Arriva l’estate e la domanda è: ma quanti libri ti porti?

Che cosa portarsi in valigia? Tema frizzante ed estivo questa settimana per la rubrica @diaridilibri dello scrittore Claudio Calzana, autore di romanzi come «Il sorriso del conte» ed «Esperia», direttore dei Progetti Editoriali e Culturali di Sesaab e direttore della libreria Buonastampa (via Paleocapa 4/d).

Adesso che sto per fare le valige – dalla prossima settimana sono in ferie – come ogni anno mi interrogo sul “da portarsi”. Variante ovvia del da farsi, e che consiste nella ricerca dei libri giusti per la vacanza. In primo luogo ci stanno i libri che ti compri bello speranzoso e che, per un motivo o per l’altro, non sei riuscito manco a cominciare; un titolo? Il “Breve trattato sulle coincidenze” di Domenico Dara.

A seguire, ecco qualche saggetto giusto giusto, qualche lieta novella che l’italica editoria ancora riesce a editare. Lo so, anche qui volete un esempio: “Oltre le colonne d’Ercole”, di Bracco e Voltolini. Ovvero il “Non temete” di Manicardi.

Segue poi l’immensa schiera dei “magari”, ovvero quei libri lasciati lì per tempi migliori. In questo caso, basta piazzarsi davanti agli scaffali e scorrere con gli occhi dorsi e copertine. A un certo punto ecco comparire un titolo a suo tempo negletto, ma che magari… Ecco, appunto quello. Diciamo quella Némirovsky, quella Levi.

In questi ultimi tempi, dirigendo la libreria, il “magari” si intreccia con il “volendo”, ovvero il “magari” elevato infinito: qui la scelta si fa ardua, senza dire che a forza di forzar volumi ti vien l’uzzolo di aprirne uno e di assaggiarne un altro, e lì sul posto per giunta, cosa che dilata i tempi oltre misura.

E veniamo all’ultima legione: i libri, per lo più storici – ovvero diari, noterelle, carabattole, licenze – che mi servono d’appoggio per scrivere, per i miei romanzi intendo. Perché in vacanza scrivo, che ci volete fare. Siccome sono preso dagli anni Trenta, farò una bella cernita, mica posso piantar lì la spiaggia o la picozza e tornare a casa per rimediare al fallo. Qui il lettore attento sarà già arrivato alla fatidica domanda: “Sì, ho capito, ma quanti libri ti porti?”.

Ecco, caro lettore, la verità che qui si parla di valigia, e persino al plurale. Senza contare, lo dico sottovoce, tanto chi è arrivato fin qui perlomeno è un amico, che di nascosto, ma proprio come ultima spes, infilo pure l’ebook reader che incamera una bella sequenza di testi dell’800 italico minore.

“Sì” prosegue imperterrito l’amico, “ma quanti sono i libri che ti porti dietro?”. “Venti?” domando io a mia volta, ma so già che mento, perché anche la moglie partecipa alla serie.

“E quanto state in giro?” martella l’altro.

Qui devo prender tempo, perché la sproporzione è evidente, clamorosa.

“Diciamo dieci giorni, forse qual cosina di più”.

“Venti libri per dieci giorni, complimenti!” fa la voce critica perenne.

“Già, è una bella pila” ammetto.

A ben vedere infatti una valigia di libri non è solo massa grandezza mole: semmai è quel dispositivo che converte la carta – grazie agli occhi, al cuore – in passione ed energia, in umana avventura e vita. Una valigia di libri è per l’appunto pila.

 

© Claudio Calzana www.claudiocalzana.it
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