«È finita»: un docufilm sulla chiusura della Cividini di Osio Sotto. Bergamo ai tempi della fine del lavoro

«È finita»: nessun giro di parole nel titolo del secondo docufilm di Stefano Collizzoli realizzato da Zalab su incarico di Caritas Bergamasca e Fondazione Adriano Bernareggi dopo «Il pane a vita», uscito nel 2013 e tuttora in tournée, anche fuori dai confini italiani. Questo secondo lavoro completa il racconto della crisi nel territorio bergamasco ai tempi, come dice il regista “della fine del lavoro”. La fine di un’epoca in cui il lavoro segnava l’identità di una persona.

«È finita» racconta la chiusura di una fabbrica che fino a pochi anni fa era una delle più importanti realtà nazionali nel campo dei prefabbricati per l’edilizia. Racconta la chiusura di una fabbrica di pianura, ad Osio Sotto, la Cividini: fino a pochi anni fa, una delle più importanti realtà nazionali nel campo dei prefabbricati per l’edilizia. Dopo l’acquisto da parte di un’altra azienda, la RDB, e dopo una promettente quotazione in borsa – come racconta il regista Collizzoli nel suo blog , nel giro di pochissimo tempo lo stabilimento di Osio è andato in amministrazione controllata ed è stato chiuso.

Tante le persone che Collizzoli ha incontrato durante le riprese: «Lucio Carboni – scrive – ci aveva lavorato per trentasei anni. Mohammed Azadi, dopo vent’anni in Italia, ci aveva trovato la stabilità sufficiente per accendere un mutuo, comprare casa e fare una famiglia. Per entrambi ora presente e futuro sono un’incognita. Honegger e Cividini hanno molto in comune: erano entrambe grandi fabbriche, con un’importante ruolo identitario per il territorio. Rappresentavano due dei campi produttivi più centrali nella provincia bergamasca, il tessile e l’edile. Avevano una popolazione di dipendenti cresciuti nella fabbrica e con la fabbrica. Erano entrambe sostanzialmente sane sul piano produttivo. Presentano però anche importanti differenze, utili a costruire un confronto. La Honegger aveva manodopera prevalentemente di origine italiana – meglio: valligiana-, a stragrande maggioranza femminile; ed è inserita in un tessuto sociale ed economico tutto sommato ancora solido. La Cividini era un’industria essenzialmente maschile; si era aperta negli ultimi anni ad un importante contributo di lavoro di migranti – principalmente di origine marocchina, pakistana e senegalese – ed è inserita in un tessuto socioeconomico più destrutturato e fragilizzato dalla crisi».

Il film raccoglie le voci e le storie di Lucio Carboni e Mohammed Azadi, Imane e Sami Azadi. La fotografia è di Luca Caon e Paolo Negro; suono di Alberto Cagol – Nessuno; montaggio: Stefano Collizzolli e Marzia Mete; musiche: Sergio Marchesini e Giorgio Gobbo – Piccola Bottega Baltazar. Approfondimenti sul blog del regista. To be continued…