Verso il sinodo sulla famiglia: tanti temi da affrontare senza paure e sospetti

#IoPregoConFrancesco è l’hashtag che accompagna questi ultimi giorni di attesa prima dell’inizio del Sinodo: alla vigilia, il 4, ci sarà una veglia con il Papa alla quale hanno aderito moltissime associazioni e movimenti dell’ambito della pastorale familiare. L’interesse intorno a questo Sinodo straordinario sulla famiglia, che si svolge dal 5 al 19 ottobre, è altissimo, e non solo all’interno del mondo cattolico.
I vescovi e i cardinali invitati a partecipare alla riunione da Papa Francesco rappresentano posizioni anche molto lontane fra loro: c’è alla base la volontà di dare spazio a tutte le diverse voci all’interno della Chiesa e l’auspicio di affrontare il dibattito proprio al Sinodo e non, come è avvenuto negli ultimi mesi, in una sorta di guerra mediatica. Il Papa ha utilizzato nella preparazione di questa assemblea un metodo singolare, innovativo e coraggioso: un questionario che è stato proposto in tutte le diocesi del mondo e che ha dato esiti sorprendenti, talvolta scomodi. Dalle sintesi dei risultati è nato “L’Instrumentum Laboris”, che è in un certo senso l’indice degli argomenti che saranno affrontati. Tutto questo lavoro permetterà ai padri sinodali di lavorare non sulla base di un’analisi sociologica ma tenendo conto di una di “fotografia” delle attese, delle aspettative, della situazione delle famiglie reali. Avranno quindi presente chi sono e come sono le persone alle quali arriva la predicazione del Vangelo.
Ha fatto molto discutere la posizione espressa dal cardinale Walter Kasper nello scorso febbraio al concistoro. Il cardinale tedesco si chiedeva se fosse possibile rivedere la disciplina ecclesiastica sulle nullità matrimoniali (via più volte indicata anche da Benedetto XVI). Chiedeva inoltre se si potesse pensare di concedere la riammissione ai sacramenti alle persone divorziate che avessero contratto un nuovo matrimonio civile, anche se soltanto in casi attentamente vagliati e dopo un cammino penitenziale. Di fatto si verificano già situazioni di questo tipo in cui i preti, nell’ambito di un rapporto personale, nella confessione, concedono ai divorziati risposati di riaccostarsi all’eucaristia, nonostante questo sia vietato. Sono deroghe ed eccezioni rare. Comunque su questi temi si è già acceso un dibattito sufficientemente aspro.
Con il rischio, fra l’altro, di oscurare tutto il resto: ci saranno molti altri temi nell’agenda del Sinodo, che fra l’altro è una sorta di “riunione preparatoria” alla quale seguirà poi un altro anno di lavoro.
A sollevare molti problemi è il cambiamento profondo che la vita e le relazioni delle famiglie hanno subito negli ultimi decenni. Situazioni che devono essere affrontate “senza paure e sospetti”, come ha affermato in questi giorni il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, di cui ospitiamo nell’ambito di questo dossier un’ampia intervista. Ci uniamo alla preghiera del Papa perché nell’assemblea si creino le condizioni di ascolto necessarie per avvicinarsi a una materia così delicata, e perché sia davvero un cammino fatto insieme.
“Perché non parlare anche della poligamia – si chiede il cardinale Baldisseri -, dei matrimoni combinati, dei matrimoni misti, delle povertà di ogni tipo che creano spesso le condizioni per separazioni, divorzi, fallimenti?”. Questi e “molti altri”, aggiunge, “saranno i temi discussi nel Sinodo, e soprattutto quello di trovare il linguaggio giusto per trasmettere ai giovani la bellezza del Vangelo della famiglia. Spero se ne parli fin da ora come opportunità per creare un’opinione pubblica di ampio respiro”.

