«La sfida più grande di Mattarella? Ricucire il rapporto tra il Palazzo e il Paese»

«Quello che più mi ha colpito del discorso d’insediamento del 12ª Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, è stato questo tentativo di ricucire il rapporto, mai come oggi tanto lacerato, tra il Palazzo e il Paese, tra il popolo e lo Stato, tra i cittadini e le istituzioni. Sia nel discorso alle Camere sia nel discorso più breve al Quirinale, Mattarella mi è sembrato molto attento a questo tema: ricostruire le basi della comunità, della convivenza civile per vivere insieme. “Non mi chiudo nel Palazzo”, ha detto, il Quirinale deve diventare sempre di più la casa degli italiani. “Mi apro alla gente” ha voluto dire». Aldo Cazzullo, inviato speciale e editorialista del Corriere della Sera, ieri mattina si trovava nell’Aula di Montecitorio, dove le Camere riunite hanno ascoltato il discorso del Presidente, durato una trentina di minuti e interrotto quarantadue volte dagli applausi, che ha toccato quasi tutti i temi dell’“agenda esigente” riguardanti il Paese, elencati con un tono misurato, specchio della personalità di Mattarella. «La parola “speranza” è stata la parola più citata nel discorso, quindi la parola chiave. L’augurio quello di avere un popolo più sicuro, un’Italia più libera e solidale. Nello stesso tempo Mattarella è parso consapevole che questo legame giammai troppo saldo in Italia, fra Stato e popolo si è reso ancora più fragile dalla crisi economica, dalle sofferenze e dalle paure. Quindi penso che il Presidente sin da questo primo giorno abbia iniziato a lavorare su quello che sarà il vero tema del suo settennato: un Presidente in cui tutti possono riconoscersi. Non ha lasciato fuori un italiano dal suo discorso, ha parlato ai giovani, ha parlato ai malati, ai disoccupati, ha parlato a tutte le categorie sociali. Credo che molti si siano riconosciuti nelle parole del Presidente Mattarella. Mi ha colpito anche in questo discorso stringato, la parte internazionale, l’accenno all’allerta terrorismo forse più alta di quanto noi pensiamo. Mattarella si è soffermato sull’impegno della comunità internazionale contro il terrorismo e contro coloro che fanno della religione un’arma da brandire e un argomento di scontro. La fede è una cosa nobile e giusta e non deve essere usata per alimentare l’odio e la violenza» ha chiarito Cazzullo nato ad Alba nel 1966, il quale ha raccontato i principali avvenimenti nazionali e internazionali degli ultimi vent’anni. «Sarà un Presidente amato, rispettato sicuramente. Il Paese lo capirà».
Mattarella ha anche citato Papa Francesco e i suoi severi moniti contro i corrotti “uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini”.
«Anche questo è significativo. La prima a parlarne è stata la senatrice Paola Binetti: ha detto che se Mattarella sarebbe stato eletto avrebbe avuto un ottimo rapporto con il Papa. Poi un personaggio decisamente diverso dalla Binetti, come Eugenio Scalfari, ha impostato il suo editoriale della scorsa domenica su Repubblica su questo tema scrivendo che Mattarella “farà le stesse cose che il Papa sta facendo nella Chiesa” e che “non butterà all’aria le regole, le farà rispettare”».
Con Sergio Mattarella, moroteo dall’alta formazione politica, ex giudice costituzionale, un Presidente cattolico democratico torna al Quirinale. È il ritorno della DC?
«No, sono nostalgie di quando eravamo tutti più giovani. È chiaro che Mattarella ha la sua storia, una storia morotea, democristiana, mai rinnegata. Ma la DC non torna, Renzi è tutto fuorché democristiano, è un centrista. I due Presidenti sono molto diversi, Mattarella è rigoroso tanto quanto Renzi è spregiudicato, Mattarella è controllato, Renzi è molto estroverso, però proprio per questo non si elideranno, saranno complementari e si daranno una mano l’uno con l’altro. Non sarà uno che toglierà popolarità all’altro, secondo me tutti e due nei prossimi anni avranno una buona popolarità con caratteristiche diverse, com’è giusto che siano, perché hanno due personalità diverse».
La formazione cattolica del dodicesimo Presidente della Repubblica Italiana nasce all’interno di una famiglia dalle forti convinzioni religiose, dove si potevano incontrare Giorgio La Pira e l’Arcivescovo Montini, futuro Papa Paolo VI. Ce ne vuole parlare?
