Il matrimonio non esiste più. O quasi

IL MATRIMONIO: CHI VUOLE ENTRARCI E CHI VUOLE USCIRNE

Ho partecipato, qualche giorno fa, a un breve dibattito dove Alberto Melloni presentava al pubblico bergamasco un suo libretto «Amore senza fine, amore senza fini» (editore Mulino). Una delle tesi del libro è la constatazione di un singolare intreccio: chi è nel matrimonio o intende entrarci rivendica la libertà di poterne uscire, e chi ne è escluso rivendica il diritto di poterci entrare. In nome della «libertà di uscita» divorzi e convivenze, soprattutto. Nel nome del diritto di entrarci gli omosessuali chiedono matrimonio e figli. Al centro, dunque, dello strabiliante dibattito, l’istituzione, e questa istituzione, soprattutto: il matrimonio da rivendicare, da una parte, o da rifiutare, dall’altra. Lo stesso Melloni cita la frase di un prete che, nel suo piccolo, ha fatto storia. “Va proprio male, dice sconsolato il reverendo all’amico che gli ha chiesto come va, oggi si vogliono far prete solo le donne, vogliono far figli solo quelli che non possono averne, e vogliono sposarsi solo le persone omosessuali”.

Vorrei buttar lì – non si può far altro che buttar lì in un breve editoriale – una semplice suggestione. Come leggere una disaffezione così diffusa, così profonda verso questa straordinaria istituzione e tutto quello che vi gira attorno?

IPOTESI PESSIMISTA: VA TUTTO MALE

A questo punto due possibili, tra le tante altre, ipotesi. Ipotesi uno, pessimista. Molto grosso modo, la tesi sostiene che le istituzioni – con tutte le loro magagne – hanno il compito di fare da ingranaggio alle diversità che segnano la convivenza umana. La diversità uomo-donna è, ovviamente, una delle diversità fondamentali ma è anche, per tantissimi motivi moltissimo studiati, in crisi. Intanto quella diversità è meno diversa di un tempo. In Olanda il sesso lo si sceglie dopo i 15 anni di età. E lo si sceglie, appunto, a prescindere dal retaggio fisico di cui si dispone. Ma soprattutto quella diversità la si gestisce con un amore senza fine e non con una istituzione che gli dia consistenza, amore con troppi fini che gli pesano sopra. Tutte le istituzioni alternative rispetto a questa deriva non sono alternative. Anche i registri delle unioni civili sono la chiusura del rubinetto del bagno per evitare l’alluvione. È noto infatti, lo abbiamo detto anche da queste pagine, che i registri civili non interessano la massa enorme, di giovani soprattutto, cui non interessa il matrimonio. Perché il registro delle unioni civili interessi, infatti, bisogna che interessino le unioni civili.

IPOTESI (UN PO’) OTTIMISTA: EPPURE SI CONTINUA A VOLERSI BENE

Ipotesi due. Ottimista o meglio: meno pessimista. È finito il sogno di una istituzione che tutti accettano e che fa da regolatore generale dei rapporti fra l’uomo e la donna. Ma se è in crisi l’istituzione che fa da regolatore all’amore non è finito l’amore. Anche chi non si sposa e  convive si ama. Elementare Watson, ma è bene che lo si ricordi. Anche chi divorzia e si risposa continua ad amare.

Intanto, però, in questa generale disaffezione come sono preziosi i matrimoni – pochi ma belli – di chi non solo si ama, ma si ama davanti al Signore in questa istituzione: il matrimonio e ci rimane, per tutta la vita. Meno ci si sposa, infatti, più sono benedetti e diventano profeti, quei pochi che si sposano.

I NOSTRI TEMPI SONO SEMPRE CALAMITOSI

Per cui, invece di lamentarci dei tempi calamitosi in cui Domineddio ci ha chiamato a vivere (ma i cristiani di ogni tempo hanno sempre pensato che i loro tempi erano calamitosi) potremmo cominciare a dargli lode per il fatto che ci concede ancora la sua fiducia e la sua misericordia. Nonostante tutto e anche nonostante noi.