Atalanta. Reja ha sostituito Colantuono. Ma ne è valsa la pena? Qualche retroscena

Foto: l’allenatore dell’Atalanta Edoardo Reja

Retroscenisti si nasce. Ecco una ricostruzione da bar, fantasiosa, ma non troppo. Il tema è la sostituzione sulla panchina dell’Atalanta di Colantuono con Reja. Dopo quattro partite – visto che non pare cambiato niente né nei risultati né nel gioco -, qualcuno comincia a chiedersi se ne valeva la pena. Domanda di fondo: perché è stato esonerato il mister laziale, a girone di ritorno ormai inoltrato? Procediamo in ordine cronologico.

ALCUNI FATTI. TANTO PER NON DIMENTICARE

A) Atalanta-Sampdoria inizia bene e finisce male. Colantuono paradossale. Lui più realista del re, che, senza preavviso, tradisce se stesso, gestendo la gara al contrario di come aveva sempre fatto. Cioè mette attaccanti (Denis, Boakye, D’Alessandro) proprio quando sarebbe stato giustificato aggiungere difensori, in quanto gli ospiti stavano crescendo a vista d’occhio.

B) In conferenza stampa, il presidente Percassi risponde, a precisa domanda, che Colantuono – alla comunicazione del licenziamento – gli sembrò “sollevato”, non affranto. Chissà perché su quest’affermazione tutt’altro che secondaria s’è sorvolato.

C) Intervistato successivamente, il d.g. Marino dice che nei giorni dopo la Sampdoria alla società non erano state trasmesse sensazioni positive. Cioè che l’allenatore o non aveva più la squadra in mano o aveva perduto la determinazione giusta.

Se tre indizi costituiscono una prova, ora sappiamo perché l’avvicendamento s’è compiuto. L’intervento s’è reso necessario per la concreta paura di finire in B. Altro che sostenere che l’Atalanta con Colantuono si sarebbe comunque salvata. Chi lo dice mette vanamente le mani avanti.

IL COMPLICATO MESTIERE DI PRESIDENTE. SOSTITUIRE ALLENATORE. MA QUANDO?

Quant’è complicato il mestiere di presidente. Ivan Ruggeri ci ha lasciato la pelle. Percassi, suo successore a furor di popolo, sta soffrendo ben al di là delle apparenze. Il cambio si sarebbe dovuto realizzare prima, sotto Natale. Battuto il Cesena in modo rocambolesco, il patron era a un passo, ma decise dì soprassedere sapendo perfettamente a quali incognite si va inevitabilmente incontro quando si manda via in corsa la guida tecnica. Dovendo procedere con due mesi di ritardo, normale che quelle incognite siano ora ancora più grandi.

IL DIFFICILE MESTIERE DELL’ALLENATORE. CAMBIARE. MA COME?

E veniamo a Reja. La squadra deve cambiare mentalità. Alla lunga, questo è il concetto. Fallito l’obiettivo di migliorarsi, rispetto alla scorsa stagione, per la mancanza di un reale progetto di gioco. Missione mica semplice, quella affidata al tecnico graziano. Ci vuole tempo. L’Atalanta proviene da un ciclo contraddistinto da grande praticità, che attraverso una filosofia speculativa, ha prodotto buoni risultati in chiave salvezza. Volendo alzare l’asticella, anche se di poco, si tratta di ribaltare certe abitudini consolidate.

Però Reja deve aver trovato una situazione più complicata del previsto. Al punto da rinviare l’attuazione di un pur graduale nuovo progetto di gioco. Col Torino, sabato scorso, ha prevalso l’insicurezza. Non solo dei giocatori, ma pure dello stesso tecnico, che ha schierato – con Pinilla – un solo attaccante di ruolo. Proprio come Colantuono. Ecco il motivo del dilemma, a posteriori, se di cambiare valeva la pena. Ma abbiamo visto che non c’era alternativa.

ARRIVA IL SASSUOLO

Arriva il Sassuolo. Tranquillo, nove punti in più in classifica e chi l’avrebbe mai detto? Molti s’attaccano all’anno scorso, quando gli emiliani, in piena lotta salvezza, portarono via da Bergamo i tre punti fondamentali per costruire l’impresa poi riuscita. Buona l’occasione per una pronta restituzione. Discorsi che appartengono alla logica del sospetto. Logica deleteria, sebbene non sempre destituita di fondamento. Ma, se restiamo al calcio, attenzione! All’ultima Atalanta, così confusa, per vincere non basterebbe neppure che gli avversari si facessero autogol.