Nel backstage della Festa dei popoli. C’è chi accoglie e chi è accolto. Con uno scambio di ruoli

C’è un uomo con gli occhi chiusi e un angolo di mondo dipinto sul volto. E sullo sfondo un collage di bandiere. Un pennello corre sui suoi occhi tingendoli di un colore scuro, come per disegnargli una nuova identità.
In occasione della Festa dei popoli di domenica 24 maggio i profughi del centro di accoglienza del Gleno si sono cimentati anche come writer e hanno dipinto alcuni murales che abbelliscono gli ambienti e rendono l’atmosfera festosa.
Questo murales (nella foto di apertura del post) è stato realizzato con l’aiuto di una decina di ragazzi: è il risultato di un laboratorio guidato da un writer italiano che ha avviato con gli ospiti del centro una riflessione sul volto del migrante. C’è in primo piano un pennello che cancella i colori della pelle come se cercasse, sullo sfondo, quel colore scuro che appartiene alla maggior parte dei loro volti: moltissimi sono di origine africana. Ma, come dicevamo all’inizio, le interpretazioni possibili sono molte e diverse e affidate alla sensibilità di ciascuno, come accade sempre davanti a un dipinto.
I murales sono “in progress” e altri saranno pronti per dare il benvenuto alle comunità cattoliche di diverse madrelingua che arriveranno domenica nel centro di accoglienza per trascorrere una giornata di festa insieme. I profughi ospitati al Gleno stanno lavorando anche all’allestimento del resto della struttura: hanno eseguito una pulizia accurata, hanno preparato il palco dove sarà celebrata la messa, hanno pensato a giochi e animazioni, si sono organizzati per il pranzo (la disposizione dei tavoli, il servizio).
Non è una cosa normale e banale: ma i giovani stranieri stanno lavorando con piacere per preparare un benvenuto caloroso ai loro ospiti. Mettono le stoffe sui tavoli, attaccano le bandiere dei loro Paesi, chiudono le buche nel giardino per rendere l’ambiente più accogliente, in segno di rispetto e considerazione. E’ bello il messaggio di questa giornata: “Noi, che anni fa siamo arrivati in questo Paese da immigrati, come accade a voi oggi, anche se in un modo forse un po’ diverso, speciale, più drammatico, veniamo da voi per fare festa e dirvi che vi siamo vicini”. Ed è significativo anche vedere i profughi, che qui al Gleno sono stati accolti, darsi da fare con gioia per accogliere a loro volta degli ospiti. Una festa da qualunque parte la si guardi,  un segno forte, che in un momento difficile come questo non può passare inosservato, non può non spingere, almeno per un momento, a cambiare prospettiva.