Pellegrini a Lourdes: un medico davanti al mistero delle guarigioni

Su Lourdes piovono gocce d’acqua impalpabili e leggere. Ci si stringe nelle spalle per l’umidità come di fronte al dolore e alla speranza di tanti ammalati che pregano in silenzio davanti alla Grotta. Siamo nei giorni del pellegrinaggio nazionale Unitalsi, con 8.500 volontari e malati arrivati da tutta Italia con 11 treni e 15 aerei per celebrare “La gioia della conversione”. O forse anche, come i 6 milioni di pellegrini che arrivano ogni anno a Lourdes, a chiedere una guarigione? Tutto ebbe inizio il 25 febbraio 1858, quando, dopo le apparizioni della Madonna in una grotta, Bernadette trovò una fonte di acqua fangosa e la bevve dalle mani. Quella stessa sera alcuni uomini misero l’acqua in una fiasca di vetro, pensando potesse essere utile per i malati. Il 28 febbraio 1858 una donna di 39 anni, incinta del terzo figlio, con una paralisi alla mano, pur non essendo credente decise di recarsi alla grotta. Dentro di sé era sicura che la sua mano sarebbe guarita. Così avvenne il 1° marzo 1858. Poco dopo nacque il bambino, che si fece prete. Il miracolo, insieme ad altre 6 guarigioni, sarà riconosciuto nel 1862 con decreto del vescovo di Tarbes-Lourdes. Da allora in poi sono state riconosciute 69 guarigioni miracolose (55 francesi e 8 italiane), l’ultima di Danila Castelli il 4 maggio 1989: la donna 43enne rischiava la vita a causa di gravissime crisi d’ipertensione arteriosa. La sua guarigione è stata confermata nel 2011 da una commissione medica. Cinquantanove anni, barelliere Unitalsi in gioventù, una carriera politica in Italia, Alessandro de Franciscis è da sei anni medico permanente e presidente del Bureau des constatations mèdicales, l’ufficio che dal 1873, grazie all’intuizione del medico Dunot de Saint-Maclou, accerta la veridicità delle guarigioni. Ogni anno incontra in media 150/200 persone, di cui 30/40 guarigioni si dimostrano fondate clinicamente. Il Bureau in questi 150 anni ha registrato 7mila guarigioni “vere ed inspiegabili”. Ma, come sottolinea de Franciscis, «ci occupiamo di medicina, non di miracoli».

Come nasce l’attesa della guarigione nei credenti?
«In tutte le religioni c’è un legame forte tra spiritualità e guarigioni. Per noi cristiani è presente nell’Antico Testamento, con l’ebreo che guarisce bagnandosi nel Giordano, e nel Nuovo Testamento con le guarigioni straordinarie di Gesù. Tutta la storia della Chiesa è cosparsa di guarigioni fisiche; Lourdes è nel solco della tradizione cristiana». 

Come funziona, nella pratica quotidiana, il Bureau?
«Il Bureau coinvolge tutti i professionisti medici e paramedici che passano per Lourdes e in quei giorni si mettono a nostra disposizione, dicendoci dove sono alloggiati. Nel 2013 sono stati 4.500. Se ad esempio arriva una persona malata di tumore, chiedo a una collega oncologa la cortesia di visitarla. Poi ogni tanto convoco il Bureau: a fine luglio ci siamo incontrati con 70 medici per esaminare la storia di un bambino. In queste occasioni inizia la discussione medica, secondo le indicazioni del cardinale Lorenzo Lambertini, futuro Papa Benedetto XIV, che stabilì i sette criteri secondo cui i vescovi possono ritenere miracolose le guarigioni inspiegabili. Prendiamo l’ultimo caso di Danila Castelli: nel 2011 ho consegnato il dossier al vescovo della sua diocesi di appartenenza, Pavia. È il vescovo ad avere il compito di riconoscere questa guarigione come ‘opera di Dio’ e ‘segno’ per la comunità».

Su cosa state lavorando ora? 
«Stiamo lavorando su una decina di dossier, ma non c’è nulla di nuovo in arrivo. Nel 2013 ho incontrato 37 storie risultate vere e fondate clinicamente. Anche se oggi la verifica è molto più faticosa a causa delle leggi che tutelano la privacy. Prima bastava ascoltare la storia e chiedere le cartelle cliniche dei pazienti all’ospedale che li aveva in cura. Oggi è più difficile. Bisogna accertare che le guarigioni siano istantanee, complete e durevoli per sempre. La medicina è complicata da malattie neurovegetative come la sclerosi, che hanno dei periodi ‘finestra’. Ci sono problemi che in passato non esistevano, se pensiamo alle ‘abbuffate’ di farmaci. Le patologie seguono l’epidemiologia del tempo: prima si guariva da malattie infettive, ora da malattie neurodegenerative».

Quali sono le principali circostanze in cui avvengono le guarigioni?
«I due terzi sono legate all’acqua della sorgente, il resto avvengono durante la processione dei malati o fuori da Lourdes. Noi però non entriamo nel merito dei perché, questo fa parte delle sfide della ricerca».

Come cambia la vita delle persone che hanno avuto una guarigione?
«Tutte si chiedono ‘Perché proprio a me?’ Generalmente prevale lo stupore di essere stati destinatari di un dono. A volte mi parlano di solitudine, perché nessuno crede loro. Altri hanno avuto storie di vita difficili. Un dato comune è il fatto che le guarigioni non sono accadute quando le persone sono venute a chiedere per sé stessi ma a pregare per gli altri. Non c’è un rapporto causa-effetto».

Come si concilia l’approccio razionale da medico con la possibilità di un miracolo?
«Vivo come dietro ad una finestra affacciata su un mistero. Nulla mi meraviglia. A me sembra molto normale che a Lourdes, oltre alla grazia del pellegrinaggio, ci possa essere anche il dono della guarigione del corpo».