Tre mesi di vacanze? Troppi. Ma il tema non si chiude in una battuta “fuori testo”

Tre mesi di vacanza per le scuole? Troppi. Sostanzialmente è questo che il Ministro Giuliano Poletti ha detto qualche giorno fa nel corso di una conferenza nella quale il tema di discussione non era la scuola. E, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, con le sue parole il Ministro del Lavoro non voleva sollevare una questione sul lavoro dei docenti. Nel mirino c’erano gli studenti, che in quei tre mesi di vacanza spenderebbero il loro tempo “a spasso per le strade, in giro per le piazze.” Anche il figlio del Ministro, a suo tempo, passava l’estate “a spostar cassette di frutta”, un’idea che si potrebbe estendere a tanti altri giovani quella di dedicare almeno uno dei mesi estivi alla “formazione”.

L’uscita del Ministro ha, naturalmente, scatenato polemiche su scala nazionale. Polemiche che a Bergamo sono state decisamente più tiepide: persino gli studenti, probabilmente dopo aver storto un po’ il naso sulle prime, hanno ammesso che in nessun paese del resto d’Europa le vacanze estive sono così lunghe. Questo non avviene però perché gli studenti italiani siano degli scansafatiche, o abbiano meno giorni di lezione rispetto ai colleghi francesi o inglesi. Questo accade perché il sistema scolastico è organizzato in modo diverso: per uno stesso numero di giorni di lezione, le vacanze sono distribuite nel corso dell’anno in modo diverso.

Dal canto loro, i dirigenti scolastici lo dicono chiaro: dedicare un mese estivo alla formazione potrebbe essere una buona idea, soprattutto se la riforma della scuola rispecchierà quanto è stato approvato dal Consiglio dei Ministri, ovvero con un deciso aumento delle ore dedicate all’alternanza scuola – lavoro. Nell’ultimo biennio e nell’ultimo anno degli istituti tecnici e professionali le ore dedicate all’alternanza dovrebbero diventare 400, mentre per quanto riguarda i licei, nell’ultimo triennio, le ore salirebbero a 200. Tante, forse troppe ore da poter esaurire tutte nel corso dell’anno scolastico. Utilizzare quindi un mese estivo per stage e tirocini potrebbe essere una buona idea, ma si correrebbe il rischio di congestionare tutto il sistema: non tutti gli studenti di tutte le scuole cittadine potranno fare tirocinio in quel mese, bisognerebbe trovare le aziende disponibili a ospitarli, gli insegnanti disposti a seguire il percorso di formazione, e sarebbero sufficienti per tutti?

L’estate potrebbe essere anche l’occasione per fare volontariato, oppure il momento giusto per attivare scambi, o ancora corsi low-cost. Trovare un lavoretto estivo invece potrebbe essere lo spunto per molti di responsabilizzarsi, ma non sarebbe qualcosa vicino a percorsi di formazione: d’estate è più facile trovare lavori legati al mondo della ristorazione, ma, nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di lavori slegati dal percorso di formazione che gli studenti seguono nel corso dell’anno scolastico.

Questo per quanto riguarda gli istituti di istruzione superiore. Ma i tre mesi di sospensione dalle lezioni riguardano anche gli Istituti Comprensivi, dove percorsi di alternanza non sono proponibili, e dove organizzare attività di formazione “alternative” risulterebbe più difficoltoso. In questo ambito si potrebbe ripensare la distribuzione delle vacanze nel corso dell’anno, esattamente come avviene in altri Paesi europei.

Insomma, la scuola bergamasca ha le idee chiare: ogni proposta può essere bene accetta, ogni idea può essere valutata. Ma alla condizione che se ne parli in modo costruttivo, e nelle sedi appropriate, per esempio nell’ambito della “Buona Scuola”. Non certamente con battute nel corso di incontri che con la scuola hanno poco a che fare.