Incertezza. Grecia, Ventimiglia, immigrazione…

Foto: il premier greco Tsipras

Incertezza. In questi giorni, è lo stato d’animo dominante sugli scenari internazionali, soprattutto europei. Non si sa che cosa capiterà alla Grecia e si sa invece che quello che capiterà alla Grecia – soprattutto in caso di mancato accordo con le istituzioni europee – avrà conseguenze anche per tutti gli altri. Conseguenze negative o positive. Anche positive, certo, nel caso l’accordo si raggiunga. Si ha l’impressione che le dichiarazioni dei leader in questi ultimi giorni, in attesa dell’incontro decisivo del 22 giugno, siano più che altro per  tranquillizzare, probabilmente se stessi e poi, soprattutto, l’opinione pubblica.

In fondo sta capitando a livello politico e di macroeconomia quello che sta capitando a livello sociale. Chi è sicuro vuol tenersi la sua sicurezza e non vuole che l’insicurezza altrui porti attentato alla sicurezza propria. Da una parte la Germania, ricca, che chiede rigore, dall’altra la Grecia povera – e con la Grecia diversi altri, tra cui l’Italia – che chiede comprensione.

Qualcosa di simile si trova anche nei rapporti più generali fra Nord del mondo ricco rispetto al Sud povero. Il Nord teme il Sud semplicemente perché gli può portar via qualcosa della sua ricchezza. Sono, gli uni e gli altri, meccanismi di difesa. Questi meccanismi di difesa arrivano poi, a cascata, ai partiti, ai gruppi, ai singoli. Si tratta, in una parola, di una vera e propria emergenza culturale. La quale, come tutti i fenomeni radicati e ramificati, non può essere corretta con del volontarismo di giornata, ma con una azione lenta, paziente, a lungo respiro. L’incertezza casca dall’alto e tocca tutti. Una maggiore comprensione, apertura, condivisione (quanta abbondanza di termini per definire una grande povertà reale!) dovrebbe salire dal basso e dovrebbe, a sua volta, toccare tutti. Dovrebbe. Chissà.