Il no di Tunisi al terrorismo: cristiani e musulmani insieme per la pace

Ieri alla Cattedrale di Tunisi, in via Avenue Bourguiba, monsignor Ilario Antoniazzi, arcivescovo di Tunisi dal febbraio del 2013, ha celebrato una Messa in memoria delle 23 vittime e dei 43 feriti dell’attentato di mercoledì scorso al museo del Bardo. “Siamo qui insieme – ha esordito Monsignor Antoniazzi – per dare una risposta a quello che è successo. La cattedrale oggi è bella: siamo tutti fratelli, senza distinzione di religione o di nazionalità, siamo tutti figli dello stesso Dio. I tunisini sono un popolo molto ospitale, le nostre condoglianze vanno anche a loro. Siamo vicini ai familiari delle vittime e speriamo che la nostra partecipazione al dolore possa aiutarli. Abbiamo bisogno della grazia di Dio per non perdere la fiducia nell’essere umano”. Secondo Monsignor Antoniazzi, ciò che è successo va contro lo stesso Dio: “Non si può pregare, pronunciare il nome di Dio e poi uccidere nel suo stesso nome. Non si può amare la Tunisia e poi uccidere dei turisti in visita o dei suoi figli. Dobbiamo condannare quello che è successo, senza trovare scuse”. Alla cerimonia erano presenti diverse personalità politiche, tra cui l’ambasciatore d’Italia a Tunisi Raimondo di Cardona, l’ambasciatore di Francia a Tunisi François Gouyette e diversi ministri tunisini. Tra gli italiani, era presente anche Marysa Impellizzeri, a Tunisi da un anno e mezzo, nata e cresciuta in Tunisia: fa parte dei cosiddetti “italiani di Tunisia”, la numerosa comunità emigrata nel Paese nordafricano che dopo l’indipendenza fu costretta a tornare in Italia. Marysa ha lasciato la culla della primavera araba da piccola, vivendo tra Torino, Milano e Bergamo, per poi decidere di ritornare in quella che considera la sua casa. “Sono stata estremamente colpita e distrutta quando ho saputo dell’attentato – dice -, come tutti i tunisini. E’ un dolore incommensurabile, per la tragedia e per tutti quegli innocenti che hanno perso la vita. Sicuramente non bisogna abbassare la guardia, ma non bisogna pensare che si tratti di un fenomeno tunisino o dei Paesi dell’Africa settentrionale. Nessuno è esente dal pericolo in questo momento storico. Hanno voluto colpire un simbolo di una cultura plurimillenaria, ma non dimentichiamo che è un gesto terribile che rientra in una strategia politica ampia che prende sempre più piede e che è nata già molti decenni orsono. Come cristiana mi sento benissimo e sono tranquillissima: sicuramente non sento nessun tipo di discriminazione per la mia fede. I tunisini, i musulmani sono addolorati tanto quanto i cristiani e chiunque altro. Si tratta di episodi criminali che possono succedere ovunque, non dimentichiamo ciò che è successo a Parigi, a Londra 10 anni fa e la lista potrebbe essere molto lunga. Non ha nulla a che vedere con la realtà e la quotidianità della Tunisia”. Da parte dei tunisini, la condanna è avvenuta il giorno stesso dell’attentato, con una grande manifestazione in Avenue Bourguiba per gridare il loro “no” al terrorismo e altre manifestazioni nei giorni scorsi. “Mi sono sentita molto arrabbiata per quello che hanno fatto questi fanatici – racconta Nada Latiri, insegnante -: non ha nulla a che vedere con l’Islam, il Corano non dice nulla di tutto ciò. Loro non rappresentano nessuna religione, sono estremisti e sono spinti dalla loro ignoranza. Se credessero davvero in Dio, non potrebbero aver commesso degli atti del genere. L’Islam è una religione di pace, non di guerra o di rancore. Cristiani, musulmani o di altre fedi, la fede in Dio è la stessa e ci deve essere rispetto. Ora credo che per la Tunisia la situazione sarà difficile dal punto di vista del turismo. Alcune compagnie di crociera italiane hanno annullato gli scali qui: non sono del tutto d’accordo. Da una parte penso che sia legittimo voler proteggere le persone, ma dall’altra penso che ciò colpirà il nostro turismo in modo mostruoso”. E conclude: “Il giorno dell’attentato ho avuto paura, ma adesso questa sensazione è andata via. Il Paese deve andare avanti: non ci si può fermare, nonostante il dolore, o l’economia tunisina cadrà ancora più in basso”.

Le foto sono di © Giada Frana

 

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