Laici e laici

Il termine laico è uno dei più inflazionati sui media, ma anche uno dei più equivoci; ha, cioè, a seconda di chi lo usa o del contesto in cui viene usato, i significati più diversi, a volte perfino contraddittori.

Laico è, per esempio, il sagrista della mia parrocchia, ma laico si proclama anche Pannella, che con il mio sagrista ha in comune probabilmente solo l’appartenenza al genere umano.

Gli equivoci che nascono da questa confusione sul termine laico sono facilmente immaginabili. Promozione dei laici è stato uno degli obbiettivi principali del Concilio Vaticano II, mentre d’altra parte le leggi sul divorzio e sull’aborto sono state sbandierate come loro prime vittorie dai laici alla Pannella.

LA CONFUSIONE DI SUOR GIULIVA

Si pensi al disorientamento della candida Suor Giuliva, quando, dopo aver sentito da tutti i pulpiti e in tutti i toni che si deve dare spazio ai laici, sente annunciare dai vari TG che i laici stanno dandosi da fare perché la “civilissima” legge sul divorzio sia resa più larga e quindi ancora più civile.

Il fatto è che dire laico così nudo e crudo non basta; è un aggettivo generico e, a ben guardare, di scarso contenuto. Ma c’è di più: dire laico per Pannella, Scalfari, o Flores d’Arcais significa non clericale, non confessionale non dogmatico… Tutti termini, come si può ben vedere, di segno negativo per via di quel “non”. Anche il sinonimo indipendente, portato avanti da qualcuno come definizione affermativa di laico è pure, in realtà, un termine negativo; sta infatti per non dipendente.

Qualcosa del genere avviene, a dire il vero, anche nel linguaggio ecclesiastico, in cui laico sta per non chierico, cioè non appartenente al clero.

Il procedere per via di negazione però, è sterile, perché si limita a sgombrare il terreno senza però avanzare nemmeno di un passo e poi cento negazioni non fanno una sola affermazione; oppure è un imbroglio, perché l’antidogmatismo e l’anticlericalismo di principio non sono altro che un dogmatismo e un clericalismo alla rovescia.

CHI È IL LAICO

Trattando di laici, di Chiesa o non di Chiesa, se si vuol parlare in modo da dire qualche cosa, occorre definire il laico in senso affermativo. Per questo, è innanzi tutto utile cercare da dove deriva il termine Laico. Scopriremo che deriva dal greco laòs (= popolo), per cui laico indica uno del popolo. Laico allora è chi nella storia, sia essa con la esse maiuscola sia con la esse minuscola, calato nel molteplice vissuto quotidiano, traduce politicamente, come può, sotto la propria responsabilità individuale o di gruppo, i valori elaborati dalla propria famiglia di spirito.

Inteso così, si può parlare correttamente di laico socialista, liberale, radicale, e, perché no? di laico cattolico e, tempo fa, perfino di laico democristiano.

Il problema vero in Italia però non è quello di stabilire chi ha diritto di qualificarsi come laico e chi invece va bollato con il marchio infamante del clericalismo. In Italia, in ogni aggregazione ci sono chierici e laici. Il bisogno più forte in Italia è che in ogni “chiesa” ci sia spazio per una laicità autentica. E questo non riguarda solo la Chiesa cattolica. Non è un mistero che aiatollah e relativi zelanti portaordini sono presenti anche in gruppi che troppo disinvoltamente si autodefiniscono laici.

PIÙ LAICITÀ. PER TUTTI

La nostra Chiesa da anni sta approfondendo a tutti i livelli il tema della laicità e sta impegnandosi per attuare la promozione dei laici voluta dal Concilio, come parte integrante della Chiesa così come l’ha voluta il Signore. I risultati di questo impegno per qualcuno sono già buoni, per altri sono scarsi, per molti sono ancora del tutto insoddisfacenti. Gli scontenti però, nel continuare giustamente a spingere la santa madre Chiesa a un’incessante autocritica e in una vera conversione in materia di laicità, non si buttino giù troppo e non si vergognino più di tanto per la loro Chiesa quasi fosse l’ultimo impero clericale del mondo.

Stante la confusione generale sui termine laico di cui si diceva e le magagne che spesso questa confusione copre, l’autocritica sul “clericalismo interno” e sulla scarsa considerazione della base gioverebbe fosse fatta, ad esempio, anche nei partiti, nei sindacati, in tanti movimenti, nei mezzi di comunicazione sociale e chi più ne ha più ne metta.

C’è lavoro per tutti per il bene di tutti.