Gli italiani hanno paura: meno pellegrini in Terra Santa

Sale la paura tra gli italiani e calano i pellegrinaggi in Terra Santa. È un filo doppio quello che lega i pellegrini italiani, tradizionalmente tra i più numerosi, ai luoghi santi, Gerusalemme e Betlemme in testa. Un filo che da qualche tempo sembra annodarsi su stesso a causa della paura che deriva dall’instabilità regionale e dalle tensioni che si registrano in alcune città israeliane e palestinesi, strozzando di fatto le partenze dei pellegrinaggi. Complici anche alcune recenti comunicazioni di “Viaggiare sicuri”, il servizio fornito dal ministero Affari Esteri che mette a disposizione del cittadino informazioni di carattere generale sui Paesi esteri, ivi comprese quelle relative alla situazione di sicurezza. Riguardo ai Territori Palestinesi, una comunicazione dell’8 aprile scorso, spiega che a “Gerusalemme si registrano livelli di tensione crescenti e si consiglia di prestare la massima attenzione. In questo momento, persiste il pericolo di atti terroristici”. Dal sito giungono, inoltre, inviti alla prudenza per chi dovesse usare mezzi pubblici o recarsi in Cisgiordania, dove si registrano scontri tra palestinesi e forze israeliane. È di ieri, invece, una nota relativa a Israele che parla di “situazione di sicurezza a Sud (Gaza, ndr) che ha fatto registrare un miglioramento a seguito del raggiungimento di un cessate-il-fuoco a tempo indeterminato il 26 agosto 2014”. Non manca, però, la raccomandazione alla “massima prudenza nei luoghi pubblici in relazione ad un possibile aumento del rischio di attentati terroristici in particolare nelle principali città del Paese”.

“Non ci sono cifre ufficiali del calo – spiega padre Pietro Felet
, segretario generale dell’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa – ma i viaggi annullati si registrano quotidianamente, come mai in passato, e tutti per motivi legati alla sicurezza. Domenica scorsa una parrocchia con 70 giovani ha cancellato il pellegrinaggio, lo stesso ha fatto un gruppo di Monteporzio Catone. Sono gli stessi parroci che, dopo aver letto le comunicazioni della Farnesina hanno scelto di rinunciare”. Padre Felet ha espresso tutta la sua preoccupazione per questo fenomeno che sta frenando gli arrivi dall’Italia in una segnalazione giunta alla stessa Segreteria generale della Cei, come ammesso da don Mario Lusek, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della Cei. “La domanda che molti nel Patriarcato Latino e nella Custodia di Terra Santa si pongono – ha spiegato il direttore a margine di un incontro sulle prospettive dei pellegrinaggi in Israele, promosso a Roma dall’ufficio nazionale per il turismo israeliano – è, “ma dove sono i pellegrini italiani?”. Il calo sembra essere un fenomeno tutto italiano visto che “non riguarda i pellegrinaggi provenienti da altri Paesi e questo – per don Lusek – impone di comprenderne i motivi e trovare un rimedio. Non so se la causa sia solo l’allarme dato dalla Farnesina ma è fondamentale trovare le ragioni di questa paura”.

Tensioni e crisi decennali.
“In Medio Oriente – afferma il sacerdote – le tensioni e le crisi sono ultradecennali e nonostante ciò i pellegrini sono sempre passati indenni. Va sottolineata, infatti, la grande l’attenzione sia israeliana che palestinese ai pellegrinaggi che rappresentano, non solo un’importante fonte di reddito, ma anche un sostegno internazionale alla comprensione e alla conoscenza della loro realtà. Nondimeno sono importanti per le comunità cristiane locali che così non si sentono lasciate a se stesse”. Dunque pellegrinare in Terra Santa è sicuro, ribadisce don Lusek: “i luoghi santi sono distanti dalle zone di crisi e di tensione, le organizzazioni italiane di pellegrinaggi sono tra le più qualificate al mondo e attente a ciò che accade nella regione e pronte a fornire le più ampie garanzie”. “Ciò non vuol dire disattendere i consigli della Farnesina – si affretta a dire il direttore dell’Ufficio Cei – ma questi vanno letti nei giusti termini e non possono portare alla fuga dal pellegrinaggio. Primo impegno è rassicurare i pellegrini. Dobbiamo stimolare parrocchie e diocesi a organizzare viaggi in Terra Santa valorizzando gli elementi di sicurezza che già abbiamo e che possono tranquillizzare. I pellegrinaggi sono strumenti di costruzione di pace e di abbattimento di muri”.

C’è un altro versante su cui vale la pena impegnarsi: “la valorizzazione di eventi come, per esempio, la Maratona della pace Gerusalemme-Betlemme, che possono diventare importanti occasioni per una presenza significativa. Lo sport aiuta molto a sdrammatizzare la situazione, a riavvicinare gli animi, ma anche ampliare gli scambi, i gemellaggi e gli incontri con i cristiani locali”. E poi l’introduzione di una nuova figura di pellegrino, definito da don Lusek “viaggiatore cooperante”: “colui che non rinuncia a fare la propria vacanza o pellegrinaggio, che si immerge nella realtà del paese ospitante diventandone protagonista e cooperante. Non usufruendo solo delle bellezze paesaggistiche, storiche e culturali, ma solidarizzando e condividendo con chi, lì, vive e si trova in difficoltà”.