Festa di Cristo Re. Il Giudice degli ultimi tempi accoglie chi ha accolto

Immagine: Giotto, Giudizio universale, Cappella degli Scrovegni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra (Vedi Vangelo di Matteo 25, 31-46. Per leggere i testi liturgici di domenica 23 novembre, XXXIV domenica del Tempo Ordinario, festa di Cristo Re, clicca qui)

Festa di Cristo re. Perché Gesù è Re? E che senso ha l’applicazione di un termine di potere a Gesù? L’operazione ha qualche rischio e quindi è necessario tornare alla parola biblica che ci “spiega” il senso di questo termine.

L’ULTIMO GIUDIZIO PER I PAGANI

Gesù sta tenendo il discorso sugli ultimi avvenimenti della storia umana. La storia finirà, infatti e tutti gli uomini saranno giudicati da Dio. Ma molti uomini non hanno conosciuto il Signore, non hanno saputo chi è. Sono le “genti”, i pagani. Su che cosa verranno giudicati dal Signore, se non l’hanno neppure conosciuto? Allora Gesù risponde raccontando come si svolgerà il giudizio finale. Naturalmente ricorre alle immagini che la gente del suo tempo usa abitualmente per far capire il carattere cruciale di quell’appuntamento. Molti testi contemporanei di Gesù parlano, infatti, di Dio che torna come un re, sulle nubi del cielo e giudica tutti gli uomini. Così racconta anche Gesù. Solo che, invece di parlare di Dio, Gesù parla di se stesso, Figlio dell’uomo, e si descrive come un re che tiene una seduta solenne, circondato dalla sua corte – gli angeli – mentre davanti a lui stanno tutti i popoli della terra che devono essere giudicati. Il suo giudizio porta a una grandiosa separazione fra buoni e cattivi, come fa il pastore che separa le pecore dalle capre. Il Figlio dell’uomo pone i buoni alla sua destra, i cattivi alla sinistra. A questo punto, il re-giudice pronuncia la sua sentenza, motivando l’accoglienza di quelli che stanno alla sua destra e il rifiuto di quelli che stanno alla sua sinistra.
Il Regno che il giudice consegna agli “eletti” – e dal quale i “reprobi” sono esclusi – è stato “preparato per voi”, dunque non è frutto del caso o del capriccio: dipende, invece, dalle opere che gli eletti hanno compiuto. Il Figlio dell’uomo, re-giudice, accoglie i buoni perché questi sono stati accoglienti verso gli altri, quando erano nella necessità. Costoro sono affamati, assetati, nudi, carcerati… È una lista che si trova in tutta la letteratura antica. La novità del Vangelo sta nel fatto che nel mettersi in rapporto con i poveri ci si mette in rapporto con Dio. Dunque, anche i pagani, aiutando i poveri, possono incontrare il Re ed entrare nel suo regno. C’è da notare che i sei “gesti di misericordia” hanno alcuni caratteri comuni. Si impongono per la loro evidenza e per la loro urgenza. Sono gesti “vistosi” e sono gesti che si devono fare perché riguardano tutti situazioni di immediata e grave urgenza.

LA CHIESA OGGI, “CORPUS MIXTUM”

Corriamo il rischio di non incontrare il Re, questo strano Re che si mette dalla parte di coloro che spesso accusiamo e che sta là dove spesso non cerchiamo. I poveri di cui parla il Vangelo di oggi sono una lista di “diversi”, dai quali spesso prendiamo le distanze. Il Re mi chiamerà a sé se sarò stato capace di superare quella diversità. Godrò la compagnia del Signore se sarò stato capace di vivere davvero la compagnia con gli uomini che si trovavano nel bisogno.
Un particolare importante. Il giudice-re separa i buoni dai cattivi. Anzi: separerà, allora, alla fine dei tempi. Oggi, infatti, a Chiesa è, come dicono i teologi, corpus mixtum: buoni e cattivi vivono “mischiati”. La loro distinzione precisa non è possibile, oggi. Ci sono soltanto degli indizi che sono, appunto, i gesti di accoglienza verso i fratelli. Ma il significato ultimo non è ancora evidente. Lo diventerà. Il cristiano è paziente, anche con il male. L’ultimo giudizio non spetta a lui ma al Signore e non viene emesso adesso, ma allora.