Chiesa nella crisi e crisi nella Chiesa. Parere di un laico agnostico e interessato

Il nostro collaboratore Cesare Malnati parla spesso, a noi e ai nostri lettori,
di sport e di cronache giudiziarie.
Ma i suoi interessi vanno ben oltre.
“Anche i commercialisti hanno un’anima”, diceva il titolo di un film famoso. Figurarsi i giornalisti.
E così gli abbiamo chiesto di mettere per scritto alcune sue osservazioni che ci aveva fatto,
en passant e con una certa nonchalance, su temi di varia umanità.
Ne è venuto l’articolo che vi proponiamo. 

TRA L’ATEO E IL CREDENTE MI È PIÙ SIMPATICO IL CREDENTE

Diario di un laico. Un laico agnostico, in quanto sprovvisto della fede (che, come noto, non s’acquista al supermercato e o l’hai o non l’hai). Laico, agnostico, ma non per questo mangiapreti. Anzi, fra il credente e l’ateo, mi è sempre stato più simpatico il credente, in virtù della sua evidente buona pasta. I cattolici puri, insomma. Cioè quasi tutti. Esclusi quelli che s’associano con gli affaristi (i ciellini). E quelli che si proclamano cristiani a corrente alternata (i leghisti). Categorie da prendere con beneficio d’inventario. Entrambe.

All’ordine del giorno, il divorzio breve, le unioni civili. Le battaglie perse, in sintesi, che il mondo cattolico s’appresta ad affrontare per dovere di tonaca. Ma il mondo va avanti – o indietro, personalmente non saprei – non secondo spinta religiosa. Le scoperte in campo medico, la tecnologia, l’informatica, il tempo stesso modificano e stravolgono le culture. Sicché è una questione culturale, appunto, non religiosa. E quest’ultima osservazione alleggerisce il compito della Chiesa. Senza automaticamente assolverla, tuttavia.

I BEI TEMPI CHE FURONO E I ROVINOSI CAMBIAMENTI

Diario di un laico, dunque. Ho 63 anni (64 a luglio). Importante l’età, perché la mia generazione è stata testimone oculare, al momento topico, dell’improvviso cambiamento della società italiana sotto il profilo del costume. Ai primi Anni Sessanta le classi, a scuola, erano distinte fra maschili e femminili. Le adolescenti circolavano con le trecce e i calzettoni bianchi sotto il ginocchio (ricordo, fra le mie coetanee dell’aula accanto, Amelia Roncalli, tradizionalista per vocazione). La pubblicità – sui giornali, per le strade – era soggetta a censura, consentito il bikini, sì, ma non troppo succinto, altrimenti si provvedeva con una striscia nera supplementare. A 16 anni si transitava con curiosità per la Tonda dei Mille, dov’era il Teatro Duse, per sbirciare le locandine del varietà di Macario, con le pudiche ballerine d’allora in alta uniforme. Oggi irriconoscibile, quella realtà.

E che c’è di strano, passati 50 anni? Che il cambiamento non è stato graduale. Passare dal cotone alle calze a rete, dal bikini a rischio correzione al nudo integrale è stato improvviso, quasi violento. Moltiplicate, al cinema e sul piccolo schermo, le scene “sconsigliate ai minori di 16 anni”. Moltiplicate, ma neanche più sconsigliate. Anzi, la rappresentazione dell’amplesso, ormai, è talmente autentica da superare la realtà quotidiana. E’ accaduto, probabilmente non a caso, subito dopo il turbolento Sessantotto. I cambiamenti, intendiamoci, sono stati anche molti altri. Quanto al linguaggio, per esempio, si sono sdoganate da un momento all’altro espressioni obiettivamente volgari, in qualità di espressioni comuni.

LE EVENTUALI COLPE DELLA CHIESA

Questa la testimonianza. Avventurarsi oltre, per il laico, è a proprio rischio e pericolo. Dove risiedono le eventuali colpe della Chiesa? Secondo una versione, nell’essersi astenuta dell’esercitare la propria funzione naturale di freno. La società senza freno va a sbattere, come un’automobile costantemente a tavoletta. Mica è oscurantismo abbassare la velocità in vista di una curva. Qualche passeggero avrebbe forse desiderato che un navigatore autorevole richiamasse il conducente a moderazione.

Oggi il mondo cattolico non può che far notare come la famiglia tradizionale – basata sul’amore fra un uomo e una donna – subisca danno da soluzioni che l’equiparano ad altre unioni oppure ne favoriscono la rottura. Verissimo. Eppure il nucleo classico esiste ancora e, se gli fosse accordata priorità, potrebbe farsi meglio valere. Inoltre che fretta c’era? Ma forse la famiglia tradizionale andava tutelata prima, alzando un argine di fronte al rapido dissolvimento dei valori fondanti di una collettività costituita su solidi principi.

OBIEZIONI APERTE

Almeno un paio d’obiezioni restano tuttavia sul tappeto. A) Le radici di questo fenomeno chiamato moralità fortemente scemata risiedono in un concetto di modernismo dilagante. La Chiesa – una Chiesa oggi minoranza, non dimentichiamolo – possedeva (e possiede) le armi per costruire una barriera? B) E anche una volta ipotizzata la barriera, quest’ultima avrebbe resistito all’urto?