Scacchi materia scolastica. In Spagna, per ora. La scuola, però, è un’altra cosa

Ho sempre pensato che snocciolare proposte in libertà sulla scuola fosse uno sport tutto italiano, ma mi sbagliavo: anche in Spagna l’usanza gode di un certo successo. Un parlamentare socialista, riscuotendo l’approvazione dell’intero parlamento (perché le idee geniali, spesso, sono trasversali), ha proposto di rendere materia obbligatoria nelle scuole del regno il gioco degli scacchi. La motivazione è delle più nobili: gli scacchi non solo migliorano il rendimento scolastico degli alunni, ma – assicura il deputato Pablo Martìn – aumentano le capacità strategiche e mnemoniche, insegnano a prendere decisioni sotto pressione e sviluppano la concentrazione.

LO SPORT SCUOLA DI VITA 

Gli effetti miracolosi degli scacchi non si discutono: può benissimo essere che le loro virtù siano benefiche per gli studenti. Per la verità non c’è sport o anche solo svago che, soprattutto a detta di chi lo pratica, non abbia vantaggi simili: se il calcio aiuta a ragionare in un’ottica di gruppo e il ciclismo abitua alla fatica, la boxe e il sumo insegnano a controllare la propria forza e a limitare la violenza. Non parliamo dell’uncinetto, che stimola la precisione e la costanza, o del sudoku, che mette a dura prova anche la pazienza di un santo. Tutte le attività hanno i loro vantaggi, ma non per questo diventano materie fondamentali nella formazione di una persona.

MA LA SCUOLA HA ALTRO DA INSEGNARE

Sembra quasi che la scuola sia diventata un test di libero pensiero, una scacchiera dove muovere le pedine in base al proprio divertimento, un gioco in cui vince chi la spara più grossa o la pensa più strana. Gli scacchi hanno la loro piena dignità, ma la scuola è una cosa seria: un luogo, per esempio, in cui si dovrebbe insegnare a riconoscere le priorità e le gerarchie, a capire cosa è essenziale e cosa accessorio, a distinguere – soprattutto – tra uno dei tanti modi per impegnare il proprio tempo libero e una materia che, per quanto possa apparire ardua, faticosa e poco attraente, è necessaria per la crescita di un ragazzo. Potrebbe certo essere compito di un genitore suggerire al figlio di giocare a scacchi con un amico reale, anziché video-giocare con un amico virtuale. Ma alla scuola spetta educare, in senso etimologico, cioè portare fuori, dai propri limiti e dai propri schemi, dal conformismo e dall’ignoranza, per stimolare idee e pensieri, senso critico e fantasia, e, fino a prova contraria, è più probabile che l’obiettivo si raggiunga tra gli orizzonti sconfinati della storia e della filosofia, della letteratura e della matematica, che non nei rigidissimi limiti di una scacchiera.

Lasciamo pure agli Spagnoli i loro scacchi. Uno studente potrà anche essere bravo a fare scacco matto, ma è molto più importante che, crescendo, non diventi una pedina.