Il pugno di Denis, i disordini di Torino. Il calcio non è solo calcio

German Denis ha rifilato un pugno a Tonelli suo avversario sul campo e suo avversario – ben più avversario – negli spogliatoi. In arrivo una lunga squalifica. A Torino il pullman della Juventus è stato colpito da calci e pietre. Disordini, sempre in occasione del derby torinese, prima, durante e dopo la partita. Innumerevoli i commenti su tutti gli organi di informazione.

IL CALCIO È LA MESSA IN SCENA DELLA GUERRA

Quando succedono eventi di questo tipo, giova ricordare una caratteristica del calcio, che è evidentissima ma che si tende a dimenticare, soprattutto quando succedono disordini, perché ci si concentra su questi e si dimentica il resto. Il calcio è una guerra simbolica. Il campo di calcio è un campo di battaglia. Il vocabolario è rivelatore: attacco, difesa, incursione, cannonieri, bomber, scontro, tiro… e via dicendo. Ma non è solo il vocabolario, è quello che avviene nel campo e sugli spalti. Anche quando non avvengono disordini sul campo gli scontri tra i giocatori sono spesso muscolosi e vigorosi e sugli spalti le tifoserie si scambiano innumerevoli sfottò. Spesso quegli sfottò sono minacce e neanche tanto gentili. Se non avvengono scontri si dice che tutto questo fa parte dello sport. Ed è vero, probabilmente. Ma si deve concedere che fra uno scontro molto fisico tra i giocatori e un calcione negli stinchi dell’avversario il confine è molto sottile. E così lo scontro verbale fra le tifoserie confina pericolosamente con lo scontro fisico. Insomma: la guerra simulata spesso travalica e diventa guerra reale. Fino alle armi: vedi quello che è successo lo scorso anno, a Roma, con il tifoso napoletano Ciro Esposito.

IL PASSAGGIO DAL CALCIO ALLA GUERRA NON DIPENDE SOLO DAL CALCIO

Va da sé che il passaggio dalla guerra simulata alla guerra vera dipende molto da quello che ci sta attorno. Se c’è violenza dappertutto è difficile che là dove si gioca a scontrarsi non ci si scontri davvero. In altre parole, il calcio non è estraneo alla società e viceversa.  Così  vanno bene, d’accordo, le molte considerazioni moraleggianti sul calcio, ma a condizione che non si dimentichi quello che avviene fuori degli stadi che, spesso, è ancora più violento di quello che avviene dentro. Per evitare che si tratti, ancora una volta, di una morale che è severissima perché è sempre, rigorosamente, la morale degli altri.