Marta Ribul: «Accanto ai poveri, dall’Indonesia al Brasile, ho trovato un tesoro di emozioni»

Marta Ribul, 22 anni, studia infermieristica a Brescia, dove si è trasferita in collegio per seguire meglio le lezioni e le proprie passioni: eventi culturali che il collegio promuove e finanzia e il volontariato. L’ho conosciuta per caso agli incontri di formazione di «Giovani per il mondo», progetto di volontariato firmato Caritas che manda ogni anno piccoli gruppi di 5 o 6 giovani in alcuni paesi del mondo, in cui sono particolarmente attive delle strutture cattoliche al servizio degli ultimi. Quest’anno Marta è la capogruppo del gruppo che partirà per l’India, ma scopro che è il suo terzo viaggio, e non vede l’ora di ripartire… Certo, non prima di presentare i suoi due libri, nati proprio da queste esperienze!

LA CACCIA AL TESORO: NON SOLO INDONESIA…

Dopo il primo anno di università Marta decide di partire per l’Indonesia con GXM Caritas: tre settimane in un orfanotrofio per disabili gestito da suore locali in sull’isola di Nias a nord di Sumatra… Ma al suo ritorno scatta qualcosa: «Mi sono resa conto che quando raccontavo del mio viaggio nessuno mi ascoltava realmente, nessuno sembrava essere veramente interessato all’esperienza che avevo vissuto, quanto piuttosto a confrontare, e a mettere una distanza tra “noi” e “loro”, una risposta è stata: -Bello, però alla fine si sta meglio qui». Aveva già pubblicato un racconto, “Le luci di Parigi”, vincendo un concorso proposto dall’editore EdiKit, ma in quel periodo fremeva per scrivere una storia vera, che finalmente potesse ricevere attenzione, e in un mese nacque il suo primo libro: “La caccia al tesoro: Non solo Indonesia…Un viaggio nel viaggio”. Come scelta editoriale furono pubblicati i primi capitoli online, mentre per terminare il libro si era costretti a comprare il cartaceo. «Se non ho un’immagine nella testa non riesco a scrivere – mi dice Marta -. È stato un viaggio che ho vissuto intensamente, ho scritto poco sul mio diario perché ero impegnata coi bambini, ma quando sono tornata mi è rimasta impressa l’immagine del gioco. Credo sia questo il tesoro che ho trovato: la felicità autentica delle persone che ho incontrato, nonostante le difficoltà, e che credo si esprimesse in quei bambini nei momenti di gioco». Le chiedo se ha un ricordo particolare che si porta nel cuore: «L’Indonesia per me è Fester, un bambino a cui mancava l’articolazione del polso. Mi sono resa conto che desiderava un legame esclusivo con me, e quando badavo ad altri bambini diventava ostile, una volta mi ha dato uno sputo, un’altra un calcio, un’altra ancora un pugno. Mi ha fatto riflettere su come vivo questo aspetto della mia vita: forse, tra i mille impegni, metto anche gli affetti, come se per me ogni cosa avesse la stessa priorità».

IL PAESE DAGLI OCCHI CHE BRILLANO

L’anno seguente Marta parte per il Brasile, ma al suo ritorno ci sono esami che incombono e tirocini da seguire così «Il paese dagli occhi che brillano» le rimane a fior di labbra, o meglio, a fior di schermo fino ai primi di gennaio, quando il suo secondo libro vede la luce tramite il suo portatile in pochi giorni, in una scrittura febbrile dal 3 al 6 gennaio 2014, venendo pubblicato in pochi mesi. Mentre il primo libro era strutturato come le istruzioni di una vera caccia al tesoro, i capitoli del secondo sono legati più alle pagine di diario, con un’intervista finale ai compagni di viaggio, «senza i quali tutto ciò non sarebbe stato possibile». Il Brasile è stato infatti per Marta un viaggio più emotivo, dove poter vivere sulla sua pelle la scoperta fatta in Indonesia, diventata a Primavera consapevolezza di sé. Dal libro e dalle parole di Marta cresce la mia curiosità per la città di Primavera, per alcuni suoi compagni di viaggio «il posto più bello del mondo» e Marta è affascinata dall’idea di tatuarsi quella parola, che significa così tanto per lei, ed è la stessa sia in italiano che in portoghese. Per il Brasile, dove era impegnata in una struttura delle suore orsoline di Gandino, l’immagine più intensa che affiora alla sua memoria sono i colori, e prima di tutti quelli di un paesaggio che il suo gruppo ha imparato a conoscere bene in quelle settimane: i campi di canna da zucchero. «Immagina un cielo terso, blu, le distese dei campi di canna da zucchero, di un verde abbagliante, e poi la terra rosso-arancione, come le righe del tuo maglione ma più scura». Mi figuro il colore della terra rossa dei campi da tennis, mentre sogno con lei attraverso i suoi occhi entusiasti.
«Ecco, l’immagine è questa: il blu è il futuro, il verde il presente, il rosso il passato…E ogni giorno è vita nuova». La ringrazio della piacevole chiacchierata e le prometto di leggere entrambi i suoi libri, mentre sta per partire per Londra, intenzionata a scrivere un nuovo racconto. «Vieni giovedì?». Mi informa che il 14 maggio al collegio Lucchini alle ore 18 ci sarà la presentazione di entrambi, resa possibile grazie alla Direttrice, e in cui saranno presenti l’editore EdiKit e l’assessore bergamasco Giacomo Angeloni, il quale ha scritto la prefazione del primo libro e sarà presente per testimoniare la sua esperienza di ex-partente e per promuovere il progetto Giovani per il mondo della Caritas. Io non mancherò.

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