Qualche dato, infine, tratto dall’ultimo censimento, per avere un’idea della situazione italiana. Sono circa 1 milione le persone che si sono dichiarate omosessuali o bisessuali nell’ultimo censimento della popolazione italiana effettuato dall’Istat, con una stima che oscilla tra 889mila e 1 milione e 220mila. La maggioranza è tra gli uomini, i giovani e nell’Italia centrale. La popolazione omossessuale in Italia è, dunque, pari a circa il 2,4% di quella residente. Un numero rispetto al quale l’Istat mette in guardia, perché i dati raccolti dal censimento derivano soltanto da persone che hanno deciso di dichiararsi. Altri due milioni circa, ad esempio, hanno dichiarato di aver sperimentato nella propria vita l’innamoramento o i rapporti sessuali o l’attrazione sessuale per persone dello stesso sesso.

Coppie omosessuali. Le coppie dello stesso sesso rilevate in occasione del censimento generale della popolazione sono 7.513: di queste 529 hanno almeno un figlio, secondo informazioni verosimili non confermate ufficialmente dall’Istat. Mettendo in rapporto il dato con il numero complessivo delle famiglie in Italia (25.791.690 nuclei), le coppie omosessuali rappresentano allo stato attuale circa lo 0,03% del totale. Anche in questo caso, però, l’Istat parla di una cifra sottostimata perché raccoglie solo quelle persone che hanno scelto di dichiarare la loro relazione affettiva e la loro convivenza. La maggioranza delle coppie dello stesso sesso che si sono dichiarate è concentrata nell’Italia settentrionale ed in particolare nel nord-ovest, dove vive il 41,7% di esse: 3.133 coppie nel nord-ovest, 1.584 nel nord-est, 1.530 al centro, 880 al sud e 386 nelle isole. 

Rito civile. I matrimoni civili, scorrendo i dati dell’Istat, hanno visto un recupero negli ultimi due anni (+5.340 cerimonie), arrivando a rappresentare il 41% del totale a livello nazionale (84.841). In termini relativi, dunque, la percentuale dei matrimoni celebrati civilmente continua a crescere (erano il 37% nel 2008). Il dato nazionale, tuttavia, è costituito da realtà assai diverse a livello territoriale. Al nord, ad esempio, i matrimoni celebrati con rito civile (53,4%) superano quelli religiosi mentre al centro si arriva al 49,4%. Nel Mezzogiorno la situazione si inverte e i matrimoni con rito civile sono il 24,5%. Per l’Istat, la scelta sempre più frequente del rito civile è da attribuire in parte alla crescente diffusione dei matrimoni successivi al primo e dei matrimoni con almeno uno sposo straniero. Quel che è certo è che l’istituto del matrimonio sta cambiando: basti pensare che solo 15 anni fa l’incidenza dei matrimoni civili non arrivava al 20% del totale delle celebrazioni. 

Primi matrimoni e convivenze more uxorio. I primi matrimoni, in valore assoluto, sono passati da quasi 392mila nel 1972 a 174.583 nel 2012: di questi, 153.311 si riferiscono a celebrazioni in cui entrambi gli sposi sono cittadini italiani (87,8% del totale dei primi matrimoni). La forte riduzione di quest’ultima tipologia di matrimoni registrata negli ultimi cinque anni (oltre 32mila in meno), osserva l’Istat, ha contribuito maggiormente al calo delle nozze osservato nello stesso periodo. Ed è sempre più evidente la tendenza al fenomeno della posticipazione, cioè del rinvio delle prime nozze ad età più mature, in atto dalla metà degli anni ‘70 ma accentuato nell’ultimo quinquennio. Attualmente gli sposi al primo matrimonio hanno, in media, quasi 34 anni e le spose quasi 31, circa sette anni in più rispetto ai valori osservati nel 1975. Rispetto a questa realtà, l’Istituto di statistica mette in relazione la minore propensione a sancire con il vincolo matrimoniale la prima unione con la progressiva diffusione delle unioni di fatto, che da circa mezzo milione nel 2007 hanno superato il milione nel 2011-2012. In particolare, sono proprio le convivenze more uxorio tra partner celibi e nubili ad aver fatto registrare l’incremento più sostenuto (594mila nel 2011-2012) insieme alle convivenze pre-matrimoniali.