Scuola cattolica

Sabato 10 maggio tutta la scuola cattolica si troverà di fronte al Papa per farsi coraggio in una battaglia di sopravvivenza culturale ed economica.

I PREGIUDIZI

In primo luogo, infatti, continua a prevalere nell’opinione intellettuale laico-laicista del Paese l’idea che la scuola cattolica non è “pubblica, bensì solo “privata”, destinata ai ricchi o ai maggiormente abbienti. Benché, in forza della legge n.62 del 2000 di Luigi Berlinguer, la scuola pubblica si articoli in scuola statale e scuola paritaria, il pregiudizio resta radicato. E’ un fatto che costa di più. Ma ciò per volontà della sinistra ammalata di laicismo fondamentalista “bigotto”, che, a suo tempo, costrinse lo stesso Berlinguer a modificare il testo originario del progetto, che prevedeva un finanziamento diretto alle scuole cattoliche. Nella laicissima Francia, lo Stato paga gli insegnanti delle scuole confessionali. In Olanda un terzo delle scuole è cattolico, un terzo protestante, il resto aconfessionale, ma tutte a carico dello Stato. Analogamente accade in Germania e nei Paesi scandinavi. Così, mentre qui la scuola paritaria raggiunge il 2-3% del sistema, lassù arriva al 20-30%.

Coloro che stanno in prima fila ad accusare le scuole cattoliche di essere “al servizio dei ricchi” sono anche gli stessi che le hanno costrette a ricorrere alle tasche delle famiglie, tutt’altro che ricche, che pure pagano le tasse anche per l’istruzione statale. Il ruolo delle scuole cattoliche è stato riconosciuto a parole e negato sul piano finanziario. Eppure, allo Stato un ragazzo costa annualmente quasi 8.000 euro, alla scuola cattolica costa solo circa 5.000 euro! La soluzione ci sarebbe: a ciascun ragazzo viene riconosciuta una somma annuale per il diritto allo studio, la va a spendere nella scuola che preferisce. Questo metodo è già applicato ai ragazzi che scelgono la scuola statale. Ma quelli delle famiglie cattoliche sono esclusi. Il fatto è che anche in settori del mondo cattolico è passata l’idea che solo la scuola statale garantisce il pluralismo culturale. Alle spalle sta la filosofia hegeliano-gentiliana che solo lo Stato è il luogo dell’universale, mentre la società civile è la giungla degli interessi in conflitto. Tuttavia, la giusta battaglia di resistenza non deve funzionare da alibi per alimentare riflessi da cittadella assediata.

SFIDA SENZA ALIBI

La scuola cattolica deve essere in grado di rispondere con i fatti alla seguente domanda: quale contributo originale di esperienze dal punto di vista della didattica, degli ordinamenti, dell’autonomia istituzionale e amministrativa e della gestione del personale la scuola paritaria può offrire al rinnovamento della scuola pubblica? Ad uno sguardo rigoroso, la Formazione professionale cattolica appare essere il pezzo più pregiato dell’offerta cattolica. Invece, salendo dalla scuola di base fino a quella secondaria di primo e di secondo grado, l’originalità culturale e organizzativa, la pratica dell’autonomia didattica e organizzativa, la formazione e la valutazione degli insegnanti si diluiscono. E’ solo colpa dell’assedio esterno? Molte scuole cattoliche paiono ridursi a scuole statali gestite da preti/suore. L’unica prestazione “in più”, rispetto alla scuola statale, è quella di una non ben definita “protezione morale” dei ragazzi, alla quale si rivolgono un sacco di famiglie, tutt’altro che cattolico-credenti, pronte a scaricare su altri i compiti loro più propri. L’effetto reale constatabile non è la protezione effettiva dalla droga, dall’alcool, dal sesso precoce né, tampoco, un rafforzamento della fede, bensì solo la creazione di un circuito di relazioni sociali esclusive da far valere in futuro quale “capitale relazionale”. Ora, se la rigenerazione della società civile è condizione necessaria perché il Paese affronti il tornante storico che ha davanti e il rinnovamento radicale del modello educativo ne costituisce il primo passo, alla scuola cattolica è richiesto uno slancio culturale più radicale.