Il mistero della normalità: Nazaret e la famiglia di Gesù

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore (vedi Vangelo di Luca 2, 22-40). Per leggere i testi liturgici di domenica 28 dicembre, festa della Santa Famiglia, clicca qui)

Andiamo fino a Betlemme”, si dicono i pastori. Ma a Betlemme i pastori non trovano soltanto il Neonato, ma anche la sua famiglia. Davvero Dio si è fatto uomo, davvero è come noi. L’incarnazione continua.

IL BAMBINO AL CENTRO DEL TEMPIO

Il Vangelo racconta della “purificazione”. La madre era considerata impura e doveva “purificarsi”. La cerimonia aveva luogo il quarantesimo giorno. I genitori dovevano offrire un sacrificio al tempio. Questo stabiliva la Legge. Luca insiste molto proprio sull’osservanza della Legge. Giuseppe e Maria, infatti, appartengono a quel “popolo di poveri” che amano Dio, osservano la sua Legge, sono buoni e giusti.
Giuseppe e Maria, dunque, si recano al tempio, centro religioso e politico di Israele. Lì trovano, loro “poveri di Jahvè”, altri poveri come loro, Simeone e Anna. Chi sono costoro? Non si sa. Non si deve neppure sapere, sembra dire Luca. Non sono personaggi ufficiali; si trovano ai margini della vita pubblica, ma sono al centro della storia della salvezza. Luca dice infatti che lo Spirito Santo li aveva ispirati e così avviene che, mentre Simeone e Anna si trovano nel tempio, la loro attenzione non è attratta dal Tempio e dal suo splendore, ma da un bambino e da due giovani genitori sconosciuti. In loro e non negli ori, e nell’incredibile splendore della casa di Dio, si rivela la misericordia di Dio. Il Tempio serve soltanto da sfondo alla vera rivelazione e il cuore del tempio diventa il bambino. Simeone lo prende in braccio. Si potrebbe dire che Simeone “espropria” i genitori del loro bambino. Quel bambino, infatti, appartiene a tutta l’umanità. Forse Luca pensa al mondo ebraico, ormai vecchio, che rinasce, in un qualche modo, grazie a quel bambino.

IL DRAMMA

Simeone, con il bambino in braccio, esclama il suo “cantico”. L’ora della partenza per lui è arrivata, ma essa coincide con l’arrivo della salvezza: i suoi occhi l’hanno vista e la sua partenza, di conseguenza, è “nella pace”, come si conviene al servo che è rimasto fedele per tutta la durata della sua esistenza al Signore che lo amato e salvato. Ma quella salvezza, che prende le mosse dai bambini, dai vecchi, dalla parte fragile dell’umanità, è per tutti. Proprio perché è capace di salvare gli umili e i poveri, coloro ai quali nessuno pensa, Dio è capace di salvare tutti. Di fronte a quello che Simeone dice Maria e Giuseppe si stupiscono.
A questo punto il cielo luminoso dell’infanzia è come se si rabbuiasse. Simeone parla alla madre e dice che Gesù da alcuni sarà rifiutato: è l’aspetto tragico della salvezza: è la divisione fra chi si salva e chi no, fra chi accetta e rifiuta. Il bambino diventerà segno di contraddizione e lo sarà in maniera speciale e dolorosa proprio per la madre. “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”.
Il racconto si conclude con il ritorno alla normalità. Il bambino cresce soprattutto in sapienza, nella “intelligenza spirituale” che si rivelerà nella “scappata” di alcuni anni dopo e che Luca racconterà nel passaggio immediatamente successivo. E crescerà nella grazia di Dio, il che susciterà la meraviglia e lo stupore della folla.

I MISTERIOSI TRENT’ANNI DI NAZARET

L’impressionante periodo della vita silenziosa del Signore: il “mistero di Nazaret”. Gesù ha santificato la normalità. Che cosa ha fatto in quei più di trent’anni? Certo ha lavorato a Nazaret, forse ha lavorato a Sepporis, la grande città in costruzione in quegli anni a pochi chilometri da Nazaret. Non si sa. La normalità non fa notizia. Ma questa normalità che non fa notizia ci è preziosa. Dio l’ha vissuta per la maggior parte della sua vita. Come noi.