indispensabile lavoro di retrovia. Solo cambiando il cuore dell’uomo si può pensare di cambiare la politica e le istituzioni.