«Prima di tutto occorre dire che è sbagliato contrapporre presidenti laici a presidenti cattolici. Per esempio Carlo Azeglio Ciampi, l’unica tessera che aveva avuto nella sua vita era stata quella del Partito d’Azione, però era un cattolico praticante. Ho seguito il suo settennato quando lavoravo a La Stampa, andava a Messa tutte le domeniche, se possibile quasi tutti i giorni. Quindi abbiamo avuto presidenti cattolici più di quelli che normalmente si pensa che siano. Non c’è dubbio che la cultura cattolica sia fondamentale nel definire la biografia di Sergio Mattarella, responsabile da giovane degli studenti dell’Azione Cattolica del Lazio. Devo dire che oggi la cultura dei cattolici democratici in particolare è una categoria piccola in termini numerici nel Paese, però ha sempre avuto un’importanza fondamentale. Penso a Giovanni Bachelet, il figlio di Vittorio Bachelet, allora Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura assassinato nel 1980 dalle Brigate Rosse, che prega durante le esequie paterne per coloro che “hanno colpito il mio papà”. Penso alla “scienza mite” di Leopoldo Elia, e penso a Pietro Scoppola, legato da profonda amicizia con Mattarella, che fece una battaglia a favore del divorzio. Tante storie che tutte insieme fanno un patrimonio culturale che oggi riceve un riconoscimento importante».
Il 6 gennaio 1980 il fratello Piersanti, allora Presidente della Regione Sicilia, è stato assassinato per mano di “cosa nostra”. Che cosa rappresenta questo evento nella vita politica di Mattarella?
«La morte di Piersanti, oltre a un dolore terribile è stato un modo per far sì che Sergio si assumesse anche responsabilità che magari sperava di potersi evitare. Oggi abbiamo visto prima a Montecitorio e poi al Quirinale, Maria la figlia di Piersanti, ho conosciuto Giovanni, figlio di Maria, nipote di Piersanti e pronipote di Sergio. È chiaro che l’esempio del fratello è sempre vivo nella memoria della famiglia. Oggi però il Presidente ha citato Falcone e Borsellino. È stato interessante il discorso del Presidente del Senato Piero Grasso che cedendo a Mattarella lo scettro, Grasso in queste settimane è stato il facente funzioni del Presidente della Repubblica, ha voluto ricordare quando lui e Mattarella si erano conosciuti trentacinque anni fa al funerale di Piersanti, Mattarella, giovane docente di Diritto, Grasso, giovane magistrato. Il retrotesto del discorso, cosa che poi Grasso mi ha detto privatamente alla fine, era “se trentacinque anni dopo io sono Presidente del Senato e tu Presidente della Repubblica, è perché la mafia non ha vinto e non vincerà”».
Sobrietà, stile francescano, a Messa ogni domenica, nessuna ostentazione di potere, attenzione agli ultimi. Vi sono alcune affinità tra Papa Francesco e il nuovo Presidente della Repubblica. Si prospetta quindi una grande sintonia tra il Quirinale e il Vaticano?
«I due sono fatti per intendersi, andranno d’accordo, su questo non c’è dubbio, sono due persone che sfuggono l’ostentazione, sono quasi coetanei, Bergoglio è del 1936, Mattarella del 1941, è la stessa generazione».
Gli osservatori politici hanno detto che attraverso l’elezione di un esponente della Prima Repubblica, Renzi ha contribuito in maniera determinante a spazzare via la Seconda e a traghettare il Paese nella Terza Repubblica. Che cosa ne pensa?
«Mattarella è un uomo della Prima Repubblica, la Seconda Repubblica ha messo fuori gioco un sacco di gente, per esempio oggi ad ascoltare Mattarella in tribuna c’era Gianfranco Fini, il quale solo qualche anno fa sembrava l’uomo del futuro, adesso non è più così. È stata talmente dura la battaglia politica nella Seconda Repubblica che le due parti si sono come eliminate a vicenda. Non è un caso che dalla ricerca di persone autorevoli in cui tutti potessero riconoscersi, si è andato a cercare un personaggio della Prima Repubblica, che era quasi scomparso dalla discussione pubblica da quindici anni dopo essere stato Vice Presidente del Consiglio nel Governo D’Alema negli anni 1998-2000».
Se le elezioni presidenziali del 2013 avevano sancito l’impotenza del Pd e della sua leadership, la scelta di Mattarella si è rivelata utile a Renzi. “Un premier liquido”, secondo la definizione di Ilvo Diamanti, perché “capace di cambiare forma e di adattarsi a un sistema politico liquefatto”, “solo e senza veri amici politici”. Questo rappresenta la forza di Renzi ma anche la sua debolezza?
«Ora più che mai Renzi è il perno del sistema politico, è più che mai al centro della scena, padrone nel bene e nel male della politica italiana. Ha contribuito a scegliere un Presidente solido dal punto di vista morale che non ha velleità d’invasione di campo. Oggi nel suo discorso Mattarella ha disegnato per sé il profilo di un presidente-arbitro: “sarò arbitro imparziale, ma i giocatori mi aiutino”, ed è esattamente la definizione che aveva usato Renzi nelle settimane precedenti».
Se in questi “tempi liquidi” esiste solo il presente, “ogni giorno un porto nuovo e un equipaggio diverso, nuove insidie e nuovi nemici”, dove si sta dirigendo il sistema politico italiano?
«Secondo me, ripeto Renzi è padrone della situazione. Con la nuova legge elettorale che sancirà, di fatto, l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, penso che Renzi dominerà la scena per altri sei, sette anni. Un settennato in cui ci sarà Renzi a Palazzo Chigi e Mattarella al Quirinale e andranno d’accordo. Non è un auspicio, è una previsione, è diverso».