Papa Francesco ai consacrati: “Mi attendo che svegliate il mondo…”

Mi attendo che svegliate il mondo…”. Così afferma Papa Francesco nella lettera apostolica per l’Anno della vita consacrata iniziato il 30 novembre e che si concluderà il 2 febbraio 2016. Un appello che richiama i sui discorsi al Parlamento europeo e al Consiglio d’Europa, lo scorso 25 novembre, dedicati alla identità e alla responsabilità dell’Europa in questo momento storico. Parole che risuonano oltremodo forti e limpide alla vigilia della prossima Giornata mondiale della vita consacrata di domenica 2 febbraio.
“Mi attendo che svegliate l’Europa”: si potrebbe tradurre così quell’invito che ha varcato anche le porte dei conventi, dei monasteri, delle case della carità operosa e intellettuale disseminati da un’estremità all’altra del continente.
Le porte erano aperte, come sempre, perché in questi luoghi il mondo è sempre entrato con le sue angosce, le sue speranze, le sue attese. Qui si è scritta e si scrive una storia che ha attraversato e attraversa dall’est all’ovest il territorio europeo lasciando tracce indelebili. Gli ordini monastici e religiosi, maschili e femminili – prima di Benedetto da Norcia e dopo di lui, che del monachesimo divenne praticamente il simbolo – hanno cambiato il paesaggio europeo culturalmente, moralmente e, spesso, anche geograficamente.
Alla fecondità, orante e operante, dei Benedettini, degli Agostiniani, dei Salesiani, dei Carmelitani, dei Francescani e di altre famiglie religiose cattoliche si sono aggiunte la spiritualità della Chiesa ortodossa, la vivacità delle Comunità ecclesiali della Riforma, la creatività del cammino ecumenico, le primizie del dialogo inter-monastico. In tanta diversità si esprimono il desiderio e la volontà di uomini e donne della contemplazione di aiutare l’Europa a rileggere il suo destino, a rimotivare il suo compito.
I percorsi spirituali non sono mai vie di fuga dalla realtà e dalla responsabilità e Papa Francesco lo ricorda nella lettera ai consacrati e alle consacrate: “Attendo da voi che non teniate vive delle ‘utopie’ ma che sappiate creare ‘altri luoghi’ dove si viva la logica evangelica del dono, della fraternità, dell’accoglienza, della diversità, dell’amore reciproco”. Un appello forte alla responsabilità in una Europa “un po’ invecchiata e compressa”.
Nel tempo del disorientamento e della paura occorrono luoghi abitati dalla speranza come accadde nei momenti più bui della storia europea occidentale e orientale: conventi e monasteri formarono una diga contro l’odio, l’orrore, la disperazione. Un’altra traccia merita di essere ricordata: all’aprirsi del capitolo della riconciliazione in alcune lettere dei “padri” della casa comune si incontra la loro domanda di preghiera perché il sogno diventasse realtà.
L’Europa di oggi non può dunque dimenticare il contributo che gli uomini e le donne della contemplazione hanno offerto alla sua nascita e alla sua crescita. La solidarietà di fatto sulla quale è fondata la casa comune europea ha più che mai bisogno di questa presenza diffusa, silenziosa ma non priva di parola.
Il pensiero sulla rete orante europea si allarga ed è significativo trovare accanto ai luoghi del dialogo con Dio i luoghi del dialogo con gli ultimi, i poveri, i più fragili, i diversi. La preghiera e il canto in diverse lingue europee si unisce al linguaggio comune della tenerezza rivolta proprio agli ultimi, ai diversi, agli indigenti.
Allora non è fuori luogo pensare che monasteri, conventi, luoghi della carità, siano anche oggi la sorgente di quella umanità che l’Europa deve ritrovare per se stessa e per il resto del mondo. Ecco perché è così importante svegliare l’Europa e bussare con insistenza e rispetto alla porta della coscienza degli europei.
L’Europa dello spirito, così spesso richiamata da credenti e non credenti, non è morta. Esiste e cresce grazie anche a uomini e donne “invisibili” e “inutili” che abitano i luoghi della contemplazione e dell’azione illuminata dalla preghiera. Luoghi che non sono fuori dalla storia europea ma la condividono con l’intelligenza dell’amore.