Semiramide fra leggenda e attualità. Legalizzazione e la tendenza a rendere lecito tutto

Immagine: antica raffigurazione del canto V dell’Inferno di Dante

La tendenza a depenalizzare tutto il depenalizzabile e a legalizzare anche le situazioni più strane, è sotto gli occhi di tutti e vede impegnate più o meno scopertamente le lobby più diverse, con l’immancabile codazzo di intellettuali conformisti e il seguito interessato di governanti e legislatori di ogni ordine e grado.

Con quel poco di cultura classica che mi rimane dal liceo, non riesco a non pensare a Semiramide. Non quella musicata da Rossini, ma quella criticata dal “sommo padre Dante”, il quale, nel canto V dell’Inferno, non esita a collocarla tra i dannati per i suoi disordini morali e per la copertura legale che ne ha fatto.

SEMIRAMIDE NELL’INFERNO DI DANTE

Secondo il mito, la Signora, regina degli Assiri, «imperatrice di molte favelle» (di molte nazioni), moglie, e per alcuni anche assassina, di Nino, il mitico fondatore di Ninive, era famosa per le sue vergognose malefatte (la probabile uccisione del marito, l’usurpazione dell’impero ai danni del figlio, l’incesto con il figlio stesso…). Per coprire la sua condotta, («per torre il biasmo, in che era condotta») trovò il rapido espediente di depenalizzare e di legittimare i suoi delitti. In parole povere, con un’interessata modifica della legge rese giuridicamente lecita ogni libidine del potere, dell’avere e del piacere. Per questo Dante la addita all’universale ludibrio come colei «che lìbito fé lìcito in sua legge».

L’ASTICELLA DELLA CIVILTÀ

Oggi l’esercizio delle depenalizzazioni e delle legalizzazioni interessate è attuato in modo meno truculento che ai tempi della mitica Semiramide, ma non meno sinistramente efficace. Oggi, non essendo più tempo di monarchie assolute, è pure più difficile individuare un emulo di Semiramide in carne ed ossa, ma i poteri di quel genere, più occulti, più sottili, fin che si vuole, non sono meno devastanti. Si pensi alle tante legalizzazioni che abbiamo già visto nei decenni scorsi in campo economico (falso in bilancio, concessioni e condoni vari), in campo sociale e familiare (alcune di queste contrabbandate addirittura come diritti civili) e in campo biologico (dove l’ingegneria genetica pretende libertà assoluta). Se poi si pensa a quelle che sono attualmente in cantiere in ognuno di questi campi, si può constatare che l’asticella del salto in alto della civiltà viene continuamente abbassata per ragioni ideologiche, o di comodo o di interesse.

MALI ANTICHI E ANTICHE DENUNCE

Il riferimento a Semiramide fa intendere che si tratta di un modo di fare antico come il mondo. Ma sono antiche come il mondo anche le denunce. Nella Bibbia stessa, i profeti si sono pronunciati senza esitazione. Isaia, ad esempio (5, 20) proclama: «Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene». E Michea, dopo una litania di guai agli operatori di iniquità, si rivolge specificamente  ai governanti del popolo con un perentorio: «Ascoltate, voi che storcete ciò che è retto» (3, 9). Gesù stesso, il mitissimo Gesù, il Salvatore dell’uomo, va decisamente nel senso di un “Guai” severo verso quegli ipocriti, che si fan passare per giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro sono pieni d’ipocrisia e d’iniquità (Mt 23, 27s).

Guardando però alla storia dell’umanità vien proprio da dire che Isaia, Michea e lo stesso Gesù (non parliamo di Dante) hanno da sempre discepoli duri d’orecchio.

Per i sordi di oggi, Papa Francesco riprende il tema e lo fa con la sua ormai nota franchezza degna dei profeti. Egli infatti quelli che, ad ogni livello e in ogni ambito del potere, chiamano bene ciò che è male e arrivano a chiamare male ciò che è bene, li definisce, senza giri di parole, dei corruttori.

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