Pane e noci 3.0: alla Balena Malgustosa si accettano scommesse

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Il feuilleton Pane e noci cambia pelle: ecco la versione 3.0. Dopo aver raccontato le avventure di don Biagio e del sindaco Foresti, apriamo lo sguardo: Alessio Mussinelli, giovane scrittore bergamasco, ci racconta nuove storie all’ombra del campanile in una piccola cittadina di provincia. Ogni racconto è autoconclusivo. Le illustrazioni sono di Matteo Gubellini. Il video è a cura di Dario Vitali.

La Balena Malgustosa era un locale che faceva angolo tra la via principale e il Vicolo dei Mille, una stradina sconnessa che prendeva nome dal numero di buche.
Il posto non aveva alcuna attrattiva. Una decina di tavoli sparsi, quadri da grande distribuzione alle pareti, un bancone di legno massello anni cinquanta, bicchieri asciugati da un gatto, una boccia d’acqua con pesciolino annesso.
I clienti bevevano il caffè sfogliando la gazzetta e se ne andavano.
Solo verso le undici il bar si animava. Un giro di bianchini tra i soliti noti che arrossendosi le gote si davano la balla.
Un mattino, mentre si stappava la prima bottiglia di prosecco, il sacrestano passò di corsa. Sfrecciò a tutta birra davanti alla vetrina, girò l’angolo scivolando con le scarpe sull’asfalto e via ancora di corsa fino a scomparire oltre la curva della strada.
La stessa scena si verificò nei giorni seguenti. Duecento metri dritti e filati corsi come un levriero dietro un coniglio, che gli avventori cronometravano con divertimento.
-Oggi non è in forma- commentavano quando il sacrestano non andava sotto il muro dei trenta secondi.
-Una saetta- chiosavano qualora il tempo fosse migliore del giorno precedente.
Il siparietto proseguì per una settimana intera, suscitando la curiosità dei frequentatori del locale che disposero le sedie all’esterno a formare una tribuna da cui osservare l’evento. Un divertimento che il gestore della Balena Malgustosa vedeva di buon occhio per attirare attenzione. Arrivava nuova gente, curiosi allertati della stranezza, giovani coi cronometri, giornalisti a caccia di notizie, direttori sportivi in cerca di talenti.
Il sacrestano sudava e giovava agli affari. Ogni giorno, alla stessa ora, con una puntualità svizzera, correva come un disperato. A piccole falcate, poiché aveva le gambe corte, scappava da un pericolo imminente, o forse non scappava, andava. Sì, ma dove?
L’impulso a chiedere spiegazioni a chi, quella corsa, la faceva, si manifestò con più forza quando oltre il sacrestano iniziò a correre anche il bibliotecario Angelo, con metodo puntuale quanto quello dell’altro corridore. Alle sedici e trenta.
Due, tre secondi meglio del sacrestano, per Angelo, che aveva le gambe più lunghe e quando apriva la falcata sembrava un airone che sbatteva le ali. Due colpi e era già all’angolo. Altri due e era scomparso.
Per racimolare spicci il proprietario della Balena Malgustosa organizzò una bisca. Pochi centesimi da puntare sulla performance del sacrestano o di Angelo. Goccia a goccia si riempie il mare, quei centesimi gli facevano comodo per coprire le spese. L’acquisto di un sacchetto di snack, una confezione da sei bicchieri colorati, una cassa di spuma, o scatolette per il cane.
Dietro il bancone della Balena Malgustosa, si aggirava un cagnolino dalle dimensioni di un roditore. Se ne stava nascosto nel retro gran parte del tempo, entrando e uscendo come più gli andava attraverso uno spioncino ricavato nella porta. Una presenza silenziosa che gli avventori non avevano notato, finché il sacrestano, zoppo in una gamba per via d’uno strappo muscolare rimediato in quegli allunghi, non si trovò a affiancare il locale a passo lento.
Camminava trascinando la gamba offesa, senza dar risposta a chi chiedeva del perché non corresse, per avvantaggiarsi nelle scommesse del giorno seguente.
Dall’altro lato della via giunse a grandi falcate Angelo, con la lingua penzoloni. Non aveva fiato, quel giorno. Si fermò davanti al locale, fece un cenno al sacrestano e gli chiese della gamba.
A rispondere pensò il cagnolino che scattò verso la vetrina del locale e abbaiò con forza. Digrignava i denti e abbaiava, proprio contro di loro, li guardava dritti negli occhi.
Dal giorno seguente gli affari della Balena Malgustosa calarono. Non per la presenza del cane, quanto per la mancanza dei due corridori.
Colpa, a voler guardare, anche del cane-roditore che delle corse era diretto responsabile. Succedeva difatti che l’animale avesse preso l’abitudine di sgattaiolare attraverso lo spioncino, e di andare a scaricarsi con una regolarità da far invidia alla pubblicità del bifidus. Il mattino sul sagrato della chiesa, il pomeriggio all’ingresso della biblioteca.
-Che facciamo?- chiesero Angelo e il sacrestano, con le mani ai fianchi, stanchi di pulire le loro zone di competenza.
Il proprietario del cane prese il cassetto dove teneva gli spicci della bisca e acquistò un pannello di legno con il quale chiuse lo spioncino, segnando l’inizio di un prolungato periodo di stitichezza del cane, e di vacche magre per la Balena Malgustosa che di lì a poco chiuse i battenti.