Immagine: Giuseppe Orelli, secolo XVII, Gesù caccia i mercanti dal tempio, Chiesa di San Pietro, Scanzorosciate
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!» (Vangelo di Giovanni 2, 13-25. Per leggere i testi liturgici di domenica 8 marzo, terza di quaresima “B”, clicca qui).
È vicina la pasqua. Gesù, che si trova a Cafarnao, “sale” a Gerusalemme. Entra nel tempio. Questo, tra i suoi molti spazi, comprendeva anche un cortile chiamato “cortile dei pagani” al quale potevano accedere anche i non ebrei. Qui Gesù incontra dei mercanti che vendono gli animali che saranno sacrificati poi, nelle parti più interne e più “sacre” del tempio, in onore di Dio. In occasione della pasqua si arriva a immolare fino a 18.000 agnelli da parte dei quasi 100.000 pellegrini che affluiscono a Gerusalemme in quella circostanza. È una folla enorme tenendo conto che gli abitanti normali di Gerusalemme sono circa 40.000. Gli animali possono essere comperati soltanto con monete senza immagini di dèi o di imperatori perché ogni tipo di immagine è rigorosamente proibita all’interno del tempio. Quindi chi arriva con monete inadatte deve rivolgersi ai cambiavalute.
L’INSOSTENIBILE PRETESA DI GESÙ
Di fronte a questo spettacolo Gesù prende delle sferze e si mette a cacciar via tutti mentre grida: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato». Il gesto appare strano e perfino stravagante. Solo alla luce di un salmo, e solo dopo la risurrezione, i discepoli riescono a spiegarlo: «Lo zelo per la tua casa mi ha divorato», dice infatti il salmo 69. Ma non è solo il salmo 69. Diversi testi profetici attribuiscono al messia il compito di purificare il culto e il tempio. «Ecco, io manderò un mio messaggero – dice un passaggio del profeta Malachia – a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate… Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai». È probabile che gli zelanti custodi del tempio si ricordino di questi testi e vedano nel gesto di Gesù qualcosa di pretenzioso e gli chiedono spiegazioni. Quale segno ci mostri per fare queste cose? In nome di che cosa, con quale autorità lo fai? La risposta di Gesù, invece di spiegare il gesto, aggrava ancora di più la sua posizione: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Come? Gesù si dichiara “padrone” del Tempio, il tempio grande, ricco, costruito con più di quarant’anni di lavoro? Lui lo ricostruirebbe in tre giorni? La pretesa di prima quando si è messo a cacciare via i venditori viene aggravata dalla pretesa di dopo di voler ricostruire il tempio in tre giorni. Solo che Gesù non parla di quel tempio, quello costruito da Erode, ma del tempio del suo corpo che risorgerà «dopo tre giorni», precisa l’evangelista. Quello sarà il nuovo tempio, il “luogo” dell’incontro con Dio con gli uomini. Ma gli ascoltatori di Gesù non capiscono, non possono capire e quindi il loro giudizio su Gesù diventa ancora più severo. Capiscono, capiranno, soltanto i suoi, dopo, quando il tempio, il corpo del Signore, «dopo tre giorni», appunto, sarà risorto.
IL TEMPIO MERCATO
Gesù oppone violentemente il mercato e il tempio. Nel tempio non si vende e non si compera. Per essere davvero nel tempio bisogna vivere tutti i rapporti gratuitamente. Cioè bisogna vivere nel tempio in maniera opposta a come si vive nel mercato, dove invece i rapporti sono, appunto, “mercantili”. Questo perché Dio si è dato a noi attraverso il gesto “folle” della croce, ci dice Paolo nella seconda lettura. Spesso la nostra fede, risposta a quel dono assolutamente amoroso di Dio, diventa mercantile. Rispondiamo da mercanti a una dichiarazione d’amore. Dio va amato, onorato, non comperato. Quando, invece, noi lo comperiamo facciamo “degradare” Dio: Dio non è più Dio, Padre che ama gratuitamente, e facciamo gli accaparratori di favori. E la grazia stessa non è più dono gratuito, ma favore che attende altri favori.
IL MERCATO TEMPIO
Non solo bisogna che ci guardiamo di far diventare mercato il tempio, ma dobbiamo guardarci anche dall’opposto: far diventare tempio il mercato. Il denaro, il potere che deriva dal denaro spesso governa i popoli con un potere “divino”. Se ci è dato capire qualcosa, a noi incompetenti, della crisi grave che sta gettando nel dramma tanta gente, si sente ripetere da parte di critici equilibrati che la finanza è impazzita e ha intaccato anche l’economia reale. E ci hanno spiegato che la ricchezza creata sui soldi ha perso i contatti con il reale e lo ha rovinato. I soldi, invece di essere lo strumento per il benessere possibilmente di tutti, sono diventati fine a se stessi e stanno dando moltissima ricchezza a pochi e molta povertà a molti. Non si usano i soldi per star bene, ma semplicemente per fare altri soldi, per i quali tutto diventa secondario. Il mercato è diventato tempio. È un grande disordine… Proviamo, nel nostro piccolo, a trarre per noi e per la nostra famiglia, le prime conseguenze di questa difficile situazione.