La Chiesa con la porta aperta sulla strada

Foto: sito archeologico di Cafarnao. La famosa “soglia” della casa di Pietro

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva (Vedi Vangelo di Marco 1, 29-39. Per leggere i testi liturgici di domenica 8 febbraio, quinta del Tempo Ordinario, clicca qui)

Gesù ha annunciato che il Regno di Dio è arrivato. Entra nella sinagoga e guarisce un indemoniato. Uscito dalla sinagoga, entra in casa di Pietro e trova la suocera di questi malata. Gli parlano di lei e lui la “fece alzare” (è lo stesso termine che il vangelo usa per indicare la resurrezione di Cristo). E, una volta guarita, la donna si mette “servire”. (Anche questo termine è molto usato e designa il servizio – diaconia – all’interno della comunità primitiva). Non solo, ma il tempo del verbo usato (è l’imperfetto) indica il persistere di un servizio, un’azione che dura costantemente.

LA CITTÀ DAVANTI ALLA PORTA

Gesù, però, non agisce soltanto per quelli della casa di Pietro. Gli portano una folla di ammalati e di indemoniati. È come se la presenza di Gesù facesse drenare tutte le sofferenze che abitano a Cafarnao. Gesù guarisce “molti”. Davvero l’arrivo di Dio e del suo Regno è vistosamente efficace. Ma, una volta fatte le guarigioni, Gesù ordina di non parlarne. Ordine strano, a prima vista. In realtà, il vangelo di Marco è particolarmente sensibile ai rischi che possono nascere dall’annuncio che Gesù è il Messia. Le aspettative di tipo politico e militare, l’idea di un Messia potente, idea molto radicata nelle aspettative popolari, potrebbe portare in una direzione che non è assolutamente quella voluta da Gesù. Per questo Gesù, spesso, ordina di non divulgare la notizia dei suoi miracoli.

La giornata termina nel silenzio e nella preghiera. Prima era l’affollamento e l’azione potente: miracoli, guarigioni, parola… Alla fine, apparentemente, più nulla: solo il faccia a faccia con il Padre.

Mentre però Gesù sta pregando i discepoli si mettono sulle sue tracce e gli fanno notare che tutti lo cercano. Fa capolino la differenza fra Gesù e i suoi, fra il suo e il loro messianismo. Gesù risponde a questa tentazione dicendo che deve andare “altrove”. Il che, probabilmente non significa soltanto l’altrove geografico, ma anche l’altrove teologico: gli altri popoli, i pagani. Il vangelo è per tutti. Così la risposta alla tentazione di un vangelo immediatamente utile è un vangelo destinato a ogni uomo desideroso di Parola e di salvezza.

LA FEDE DELLA GENTE NON DEVE SERVIRE ALLA CHIESA

Gesù è in casa, con i suoi. Lì ha guarito la suocera di Pietro. Ma, forse perché la gente ha saputo del miracolo, molti vengono alla porta della casa e chiedono di essere guariti. Dunque buona parte dell’attività di Gesù in questo brano avviene sulla porta di casa (“Tutta la città era riunita davanti alla porta”, dice Marco). La città arriva con le sue sofferenze nella casa dove Gesù si trova con i suoi amici. Bella immagine di una Chiesa servizievole: sta in casa con il suo Signore, ma la porta è aperta e gli uomini possono venire, essere ascoltati, guariti… Non avrebbe senso che la Chiesa guarisse per averne lei i vantaggi, ma perché gli uomini incontrino Lui, il Signore. Una Chiesa che tenesse per sé il Signore, tradirebbe quello che il Signore stesso le chiede: accogliere chi arriva, andare a cercare chi non cerca, parlare a tutti della bontà di Dio… Per questo, anche la suocera di Pietro, che pure è stata guarita dentro la casa, appena guarita mette la sua salute al servizio degli altri: “ed ella li serviva”.

Spesso noi credenti abbiamo la tendenza di “contare” i nostri successi: il tale uomo di spettacolo prega, il tale politico è credente: è uno dei nostri. Il nuovo Presidente è andato a messa, prega e si è perfino fatto fotografare con le suore. Ma a chi serve questa fede di un politico? Alla Chiesa? No. Serve a lui, anzitutto e poi a tutti coloro che, grazie alla sua fede, saranno destinatari della sua diaconia che sarà tanto più appassionata quanto più sarà coerente con la fede. Siamo come la suocera di Pietro; non gode della sua guarigione ma la mette al servizio di tutti. La fede diventa servizio.