Tommaso e le piaghe del Risorto

Immagine: Maestro della vita di Cristo, sec. XIII-XIV, Incredulità di Tommaso, Chiesa di San Giorgio Martire, Almenno San Salvatore 

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore (Vedi Vangelo di Giovanni 20, 19-31. Per leggere i testi liturgici di domenica 12 aprile, seconda di Pasqua, clicca qui).

Maria Maddalena ha visto il Risorto, ha dato l’annuncio ai discepoli. Ma questo non basta. L’annuncio deve essere confermato dalla presenza del Risorto. Il vangelo non si limita a dire che Gesù entra dove si trovano i suoi amici, ma dice che si ferma in mezzo. Gesù è diventato il centro attorno al quale si costruisce la comunità, lui il Risorto, approdato a una vita totalmente nuova. Ma il Risosrto è lo stesso Gesù, che ha percorso le vie della Palestina, è l’uomo del Golgota, il crocifisso. Per questo la sua identità viene confermata dalle piaghe che i suoi sono invitati a toccare. In questo modo il presente del Risorto conferma il passato del crocifisso e, insieme, anticipa il futuro, quello dello Spirito, che lui, il Risorto, dona ai suoi. È lo Spirito che dà la vita, soprattutto a chi è soffocato dal peccato: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”, dice Ges  ai suoi amici.

LA COMUNITA’ DEGLI AMICI, LUOGO DELL’INCONTRO CON IL RISORTO

La comunità degli amici di Gesù è dunque il “luogo” nel quale il Risorto si rivela. Ma Tommaso non è nella comunità quando Gesù appare. Tommaso pretende la prova personale e diretta e detta le sue condizioni, precise, ostinate.

Otto giorni dopo, egli è, finalmente, dentro la comunità e lì ha luogo il nuovo incontro con il Risorto. Tommaso che, fuori dalla comunità, aveva rischiato di perdersi, ora si ritrova. Ma questo è possibile non per le virtù personali di Tommaso ma perché Gesù stesso prende l’iniziativa. Gesù lo invita a toccare le piaghe, infatti. Il testo non dice se Tommaso le ha effettivamente toccate. Ci dice invece che Tommaso pronuncia la sua professione di fede, totale e sincera: “Mio Signore e mio Dio!” che lo impegna personalmente: per due volte, infatti, egli ripete “mio”: davvero l’evento della pasqua è diventato la sua salvezza. La fede di Tommaso deve, alla fine, diventare la situazione normale del discepolo. Ma con una differenza: Tommaso crede perché tocca. Per noi è il contrario: tocchiamo perché crediamo: siamo beati non perché tocchiamo il Risorto, ma perché ci affidiamo a lui, perché abbiamo fede.

LE TRACCE DOLOROSE DELL’AMORE

Ogni forma d’amore è una darsi, per l’altro, per il bene che gli si vuole. Per questo, ogni amore è, almeno un po’, “croce”, sacrificio, perfino sofferenza. Per questo il darsi spesso lascia delle tracce, come le ferite sul corpo del Risorto. La madre ha dato alla luce il figlio con il taglio cesareo: ha sofferto e sul suo corpo resta la ferita. Ma quella ferita è un piccolo trofeo che si poterà sempre appresso: ha dato la vita e ne è contenta e non se dimenticherà più perché il suo corpo non smetterà mai di dirglielo. Gli amori più grandi della nostra vita lasciano sempre delle tracce. Spesso quelle tracce sono soltanto nel nostro cuore e nessuno le vede. Ma ci sono. L’amore più grande che ha abitato la nostra povera storia di uomini è quello del Figlio, morto per noi. Non si sono tracce più grandi di quelle lasciate da quell’amore. Sono tracce preziose, che sono già in paradiso. In attesa che anche le nostre vi arrivino, rese vive dal fiume di vita che è uscito dai piedi, dalle mani, dal costato del Signore Risorto.